CROTONE C’era anche un “pezzo” di Calabria sul red carpet della 79a Mostra del Cinema di Venezia sotto i flash dei fotografi assieme al regista Emanuele Crialese e la splendida Penelope Cruz lo scorso. Si tratta di Carlo Gallo, 37enne attore di origini crotonesi, che ha fatto parte del cast dell’ultimo film del regista “L’immensità” in concorso in Laguna per il prestigiosissimo Leone d’oro.
L’attore crotonese, insieme a tutta la carovana del film, è con le dita incrociate in attesa che, questa sera, la giuria dia il suo verdetto.
Oltre a ricoprire un ruolo nel film, Carlo Gallo ha anche impersonato il delicatissimo ruolo di coach per i piccoli attori: Luana, Maria Chiara, Penelope Conti e Patrizio. Insieme, hanno compiuto un percorso fatto di laboratori, giochi e esercizi di training.
Sul set c’era anche la compagna di vita dell’attore, Rita De Donato, da cui ha avuto pochi giorni fa un figlio. Ed è proprio tenendo in braccio la piccola creatura che Carlo Gallo spera per questa sera nel “miracolo a Venezia”.
L’attore crotonese, lo scorso 4 settembre, è comparso sul red carpet della kermesse cinematografica in abito scuro e papillon, sfilando al fianco di una raggiante Penelope Cruz con la quale ha instaurato un ottimo feeling professionale e amicale durante le riprese che è dunque proseguito anche sulla passerella in Laguna. «Una persona fantastica – dice di lei Gallo -, con un lato umano davvero sincero e a avvolgente».
Merito anche del regista Crialese che, anche al di fuori del set, ha creato una vera e propria «famiglia» col cast, capace di stare assieme al di là delle esigenze di ripresa. Come per Carlo Gallo, Crotone è un “fil rouge” anche per Crialese che l’anno passato, proprio di questi periodi, ha trascorso una pausa riflessiva in una nota zona turistica di Capo Colonna. Occasione, questa, che ha creato l’intesa artistica e umana con l’attore crotonese.
«Volevo esprimere la mia profonda gratitudine – dichiara Gallo – a Emanuele Crialese per aver creduto in me come attore e come coach. Per avermi affidato l’incarico di allenare l’istinto purissimo dei piccoli attori: Luana, Maria Chiara, Penelope Conti e Patrizio». «È stata la mia università del Cinema – afferma Gallo – e dell’arte in generale. Ho visto un poeta rarissimo scolpire un’ opera di luce e di grazia. Ci sarebbe tanto da raccontare ma rischierei di tracimare. Quando si parla di un poeta – commenta Gallo – bisogna trovare le parole esatte: il tempo sarà mio nobile alleato in questo. Per il momento dico grazie, grazie “Masto Emanuele”», saluta confidenzialmente Gallo.
Il film uscirà nelle sale il prossimo 15 settembre, ma i più fortunati che sono riusciti a trovare un biglietto hanno già avuto modo di visionare la pellicola a al Lido di Venezia il 4 settembre scorso nella Sala Grande. Una premiere, questa, che ha riscosso l’entusiasmo di pubblico e critica, ricevendo ben 12 minuti di applausi al termine della proiezione. Ed è certamente “L’immensità” uno dei film più gettonati in questa 79a edizione della biennale.
Oltre a Carlo Gallo, Rita De Donato e Penelope Curz, il cast del film è composto dagli attori Luana Giuliani (protagonista), Vincenzo Amato, Patrizio Francioni, Maria Chiara Goretti, Laura Nardi, Penelope Nieto Conti, Alvia Reale, Aurora Quattrocchi, India Santella, Mariangela Granelli, Valentina Cenni, Ilaria Giannatiempo, Carlo Gallo, Elena Arvigo, Filippo Pucillo e Francesco Casisa.
Il film è ambientato Roma, negli anni ’70 tra quartieri in costruzione, con un’Italia alle prese con le lotte per le conquiste sociali e i modelli di famiglia ormai superati. Clara e Felice (Penélope Cruz e Vincenzo Amato) si trovano nella Capitale appena trasferiti in un nuovo appartamento con una relazione ormai giunta al caoplinea, ma non riescono ad affrontare. L’unico collante tra i due sono i figli su cui Clara trasferisce il suo desiderio di libertà. Carlo Gallo interpreta in questo quadro famigliare il cognato di Clara (Penelope Cruz). Ma la vera protagonista è Adriana (Luana Giuliani), la più grande, che ha appena compiuto 12 anni che è quella più sensibile e vicina agli stati d’animo di Clara, ma anche delle tensioni crescenti tra i genitori. Ma c’è di più: Adriana rifiuta il suo nome, la sua identità, vuole convincere tutti di essere un maschio. Ed è proprio questa sua “ostinazione” a compromettere il già fragile rapporto di coppia dei genitori, portandolo fino al punto di rottura. Ed è così che tutto cambia per i bambini che apettano una voce dall’alto o una canzone in tv a illuminare il loro cammino.
«È il film della vita, mi sono avvicinato al cinema forse per questo, ma se l’avessi fatto come primo film sarebbe stato pallosissimo, magari didascalico, sarebbe stata la storia di un poveraccio che vive la crisi di genere, invece ho aspettato, ho consapevolezza e cose come queste bisogna riuscire a raccontarle quando si sa parlare». Così parla del film in un’intervista rilasciata all’Ansa Emanuele Crialese, terzo dei cinque italiani in concorso con L’Immensità a Venezia 79. Si emoziona e parla con trasporto, usa parole importanti come “rinascita” il regista per commentare l’opera.
Non vuole che si definisca “L’immensità” il film del suo coming out. «Sono sempre stato out! – dice -, ma non sono una rockstar, cosa dovrebbe importare alla gente, è piuttosto un film che mi riguarda molto da vicino, racconta in chiave poetica la mia infanzia, non c’è nessuna trasformazione o transizione, sarebbe una disinformazione. Certo in quella memoria – ammette Crialese – c’è una casa degli anni ’70 in uno dei quartieri in costruzione a Roma in quel periodo, “identica alla mia” e poi ci sono le dinamiche familiari, le gioie di ballare le canzoni di Raffaella Carrà, ma soprattutto i dolori». «Mia madre non sapeva dove sbattere la testa – si commuove il regista – si nascondeva con me proprio come accade nel film, cercava di proteggermi, ma io soffrivo del dolore che le davo».
«Fin quando più avanti non sono riuscito a cambiare la a con la e – il suo nome di nascita al femminile – e lasciare un pezzo del mio corpo, questo è stato negoziare la condizione. Io sono e non sono e voglio rimanere così e spero di non scioccare proprio nessuno. Io sono figlio del mio tempo, ora per fortuna i tempi sono cambiati, i bambini in questo sono grandi maestri, sanno usare le nuove parole, il gender fluid ad esempio, e ci dicono “maschio – femmina sono categorie, siamo quello che siamo, ossia esseri umani prima che definiti sessualmente”».
«Oggi – aggiunge Crialese – c’è un’altra società rispetto a quella in cui sono cresciuto io, ma bisogna sostenere le famiglie e non lasciarle sole come è stata mia madre all’epoca». La Roma del film «è un paesaggio astratto, metafisico. Per me che amo i grandi paesaggi aperti – prosegue il regista di Respiro e di Terraferma – girare tutto il film dentro una casa mi sembrava impossibile, invece, forse perché è la riproduzione esatta della mia da piccolo, mi sono sentito bene. Per tanto tempo ho pensato: prima o poi racconto questa storia autobiografica, sta lì, ti ossessiona, poi è arrivato il tempo e tutto è andato come doveva andare».
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