Novanta anni fa moriva dopo una vita travagliata e intensa Dino Campana, forse il più grande poeta italiano del Novecento.
Colpito precocemente da sifilide, come scoprì Antonio Trabucchi, Campana aveva espresso tutta la sua potenza lirica in una straordinaria raccolta pubblicata prima anonimamente e poi destinata a valicare tutti i confini della critica letteraria.
I canti orfici, riepilogo simbolico della produzione greca ed inno ad Orfeo, Campana li scrisse due volte, perché Ardengo Soffici aveva perso la copia originale (ritrovata poi sessant’anni dopo).
Ma ciò che più desta l’attenzione particolare su Dino è la bellissima storia d’amore con Sibilla Aleramo, che scandì così fortemente la sua vita da lasciare tracce in un epistolario reso famoso al grande pubblico, da un film con Laura Morante e Stefano Accorsi.
La scoperta di Trabucchi sulla sifilide del poeta, avversata senza senso dai suoi eredi, rende ancora più significativa la simbiosi tra Sibilla e Dino, il loro tortuoso accompagnarsi e poi lasciarsi, il fuoco di una passione che bruciava e insieme il gelo della frattura che la scelta definitiva della Aleramo fece scaturire.
Le lettere, pubblicate da Feltrinelli il 2000, affrontano la complessità di un rapporto che si intreccia con l’inizio della grande guerra e si conclude, come una sorta di nemesi, proprio il 1918.
La grande poetessa acconsentì alla diffusione del carteggio solo 40 anni dopo, poco prima di morire, ormai libera dai vincoli del pudore pubblico.
Dino segue fedelmente Sibilla, ne è totalmente coinvolto, la elegge a musa, amante e madre
Lui, Orfeo, diventa il compagno di Euridice, ne subisce la forza del pensiero, il fascino di una bellezza soave e disperata, il tormento del conflitto esistenziale, mentre il mondo scende in guerra.
Il vissuto delle lettere riflette la purezza di questo amore e insieme la sua agonia preconizzata, mentre Dino affronta le conseguenze della malattia.
Di colpo, poi, tutto finisce. In un momento si sono appassita le rose, scriveranno, lasciando un solco indelebile nella storia della nostra letteratura.
Tra i due regna l’onirismo, la pervicacia di una sensualità bulimica, reciproca, ma sempre e comunque guidata da Sibilla.
Rileggere quelle lettere, così come l’intera produzione della Aleramo insieme ai canti orfici, ribadisce la potenza della poesia italiana nel secolo scorso e la sua parallela vicenda con le dinamiche della storia.
Seppure circoscritta a un lasso di tempo breve la storia d’amore tra Dino e Sibilla sigilla, in un involucro di bellezza autentica, la vita dell’Italia di inizio novecento e ne raccoglie, come una profezia, il futuro di tragedie e di eros, riassegnando alla poesia la sua più originale dimensione.
*giornalista
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