Arcangelo Badolati, principe dei cronisti di nera con l’animo poetico e il talento del narratore di fiabe, ha scritto “La Calabria delle meraviglie”: sottotitolo “tra miti e leggende” (Luigi Pellegrini editore, pagine 254, euro 16). Un libro per molti aspetti singolare, diremmo unico; perché l’intento dell’autore è prima di tutto narrare la Calabria delle città magnogreche sepolte, dei miti omerici dei grandi siti archeologici; la patria di legislatori, architetti, poeti, condottieri, e atleti dell’antichità; la terra di Papi dimenticati, di Santi ed eremiti, di greci e bizantini. E l’intento è riuscito perfettamente, perché Badolati ha scritto, delle “meraviglie” calabresi, con tocco lieve, in punta di penna, accarezzando con garbo la storia di una delle più antiche regioni del mondo. Ma, scrivendo, l’autore ha provato a fare un gioco (trovata geniale!) addentrandosi in un percorso storico e geografico in cui sovrappone la mappa dei territori di ndrangheta ai luoghi in cui sorsero comunità straordinarie e vissero donne e uomini dotati di tale sapienza e talento da passare alla storia dell’umanità. Sembra un azzardo, questa scrittura parallela. Ma accostare a ciascuna località nomi e riferimenti del “male” e assieme del “genio” e del “bene”, alla fine, era l’unico modo per dimostrare – respingendo preconcetti e gratuito malanimo nei confronti della Calabria – che “la cultura e la storia seppelliscono le… coppole storte”, come dice Badolati che per mestiere è costretto a conoscere la storia del “male assoluto” (la ndrangheta) “piaga” della Calabria, e per cultura personale e radici (lui che crede che Capo Barbi di Palmi sia il centro del mondo) è un volontario “viaggiatore nel tempo”: del mito, del genio, dell’arte, della bellezza, della sapienza.
Il risultato di questa fatica è, appunto, un libro unico, fuori schema, non catalogabile, che comincia citando Gabriele Barrio, l’autore del “De Antiquate et situ Calabriae”: il libro con cui nel 1571 Barrio testimonierà che la Calabria è la più antica, nobile e fertile regione della Penisola. L’opera del Barrio doveva servire per orientare gli storici del futuro e fino ad un certo punto è stato così, mentre più tardi gli storici contemporanei si sono un po’ distratti e della Calabria hanno scritto solo nefandezze. Badolati, rinfresca la memoria dei senza memoria. Ripercorre passo passo una regione capace di affascinare con le mille tracce del suo passato e mette sugli stessi luoghi due bandierine: quelle degli ndranghetisti di oggi e quelle dei filosofi, degli artisti, dei poeti, dei geni, degli storici, dei letterati di ieri. Comincia da Seminara, nobile e antica città nota alle cronache moderne per le faide tra famiglie mafiose, che però fu la patria di Barlaam, il monaco maestro di Lettere greche, e di Lenzio Pilato , che fu tra i primi traduttori in Occidente di Omero. A Barlaam e a Pilato devono molto Giovanni Boccaccio e Francesco Petrarca i quali impararono molto dai loro testi cui riconobbero il grande valore. Badolati lo chiama gioco, l’accostamento del male e del bene, ma la trovata è intelligente perché per esaltare la Calabria delle meraviglie l’autore non ricorre a “lagnusie” (termine sciasciano) ma racconta più semplicemente come stanno le cose. Dove oggi c’è mafia ieri c’era splendore dei luoghi e delle menti. Poi, ognuno, si può fare la propria idea di Calabria. Semmai, ci sarebbe da chiedersi perché mai la Calabria oggi è così, se in passato era faro di cultura e di arte: dalla Locri di Zaleuco e Nosside, a Crotone di Pitagora, alla Squillace di Cassiodoro, alla Cosenza Atene della regione, a Reggio di Ibico, a Rossano di San Nilo. Non resta niente fuori dal racconto di Badolati: le città scomparse della Magna Grecia, i briganti, le rivoluzioni, gli archeologi, a cui dobbiamo molto, come il trentino Paolo Orsi, i romanzi, gli scrittori ormai entrati nella dimensione della classicità, e quelli che oggi come Criaco e Gangemi si sono presi sulle spalle la letteratura calabrese (che è letteratura nazionale). Ci sono infine i miti in questo bel libro: i miti greci, i miti indigeni, quelli del mare e gli uomini della leggenda, come il pescatore Saro Naca che morì ingoiato dal mare; un personaggio che sembra nato dalla penna di Ernest Hemingway e invece è esistito realmente. “La Calabria delle meraviglie”, tra miti e leggende, e ndrangheta, è un libro tutto da leggere.
x
x