CATANZARO Si chiama “Le verdi praterie” l’azienda di proprietà dell’ex governatore facente funzioni Antonella Stasi, parte del gruppo imprenditoriale In.Mar, per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Un impianto alimentato con biomasse di origine vegetale e animale «in modo non conforme alla normativa». L’attività investigativa della Guardia di finanza di Crotone, coordinata dalla Dda di Catanzaro ha portato a scoprire una serie di illecita che hanno comportato l’adozione da parte del gip di Catanzaro di sette misure cautelari e il sequestro preventivo, anche per equivalente, della somma di 14.532.921 di euro, quale profitto del reato conseguito dalla società. Gli indagati – Antonella Stasi, il rappresentate legale Anna Crugliano, due dipendenti amministrativi, Francesco Massimo Carvelli, e Salvatore Succurro, di 42 anni, la società agricola di Isola di Capo Rizzuto, Le Verdi Praterie srl, Antonio Muto e Raffaele Rizzo – dovranno rispondere a vario titolo di associazione per delinquere, traffico illecito di rifiuti, reati ambientali.
Le indagini sono partite da una segnalazione, ad agosto 2017, di un caso di inquinamento idrico in località Sant’Anna di Isola di Capo Rizzuto, vicino all’aeroporto di Crotone, dove era stato notato un liquido scuro e maleodorante – con valori di concentrazione di arsenico, manganese e ferro al di sopra dei parametri di legge – impregnare i terreni posti sul lato est del parco “Villa Margherita”. Lo sversamento illecito, hanno appurato le fiamme gialle, proveniva proprio dall’impianto di biogas dall’azienda “Le verdi prateria” che veniva alimentato sia con sterco proveniente dalle stalle di un vicino allevamento di bufale che da sterco di pollame (pollina) proveniente da diversi allevamenti avicoli, anche fuori regione.
Le intercettazioni avviate dagli inquirenti hanno messo in luce come emerga, in previsione di un imminente controllo dell’autorità sanitaria locale, la consapevolezza degli indagati (Antonella Stasi, titolare; Salvatore Esposito, dipendente che si occupava dell’approvvigionamento e utilizzo delle biomasse; Francesco Carvelli, dipendente che si occupava della compilazione dei registri per la tracciabilità delle biomasse; Anna Crugliano, legale rappresentante della società) sul mancato rispetto delle norme circa l’utilizzo, il trasporto e la gestione della pollina. Per i magistrati della Dda di Catanzaro l’ex presidente facente funzioni della giunta regionale e il proprio defunto marito avrebbero avuto un «ruolo determinante nella gestione societaria». I due avrebbero mostrato «di sovraintendere nella gestione della attività, richiedendo al personale dipendente, un costante aggiornamento su tutte le attività che vengono svolte all’interno della società agricola».
Accanto ai sottoprodotti di origine animale, l’impianto di biogas è stato alimentato con sottoprodotti di origine vegetale: sansa di olive, farinaccio, insilato di mais, insilato di sorgo, pectina, soia e pastazzo di agrumi. Per quanto riguarda l’uso del farinaccio sia la Stasi che Carvelli avevano piena consapevolezza, secondo l’accusa, della mancata “comunicazione” di questa matrice al Comune di Isola di Capo Rizzuto.
Stando a quanto ricostruito dai finanzieri, l’azienda non avrebbe mai dichiarato l’attività di estrazione del nocciolino dalla sansa di olive e la successiva rivendita a terzi. Un illecito che è emerso, in sede di intercettazione, in seguito alla “visita” in azienda di «tale Ligarò, proprietario di un frantoio in Andali, accompagnato da un esponente dei “Cicala”, ramo della famiglia Arena contrapposta a quella dei “Chitarra”, cosca di ‘ndrangheta di Isola di Capo Rizzuto», annota il gip. La visita comportò un diverbio tra il proprietario di fatto dell’azienda, Massimo Marrelli (marito della Stasi, deceduto a ottobre 2018) e Salvatore Esposito. Marrelli rimproverava a Esposito «di non aver tempestivamente proceduto al ritiro di circa 10.000 quintali di sansa dal Ligarò, da questi prima accumulati su un piazzale e poi smaltiti in modo illecito (interrati), fatto che aveva causato l’intervento, evidentemente non gradito, di persone a lui note». L’episodio portò al licenziamento di Esposito. «Siffatto episodio, oltre a dimostrare il pieno coinvolgimento dell’Esposito – scrive il gip – nella gestione illecita, dei rifiuti sino al suo allontanamento, ha consentito, dunque, di far luce sull’attività, mai dichiarata dall’azienda, di estrazione del nocciolino dalla sansa di olive e sulla sua successiva destinazione alla vendita a terzi, spesso agli stessi frantoi fornitori di sansa, in compensazione con le partite di debito aperte».
«La violazione ambientale più importante è rappresentata, però, dall’illecita gestione del digestato prodotto dall’impianto», scrive il gip. Il digestato è un fango semiliquido risultato dalla raffinazione del biogas che andava smaltito. le conversazioni intercettate fra il mese di novembre e dicembre 2018 hanno documentato l’affannosa ricerca, da parte di Francesco Carvelli, di terreni ove effettuare lo spandimento del digestato e la preoccupazione di incorrere nei rigori della legge a causa della violazione del divieto operante nei mesi invernali. Anche lo stoccaggio del digestato è avvenuto fuori dalle regole. Questo veniva in parte conservato in una vasca interrata non pienamente impermeabilizzata per evitare l’inquinamento del suolo, in parte accumulato su terreni nella disponibilità dell’azienda: tale evenienza è stata accertata, mediante l’ascolto delle conversazioni fra gli indagati, nel mese di novembre 2018 sia, un anno prima, in occasione dello svuotamento del fermentatore e del post-fermentatore.
Ad un certo punto i coniugi Marrelli-Stasi avevano dato «mandato ad Salvatore Esposito di provvedere, in economia stanti gli elevati costi di affidamento a terzi, allo svuotamento della vasca del fermentatore e del postfermentatore». Il trattamento illecito del digestato è proseguito fino a gennaio 2019, periodo in cui la Stasi «ha affidato un incarico di consulenza alla Igw s.r.l. di Bologna per mettere “a posto le carte”, ovvero regolarizzare tutti gli aspetti autorizzativi dell’impianto». Il 15 gennaio 2019 la Stasi incontra, insieme a Carvelli, i consulenti per mettere a posto le cose. «Si tratta di un colloquio “a tutto campo” sulle modalità di conduzione dell’impianto di biogas nel corso del quale si assiste, di fatto, ad una vera e propria “confessione”, da parte di Stasi e Carvelli, circa la gestione del digestato in violazione del Pua (Piano di utilizzazione agronomica) presentato nel 2017, con spandimento anche nei periodi di divieto e su “quasi sempre ali stessi” terreni, la mancata od irregolare tenuta del registro di carico delle biomasse, il pregresso uso di matrici non dichiarate, l’acquisto di farinaccio ad uso zootecnico per alimentare il digestore e la pressoché costante violazione del “principio di prevalenza” (alimentazione dell’impianto con almeno il 51%, espresso in peso, costo od in energia prodotta, di biomasse autoprodotte) ai fini della tassazione dei redditi secondo il più favorevole regime previsto per le società agricole (lo stesso Pua redatto dalla LVP sulla base della gestione 2016 attesta una prevalenza delle matrici acquistate su quelle autoprodotte del 90%)». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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