È quotidiana ormai la guerra dell’acqua in Calabria. I toni e l’intensità delle campagne mediatiche sulla risorsa idraulica si accendono al mutare delle temperature rispetto alle medie stagionali. Le tensioni si accentuano intorno alle risorse che scarseggiano; è un certezza atavica del modo di vivere dell’umanità. Quando l’acqua manca o è gestita in maniera irresponsabile, l’agricoltura va in crisi, boccheggia come pesci fuori dall’acqua.
In verità lo scontro intorno all’acqua d’irrigazione non dovrebbe accendersi perché la Regione, anche attraverso l’Arsac, si è dotata sia della carta dei fabbisogni irrigui che del regolamento regionale per l’utilizzo dell’acqua a scopi irrigui, con l’individuazione della percentuale di accantonamento sulle concessioni per il reinvestimento sulle reti, ottimi strumenti per la programmazione della risorsa irrigua.
La ragione di tanto urlare degli agricoltori è semplice, senza l’irrigazione necessaria l’agricoltura diventa improduttiva, cioè economicamente insostenibile, anche per questo le regole che determinano l’uso ed il costo della risorsa idraulica devono essere chiare, limpide, applicate da tutti ed a tutti accessibili.
Il reddito di un qualunque operatore economico deriva dal valore della produzione al netto dei costi sostenuti, l’agricoltura non sfugge a questa ferrea regola per cui avere l’acqua d’irrigazione al momento giusto, al posto giusto ad un costo accessibile è essenziale per la sostenibilità economica del comparto primario calabrese.
L’acqua è una risorsa pubblica estremamente protetta, le decisioni delle autorità incidono direttamente sui suoi costi al recapito, come avviene per ogni altra risorsa limitata (energia elettrica, gas, carburante, ecc).
In Italia, gran parte dell’acqua d’irrigazione è gestita dai consorzi di bonifica che, per sostenere i costi del ciclo produttivo (dal prelievo all’accumulo, alla distribuzione) fanno pagare agli agricoltori consorziati una quota delle spese sostenute in funzione del beneficio che l’agricoltore stesso ne ritrae irrigando il proprio fondo.
A decorrere dal primo gennaio 2023, questa modalità di finanziamento dei costi di gestione dell’irrigazione cederà il passo, per volere della Comunità Europea, al pagamento dell’acqua a consumo – come per il potabile – sulla base della risorsa che l’imprenditore agricolo utilizza, indipendentemente dall’utilizzo che ne viene fatto e dal beneficio che ne ritrae il fondo irrigato.
Un cambio di paradigma epocale per cui l’agricoltore non concorrerà più al pagamento delle spese sostenute dal consorzio (di cui l’agricoltore stesso fa parte) ma pagherà un corrispettivo per la risorsa idraulica “consumata”. In questo nuovo contesto andranno anche rivisti questioni fiscali, come per esempio l’Iva che incombe sull’acqua potabile (in quanto a consumo), che ancora oggi non si impone sull’acqua d’irrigazione proprio perché a riparto dei costi consortili.
Nonostante il 2023 sia alle porte, il “sonnolento” sistema politico regionale sembra non esserne interessato, così pare inevitabile che l’agricoltura calabrese ne subirà gli effetti.
Il meccanismo con cui i consorzi di bonifica coprono i loro costi per la gestione dell’irrigazione, è quello tradizionale della richiesta dei tributi attraverso i ruoli.
I ruoli altro non sono che l’elenco dei consorziati e dei loro debiti verso l’ente consortile per il rimborso delle spese che il consorzio ha sostenuto per portare sui loro terreni i benefici, come quello d’irrigazione.
Un meccanismo semplice e chiaro in base al quale i Consorzi, ogni anno, nell’apprestare il bilancio di previsione, calcolano i costi che sosterranno per l’irrigazione, ne suddividono la somma rispetto al beneficio apportato ad ogni consorziato predisponendo il c.d. Piano di Riparto. Il piano di riparto evidenzia e ripartisce sui consorziati le spese che il consorzio sosterrà per le opere di bonifica e di irrigazione. Questo strumento chiaramente costituisce parte fondamentale del bilancio di previsione dei consorzi di bonifica.
Quando il bilancio di previsione ed il piano di riparto, sono approvati si appronta e si approva il ruolo, dando poi il via alla riscossione. Con le risorse finanziarie derivanti dalla riscossione il consorzio opera.
Attraverso tale meccanismo, che garantisce il credito tributario verso i consorziati, viene autorizzata la spesa del consorzio per l’anno successivo, anche la spesa necessaria al recapito dell’acqua sul campo agricolo, e così di anno in anno.
Queste fasi servono a garantire la certezza del diritto alla pretesa tributaria consortile, ad assicurare il principio per cui ogni contribuente consorziato è obbligato a rimborsare le spese che il consorzio sosterrà per il suo campo, nel rispetto di quanto stabilito dai precetti costituzionali di bonifica e tributari.
Quando il meccanismo viene forzato, elaborando ruoli su piani di riparto non approvati o si ripartiscono spese ai consorziati obbligati in assenza del beneficio, quando insomma si eludono i precetti di garanzia, si accende il contenzioso che distrugge il rapporto consorziato-consorzi.
La mancanza di chiarezza è il primario sopruso della capacità impositiva coattiva, non solo dei consorzi di bonifica.
Il contenzioso in materia di tributi consortili è caratterizzato da alterne vicende, attesa la particolarità della materia non sempre nota a tutti, con il risultato dell’incremento della confusione. Proprio il contrario di quello che serve per la gestione della risorsa idraulica e dei costi per gli agricoltori.
La bocciatura dei bilanci di previsione 2021 di tutti i consorzi di bonifica da parte della Regione determina l’impossibilità di dare efficacia ai piano di riparto delle spese, quindi non possono essere fatti ed approvati i ruoli.
Come è evidente la irrisolta questione dei bilanci di previsione 2021 dei consorzi di bonifica è una questione da risolvere con urgenza pena l’asfissia finanziaria consortile. Come sempre accade, la mancanza dei bilanci determina grandi sconquassi, vedi la sanità calabrese.
È urgente che la Regione e con essa la comunità consortile chiariscano questi passaggi, apportando modifiche alla prassi o alla normativa oppure, se i consorzi hanno agito in maniera non conforme si operi per riportarli sulla corretta via, perché la confusione, l’incertezza e la mancanza d’indirizzi impedisce, in nuce, ogni forma di programmazione.
Continuando così altro che partecipazione attiva al “Recovery Plan”, per i consorzi di bonifica calabresi e per la nostra irrigazione sarà eterno contenzioso e l’ennesimo treno perduto.
*Commercialista e revisore, già direttore generale Consorzio di bonifica
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