«Eh sì, cittadini di Rende e dintorni! Ma cosa andate interrogandovi o di cosa vi state a preoccupare? Ma vogliamo scherzare? E che sarà mai quanto narrato dagli inquirenti nella corposa indagine Reset: oltre 200 procedimenti disciplinari per estorsioni, minacce, crimini contro il patrimonio, violenze, inquinamento di procedure di affidamenti, permeabilità e contiguità con la pubblica amministrazione, etc. Un sistema articolato del malaffare a cui ha fatto da sfondo e proscenio la nostra città. (Tra parentesi, nei procedimenti disciplinari eseguiti ritroviamo sindaco, assessore, fratello di assessora, ora sindaco ff)». E cos’è questa velleità di fare un’assemblea pubblica, all’aperto, sotto gli occhi di tutti, per riflettere da cittadini su tutti questi accadimenti, su come si sia potuti mai giungere al degrado descritto dagli inquirenti, su come arginare questi fenomeni di imbarbarimento con gli strumenti di un’autentica cultura democratica e chiamando alla responsabilità le forze sane ancora prevalenti nella società rendese? Si chiama coraggio, quella cosa che dà e continuerà a dare fastidio e che con tutta la determinazione che abbiamo continueremo a sostenere e far crescere in città. Noi non ci giriamo dall’altra parte, non nascondiamo la polvere sotto il tappeto, non ci facciamo abbagliare da qualche azione vagamente e illusoriamente progressista per tacere su quello che invece accade nel profondo della città e risale in superficie ammantato di ordinaria amministrazione. Potevamo essere di più in piazza? 200 invece che 150? Certamente sì, ma il problema è numerico o della forza delle argomentazioni di quella assemblea che civilmente chiede a tutti e alla sua amministrazione, in particolare, quella sensibilità democratica che dovrebbe far parte del corredo minimo di valori di ognuno e che, nella situazione rendese, dovrebbe determinare le dimissioni di un sindaco, di una giunta e di un consiglio, senza alcun dubbio non più in condizioni di operare senza ombre. Agli accoliti di questa amministrazione chiediamo di smetterla con questa strategia della mistificazione, della ricerca del nemico e del complotto, della banalizzazione e intimidazione del dissenso, della vittimizzazione e della ostentazione di una normalità inesistente. Cresce nei cittadini indignazione e mortificazione per le vicende che continuano a uscir fuori dalle pagine dell’inchiesta e minano fortemente la reputazione di Rende e le sue positive vocazioni e potenzialità. Ancora, ai supporter dell’amministrazione suggeriamo maggiore attenzione, a cominciare dal linguaggio, ricordando che le scelte, le azioni, e la loro rappresentazione simbolica, attraverso le forme di comunicazione hanno valore pedagogico verso una comunità: indirizzano, orientano le forme di relazione. Comunicazione oltraggiosa e violenta sostiene relazioni violente. Comunicazione civile aperta democratica sostiene relazioni civili, aperte, democratiche. Noi vogliamo una Rende così e ci battiamo per essa».
*AttivaRende
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