SORIANO CALABRO Lo ha confidato anche al proprio vescovo Martino Ceravolo: c’è speranza nella giustizia ma l’attesa è dura da sostenere. Sono trascorsi nove anni dalla morte ingiusta, per mano armata, di suo figlio Filippo, appena 19enne. Filippo è l’emblema di un’attesa di ristoro nella giustizia terrena che hanno tante famiglie in Calabria. A Soriano Calabro la guerra tra le cosche Loielo ed Emanuele s’è portata via anche un ragazzo semplice e innocente che la sera del 25 ottobre 2012 ha avuto la sventura di accettare un passaggio a casa da parte di Domenico Tassone, giovane considerato orbitante nella cosca degli Emanuele. Dovevano tornare a Soriano insieme ma all’incrocio del calvario di Vazzano l’auto di Tassone è stata presa di mira da una pioggia di proiettili. Tassone – è raccontato anche nel libro di Maria Maiolo “Vite spezzate” – s’è buttato fuori dall’auto. Filippo è stato raggiunto da colpi fatali che hanno avuto la meglio sul suo corpo sofferente durante il trasporto in ospedale. Il giovane commerciante di dolciumi, estraneo alle dinamiche mafiose, aspetta giustizia mentre in paese chi è rimasto si permette di chiamare “sbirro” un padre che lotta, e si permette di deturpare il monumento dedicato alla vittima perché ricorda a tutti che grande vergogna sia versare il sangue degli innocenti.
Ieri il vescovo di Mileto-Tropea, Attilio Nostro, si è fermato, insieme al sindaco e alla famiglia Ceravolo, davanti a quel monumento. Un momento di raccoglimento e di preghiera prima di incontrare i fedeli nella chiesa di San Domenico. Il vescovo ha parlato con Martino Ceravolo del dolore profondo che la famiglia sta reggendo sulle proprie spalle. Il presule ha, inoltre, omaggiato la famiglia con un dono, una medaglia d’oro con l’incisione della Vergine col Bambino. Monsignor Attilio Nostro ha voluto parlare con i Ceravolo, ha chiesto quanti anni siano trascorsi dall’eccidio, ha voluto conoscere i fatti. Un’iniziativa nata anche per non spegnere l’attenzione sul caso di Filippo.
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