CATANZARO «Verrebbe da chiedersi perché un piccolo progetto di sartoria sociale sia importante per qualcuno che non siano i suoi diretti clienti, utenti o lavoratori. Verrebbe da chiedersi che tipo di impatto può avere questo stesso progetto su qualcosa di così grande e a volte inconcepibile come il cambiamento climatico. Eppure, ampliando un po’ lo sguardo a livello nazionale, poi europeo e mondiale, si capisce che in realtà quello stesso piccolo progetto di sartoria sociale si inserisce in un movimento globale fatto di tantissimi altri piccoli progetti che hanno deciso di fare del settore tessile e in particolare della moda etica il proprio baluardo di sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica».
Proprio all’interno di questo movimento globale si inserisce il progetto “Fibra Etica – tessuto sociale, inclusivo e sostenibile”, sostenuto dal Fondo di Beneficenza Intesa Sanpaolo e realizzato in tre città del Sud Italia, Catanzaro, Reggio Calabria e Palermo dove operano rispettivamente le cooperative sociali MEET Project, Soleinsieme e Al Revés. Tutte, anche se a diversi stadi di sviluppo e in diversi luoghi, portano avanti progetti di sartoria sociale, ma il lockdown della scorsa primavera è stata l’occasione per mettersi insieme e cooperare per promuovere attraverso la capacità comunicativa della moda un’eticità che assicuri non solo buone condizioni di lavoro ai propri dipendenti e collaboratori e che supporti l’inserimento di chi ha più difficoltà a raggiungere il mondo del lavoro, ma che promuova anche un’eticità ambientale in contrasto alla tendenza della fast fashion dei circuiti mainstream. «Figlia del consumismo spinto degli ultimi 20 anni, – prosegue la nota – la fast fashion spinge a consumare sempre di più e ad eliminare sempre più di frequente i capi d’abbigliamento che diventano scarti quando ancora la loro vita utile potrebbe essere molto lunga. Si pensi che a causa della tendenza a cestinare gli indumenti usati piuttosto che donarli, gli acquisti di nuovi abiti sono aumentati del 40% dalla prima metà degli anni ’90 ad oggi. Secondo quanto emerge dai dati dell’Environmental Protection Agency infatti, ogni anno l’85% dei prodotti tessili venduti finisce in discarica, mentre gli acquisti tessili in Europa nel 2017 hanno generato circa 654 kg di CO2 a persona (secondo dati europarl.eu), ma questo è solo il risultato a valle della filiera produttiva. A monte di questo, si deve notare che in media nel 2015, nel settore tessile sono stati utilizzati 79 miliardi di metri cubi di acqua per irrigare i terreni dove si coltivava il cotone e le altre fibre utilizzate come materie prime. Una quantità esorbitante se si pensa che il fabbisogno europeo nel 2017 raggiungeva i 266 miliardi.
La redazione di Eureporter.co, riferisce come solo per il confezionamento di una t-shirt sarebbero necessari quasi 3mila litri d’acqua, che equivale al fabbisogno idrico di una persona per 2 anni e mezzo. In contrasto a queste pratiche si pone, il progetto Fibra Etica che quindi sposa in pieno le pratiche dell’economia circolare e dell’ecodesign. Ma che impatto hanno praticamente queste pratiche?
Prima di tutto, la salvaguardia delle risorse naturali del pianeta, grazie alla riduzione del consumo di materie prime, acqua ed energia. Infatti, riciclando e riutilizzando materie già lavorate, è possibile ridurre anche l’uso di coloranti e sostanze chimiche, così come l’emissione di anidride carbonica. Peraltro, l’Italia si è attivata con un anticipo di 3 anni sul termine stabilito dall’UE per recepire una specifica direttiva che contrasta il fenomeno del fast fashion che prevede, tra le tante novità, proprio l’obbligatorietà della raccolta dei materiali tessili entro il 2025; questo in Italia sarà obbligatorio già dal 1° gennaio 2022.
L’impegno è quello di spezzare la catena consumistica e dare spazio ad un’economia circolare per il tessile che non solo impiega tessuti sostenibili ma che insegni ai cittadini il senso del reimpiego e del riciclo.
Anche per questo è importante l’impegno dei piccoli progetti locali, perché in realtà esiste a livello internazionale un importante movimento che crede che un cambiamento culturale sia necessario e che la moda etica possa essere proprio la chiave di volta per far riflettere le persone su come in prima persona sia possibile contribuire per ridurre l’impatto ambientale dei propri comportamenti, agendo da consumatori critici e consapevoli.
In occasione del World Recycling Day (https://www.globalrecyclingday.com) vogliamo quindi far sentire la nostra voce, sia come singole cooperative sociali sia come progetto Fibra Etica per far risaltare l’importanza del coinvolgimento di tutti verso comportamenti d’acquisto consapevoli ed etici e dando anche l’appuntamento al 24 aprile quando durante gli eventi della Fashion Revolution Week (https://www.fashionrevolution.org) realizzeremo un’iniziativa online far conoscere le realtà che in Italia operano per promuovere la moda etica e l’economia circolare nel settore tessile».
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