di Alessia Truzzolillo
CATANZARO False fatturazioni per società fittizie. C’è anche questo dietro le attività che hanno come pietra angolare Antonio Gallo. «L’attività di falsa fatturazione era chiara manifestazione della fittizietà delle società coinvolte, che incarnavano, a tutti gli effetti, un doppio (unitamente alle “teste di legno”) schermo dietro cui il gruppo agiva», scrive il gip Alfredo Ferraro. Le attività illecite sono le fatture per operazioni inesistenti e autoriciclaggio. Per realizzarle era necessario mantenere un profilo basso «non figurando mai nei diversi passaggi finanziari e sfuggendo, così a possibili aggressioni patrimoniali, anche mediante il sistema delle misure di prevenzione». Le società venivano così intestate a cittadini albanesi che arrivavano a Bari e da lì venivano prelevati e portati in Calabria. Gli investigatori hanno registrato decine di intestazioni fittizie tra maggio e giugno 2018. «La procedura da seguire – scrive il gip – era la seguente: una volta giunti gli albanesi in Calabria, dovevano munirsi dei documenti necessari per le stipule degli atti, e, in seguito, recarsi dinanzi al notaio (compiacente) per la stipula di ciascun atto». A essere coinvolti in queste operazioni sono il notaio di Catanzaro Rocco Guglielmo e Glenda Giglio, presidente di Confindustria di Crotone e amante di Antonio Gallo. A porsi qualche problema che le intestazioni fittizie possano essere scoperte è il commercialista Francesco Le Rose il quale «si poneva il problema della non conoscenza della lingua italiana da parte degli albanesi, oltre che del sospetto che — in chiunque — sarebbe spontaneamente sorto dinanzi a così tanti stranieri, della stessa nazionalità, che si intestavano diverse società italiane. Un notaio se ne sarebbe accorto subito. «Metti che il notaio gli dice… voi non sapete parlare in Italiano…», dice Le Rose. E aggiunge: «Il notaio deve accertare la capacità di intendere e di volere quando fa gli atti no… deve accertare…». Gallo Taglia corto: «Dobbiamo cercare la cortesia Francè…». E il notaio Guglielmo la cortesia, stando alle risultanze di indagine, la farà.
«IL NOTAIO DEVE CHIUDERE UN OCCHIO» I punti fermi di questa fase dell’inchiesta, coordinata dai sostituti procuratori della Dda di Catanzaro Paolo Sirleo e Veronica Calcagno, vengono elencati schematicamente, a partire dal coinvolgimento di Glenda Giglio «negli affari dell’associazione, mettendo a disposizione la sua conoscenza col notaio Guglielmo. La donna, infatti, attendeva disposizioni dal Gallo sul da farsi, il quale chiaramente le diceva che il notaio avrebbe dovuto “chiudere un occhio” fingendo che gli albanesi comprendessero e parlassero la lingua italiana, e alla domanda se potesse prendere nota di ciò che doveva chiedere al notaio il Gallo le rispondeva di no. Tale accorgimento, in effetti, si presenta in perfetta linea con l’atteggiamento estremamente prudente sempre tenuto dal boss». Le perplessità espresse dal commercialista Le Rose vengono sedate da Gallo, il quale dice di avere parlato col notaio e che quindi non ci sarebbero stati problemi di sorta per il buon esito del loro progetto. «Gallo ripeteva più volte – scrive il gip – che il notaio doveva “fare finta” che gli albanesi parlassero e comprendessero l’italiano. Tale circostanza risulta altamente significativa, laddove esprime pienamente l’evidenza delle irregolarità volutamente ignorate dal notaio Guglielmo e, di conseguenza, il suo pieno coinvolgimento da un punto di vista oggettivo e soggettivo». Gallo è sicuro dell’intercessione della Giglio e della sua buona riuscita al punto da aspettarsi uno sconto sulla prestazione del notaio.
AGGANCI NEGLI UFFICI COMUNALI «Vi sono riferimenti anche agli “agganci” presso gli uffici comunali, agganci questi grazie ai quali i sodali erano riusciti a ottenere tutta la documentazione necessaria affinché gli albanesi potessero partecipare alla redazione degli atti».
Stando ai dati raccolti dalla Dia il notaio avrebbe rispettato le aspettative di Gallo e dei suoi sodali: «Si sottolinea, dunque, la convergenza del dato cronologico con l’ipotesi accusatoria: tutti gli atti venivano stipulati a una brevissima distanza gli uni dagli altri, così palesando la totale assenza dello svolgimento dei controlli dovuti e, di conseguenza, l’asservimento del notaio agli obbiettivi dell’associazione».
LISCIO E VELOCE Il 30 maggio 2018, tra le 10 del mattino e le 10:50 vengono intestate ad albanesi cinque società. Il 14 giugno 2018 in un’ora vengono stipulati sei atti di costituzione di Srls da parte di albanesi.
Il gip non mostra dubbi: «In entrambe le giornate la distanza temporale di ciascun atto dal successivo è pari (nella quasi totalità dei casi) a soli 10 minuti. Non va ignorato che la formalizzazione definitiva dell’atto, e cioè la lettura dello stesso alla presenza delle parti e la sottoscrizione, solitamente consegue ad una fase di studio e di redazione, alla stregua di una fase istruttoria, che precede appunto quella formale, e nel corso della quale vengono effettuati i diversi controlli e le verifiche del caso, e viene anche abbozzato Fatto. Tuttavia, deve evidenziarsi che, a prescindere dall’ipotetica fase di studio precedente che potrebbe aver svolto 11 notaio, non interveniva alcun interprete a fronte della acclarata non conoscenza della lingua italiana dei diversi albanesi intervenuti. Nondimeno, va sottolineato che la conversazione tra il Gallo, la Giglio e il Le Rose, nel corso della quale la Giglio riceveva le istruzioni dal Gallo per poi recarsi dal notaio, avveniva solo due giorni prima, e cioè il 28.05.2018, per giunta di pomeriggio. Tutte queste circostanze conducono, univocamente, a ritenere che il notaio consapevolmente ha omesso le dovute verifiche e i dovuti controlli, “chiudendo un occhio” sulla non conoscenza della lingua italiana da parte degli albanesi, e sull’evidente sospetto generato (o comunque generabile) da cotante cessioni/costituzioni coinvolgenti stranieri» (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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