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Il nuovo ospedale di Vibo e la tentata estorsione dei Pardea-Ranisi. «Ricordatevi degli amici o spariamo»

Il tentativo (fallito) di Michele Manco di intimidire la Costruzioni Lucia Srl. E la paura degli operai: «È una settimana che non dormo»

Pubblicato il: 30/09/2022 – 18:42
di Giorgio Curcio
Il nuovo ospedale di Vibo e la tentata estorsione dei Pardea-Ranisi. «Ricordatevi degli amici o spariamo»

VIBO VALENTIA I tentacoli delle cosche della ‘ndrangheta vibonese hanno toccato, almeno nelle intenzioni, anche il cantiere del nuovo ospedale di Vibo Valentia. È quanto ricostruito dall’inchiesta della Dda della Procura di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, che ha portato all’arresto di 5 persone e un totale di 12 indagati. Vicende ed episodi finiti fra le pagine dell’ordinanza firmata dal gip del Tribunale di Catanzaro, Maria Cristina Flesca che cristallizzano uno scenario preoccupante, fatto di estorsioni, minacce ma anche tanta paura. Quella cioè delle vittime, restie a denunciare tutto alle forze dell’ordine.  

Il nuovo ospedale di Vibo Valentia

Quella della realizzazione del nuovo ospedale di Vibo Valentia è una storia lunga e molto complessa, ma anche lo specchio di una macchina burocratica lenta a farraginosa e che si scontra con le reali necessità dei cittadini. In particolare, con l’ordinanza n.31 del commissario straordinario delegato della Regione Calabria, era stato approvato il progetto preliminare del nuovo ospedale di Vibo Valentia, poi individuata quale aggiudicataria della concessione l’RTI (raggruppamento temporaneo di impresa) costituito dalla Guerrato Spa, la Costruzioni Procopio Srl e l’Impresa Carchella Spa. Successivamente, attraverso un contratto di concessione sottoscritto il 12 settembre 2014 tra Regione Calabria, Asp di Vibo Valentia e la società “Vibo Hospital Service Spa”, quest’ultima è subentrata agli aggiudicatari nei rapporti contrattuali con l’Amministrazione. In seguito, è stato perfezionato un altro contratto tra Regione Calabria e la “Vibo Hospital Service” relativo alle opere da realizzare per la viabilità di accesso al nuovo ospedale per un valore di 2,3 milioni di euro. Il 5 aprile 2017, con un nuovo contratto, la Regione Calabria ha affidato alla società i lavori complementari di sistemazione idrogeologica del “Fosso Calzone” per un valore di oltre 2,1 milioni di euro. Lavori, questi, affidati dalla VHS alla “Costruzioni Procopio Srl” che, a sua volta, aveva affidato con un contratto del 30 ottobre 2018 la fornitura con «posa in opera di calcestruzzo preconfezionato e conglomerato bituminoso» alla “Costruzioni Lucia Srl”.

Le minacce di Manco

Un vortice di contratti, affidamenti e società per dei lavori sui quali anche le ‘ndrine vibonesi volevano mettere le mani, attraverso almeno due tentate estorsioni, quelle documentate dagli inquirenti e finite tra le pagine dell’ordinanza. Episodi tutti riconducibili a Michele Manco, classe ’88, finito ora in carcere e per gli inquirenti a tutti gli effetti un esponente dal clan di ‘ndrangheta Pardea-Ranisi. «Di’ al tuo capo che si è dimenticato degli amici». Questa la prima e inquietante frase pronunciata da Manco che, a bordo di una Smart nera, si era presentato nel cantiere della “Costruzioni Lucia Srl”, richiamando l’attenzione di due dipendenti mentre erano in attesa di effettuare uno scarico di calcestruzzo da un mezzo pesante, due autisti dell’azienda che hanno poi riferito tutto agli inquirenti. Episodio confermato in seguito anche dal titolare della “Costruzioni Lucia Srl”, Antonio Lucia, sebbene non l’avesse denunciato perché, a suo dire, spettava a Massimo Procopio, il titolare dell’altra azienda, la “Costruzioni Procopio Srl”.

«Che dobbiamo fare, dobbiamo sparare?»

Sono sempre loro due a rivolgersi agli inquirenti per denunciare un altro episodio analogo. È il 20 luglio 2020 e, secondo il loro racconto quel giorno, attorno alle 16.30, uno degli autisti della ditta aveva raccontato che, mentre si trovava nell’area del cantiere nelle vicinanze della pompa di benzina Esso, era stato avvicinato da un soggetto, sempre a bordo di una Smart nera, e che gli aveva riferito un’altra frase intimidatoria: «(…) che ci siamo scordati di andare a trovare gli amici, e che se non lo faremo sparano». Quella stessa mattina, racconta il titolare della “Procopio Costruzioni srl”, attorno alle 12.15/30 «l’autista sarebbe stato avvicinato da due persone e uno dei due gli avrebbe riferito “non siete venuti a salutare gli amici? Che dobbiamo fare, dobbiamo sparare?”». Entrambi gli episodi, secondo gli inquirenti, sono riconducili a Michele Manco, grazie anche all’attività investigativa portata avanti attraverso le immagini di videosorveglianza o la targa dell’auto.

La paura

Dopo la denuncia degli episodi, però, il clima tra i lavoratori si fa più teso, con la paura legata essenzialmente a due fattori: da un lato quello di poter commettere falsa testimonianza, dall’altro quello di eventuali ritorsioni da parte del clan. «(…) se non è vero quello che dite vi arrestano!» dice un operaio ad un collega che replica: «Me ne fotto io! Mi danno da mangiare gratis!». E l’altro incalza: «Oh, comunque stai certo che tra oggi e domani di qualche capretto la testa vi regalano!». È il 18 maggio del 2021 quando uno degli operai, in vista dello svolgimento dell’incidente probatorio, confessa ad un collega la propria preoccupazione. «Andiamo alla Questura, dobbiamo fare il riconoscimento di quello! (…) mi hanno proprio rotto il cazzo, è una settimana che non dormo!». Nel corso della conversazione intercettata, lo stesso operaio lasciava intendere al collega che non avrebbe più collaborato. «Me ne fotto di loro – dice – è una cazzata che abbiamo fatto allora, alla caserma mi hanno minacciato di favoreggiamento». La scarsa voglia di collaborare effettivamente si traduce nel mancato riconoscimento di Manco nelle foto fatte visionare dagli inquirenti. Circostanza, tra l’altro, vista con favore dal titolare dell’azienda, sicuro che ora i suoi dipendenti potevano recarsi a Vibo senza alcun timore. «Mo’ stai tranquillo che quando andate dentro Vibo a scaricare non ci vengono questi più a dirvi qualche cosa! State tranquilli, non ci vengono!». (redazione@corrierecal.it)

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