La droga, praticamente dovunque, ma anche riciclaggio nelle lavanderie dei paradisi fiscali, le scommesse on line, le estorsioni. Dai Paesi europei a quelli dell’America del Nord e dell’America Latina fino all’Australia, la ‘ndrangheta è dappertutto, con affiliati di prima, seconda e in alcuni territori anche quarta generazione, come conferma l’ultima relazione della direzione investigativa antimafia, che “mappa” con estrema precisione le dinamiche che configurano «il potere e la capillare diffusione» della «holding criminale» costituita dalle cosche calabresi, ormai leader mondiali nel narcotraffico.
La Dia anzitutto delinea il contesto generale. «Nel complesso la criminalità organizzata italiana, grazie alle innate doti di flessibilità e adattamento ai vari contesti, pur restando saldamente ancorata ai propri territori di origine, continua a confermarsi tra i maggiori protagonisti del crimine, di tipo transnazionale facendone così emergere la spiccata vocazione economico imprenditoriale a livello globale. Questa attitudine è maggiormente evidente per la ‘ndrangheta, la quale, proprio in virtù delle relazioni privilegiate instaurate coni i produttori di sostanza stupefacenti in America Latina, si è ritagliata un ruolo di leadership mondiale nell’ambito del narcotraffico, divenendo una vera e propria holding criminale di rilevantissimo spessore internazionale». È estremamente dettagliato il quadro che la Dia tratteggia nell’ultima relazione. Si parte dall’Europa, con la ‘ndrangheta che in Spagna «è presente a Girona e nella provincia di Nadrid, a Murcia e in Catalogna» con le propaggini delle cosche di San Luca. In Francia, già territorio privilegiato per i latitanti, secondo la Dia «esponenti della ‘ndrangheta inizialmente impiantati in Liguria si sono spostati nella Costa Azzurra, vista come naturale continuità lungo la costa del Mar Ligure, andando a stabilirsi in città come Nizza, Mentone, Cannes, ove attualmente è presente una seconda generazione di mafiosi calabresi. Le evidenze investigative degli ultimi decenni hanno evidenziato in provincia di Imperia, territorio storicamente fortemente “colonizzato” da proiezioni di cosche calabresi, l’operatività della locale di Ventimiglia quale centro di potere strategico per le numerose ‘andine attive sul territorio, ma soprattutto articolazione con funzioni di “camera di passaggio”, cioè di raccordo con le analoghe strutture attive in Costa Azzurra»: in terra francese la Dina ha censito presenze delle cosche della Piana di Gioia Tauro. Anche nel Regno Unito, che rappresenta un’area fertilissima per le mafie per «la facilità di riciclare denaro offerta dal sistema economico giuridico», per la Dia «la ‘ndrangheta è riuscita a sfruttare le opportunità del mercato economico e finanziario» come dimostra l’operazione “Cavalli di Razza” contro appartenenti al clan Molè Piromalli, operazione che «ha permesso di svelare la pervasività con cui i gruppi criminali di matrice ‘ndranghetista si sono proiettati nel Regno Unito, oltre che in Svizzera, Polonia, Romania, Repubblica Ceca, Slovenia Ungheria dove si sono infiltrati attraverso una serie di consorzi e cooperative attivi da oltre un decennio in diversi settori economici». Il Belgio è «centro di interesse» per la ‘ndrangheta, dedita al narcotrafrfico e ai reati finanziari, così come in Olanda – prosegue la relazione della Dia – «tuttora l’organizzazione criminale più ramificata e con la maggiore presenza di affiliati si conferma essere la ndrangheta». Conferme anche in Germania, dove, alla luce di risultanze investigative, la Dia ritiene che la ‘ndrangheta «sia la manifestazione macrocriminale maggiormente lesiva delle relazioni economiche, finanziarie e commerciali dei diversi Lander». Inoltre «operazioni d polizia hanno permesso di attualizzare le presenze criminali calabresi in Germania, dove sarebbe stato esportato il modello criminale e dove sono state replicate strutture analoghe a quelle del “Crimine” reggino, con il quale hanno evidenti, stretti legami di dipendenza». Attive in Germania – secondo la Dia – le cosche della Locride, soprattutto di San Luca ma anche cosche crotonesi come i Farao Marincola. «Territorio “attenzionato” da alcune consorterie calabresi» è poi l’Austria, mentre la Repubblica Slovacca «a seguito della liberalizzazione economica ha rappresentato per ‘ndrangheta un’opportunità per avviare attività economiche grazie all’apertura di nuovi canali di scambio commerciali. In particolare – scrive poi la Dia – i sodalizi del Vibonese, negli anni, sono stati in grado di realizzare ingenti profitti attraverso attività di riciclaggio e truffe con le banche maggiori vittime oltre a essersi infiltrati nel settore agroalimentare sottrazione indebita di fondi europei di settore». Il business petrolifero invece – spiega la Dia – ha alimentato le infiltrazioni della ‘ndrangheta, segnatamente delle cosche Piromalli e Mancuso, in Romania, ma – si legge nella relazione – «recentemente la presenza di clan di ‘ndrangheta, prevalentemente attivi nell’ambito dei reati finanziari, è legata sopratutto alla famiglia Grande Aracri, sodalizio criminale maggiormente inserito nel tessuto economico della Romania» e «da ultimo anche le cosche reggine sembrano interessate a sfruttare il territorio rumeno». Quindi, Malta, meta privilegiata delle mafie per il suo sistema fiscale «privilegiato»: per la Dia «uno degli ambii maggiormente utilizzati è quello delle scommesse on line, dove è prevalente la presenza di sodalizi criminali riconducibili alla ‘ndrangheta», coinvolta poi nel narcotraffico.
La mappa della presenza della ‘ndrangheta nel mondo tocca anche l’America del Nord, a partire dal Canada. Per la Dia anzitutto nelle zone di Toronto e Thunder Bay le cosche calabresi «sarebbero attive nel traffico di stupefacenti, nelle estorsioni, nell’usura, nel gioco d’azzardo, nel riciclaggio dei proventi illeciti e nell’infiltrazione nel settore degli appalti pubblici. Le organizzazioni si sarebbero, nel tempo, profondamente radicate, assumendo posizioni di rilevo nella gestione degli affari criminali. La ’ndrangheta, in particolare, si sarebbe consolidata in una vera e propria struttura gerarchico-mafiosa, vanterebbe contatti diretti con i maggiori produttori di droga e, avvalendosi di una pervasiva e ramificata presenza di affiliati in tutto il mondo, avrebbe ormai assunto la leadership nel traffico internazionale di stupefacenti. A Toronto – specifica poi la relazione – la ’ndrangheta opererebbe attraverso strutture a carattere intermedio con funzioni di coordinamento e supervisione, quali la “commissione” o “camera di controllo”. Tali strutture, nonostante l’indissolubile legame con la provincia di Reggio Calabria, avrebbero una maggiore autonomia rispetto al passato». Anche negli Stati Uniti secondo la Dia «accanto a Cosa Nostra» avrebbe trovato «spazi operativi la ’ndrangheta, ormai affermato referente dei cartelli sudamericani del narcotraffico». Focus anche sul Messico, che «sarebbe fortemente esposto al fenomeno del riciclaggio dei proventi illeciti riconducibili al traffico di droga, di esseri umani, di armi, al contrabbando, alle frodi e alle estorsioni. Sarebbe altresì interessato dal traffico internazionale di droga fra i sodalizi criminali messicani e la criminalità organizzata italiana calabrese, campana e siciliana. A tale scopo, in particolare, la ’ndrangheta utilizzerebbe il porto di Gioia Tauro, snodo strategico per il traffico di cocaina in Europa. Sarebbero infine emersi – sostiene la Dia – rapporti consolidati tra il cartello messicano di Jalisco Nueva Generation (che concentrerebbe la maggior parte delle attività di narcotraffico in Asia, Africa ed Europa) e la ’ndrangheta, in relazione a traffici di cocaina spedita all’interno di container».
‘Ndrangheta leader nel narcotraffico anche sulle rotte sudamericane, evidenzia la Dia. Epicentro resta la Colombia: «Il consistente traffico illecito sarebbe realizzato parallelamente ad un complesso sistema di riciclaggio dei relativi proventi, attraverso transazioni immobiliari e operazioni effettuate nei casinò o mediante l’utilizzo delle criptovalute. Le organizzazioni criminali italiane – specie la ’ndrangheta – si rifornirebbero dei carichi di cocaina trasferiti lungo la rotta “Cile-Ecuador-Venezuela-Brasile-Repubblica Dominicana”, direttamente dai cartelli colombiani, entrando in Europa dalla Spagna e dall’Olanda». Inoltre per la Dia «sarebbero emersi interessi delle cosche ’ndranghetiste della fasce jonica e tirrenica, in traffici di droga con il Sud America», compreso il Perù e quindi anche l’Argentina,traffici facilitati «facilitati dalla presenza in loco di sodali calabresi ancora in stretti rapporti con l’Italia».
Consistente infine resta sempre il radicamento della ‘ndrangheta in Australia. La Dia rileva che «attualmente la presenza della criminalità organizzata di origine calabrese risulterebbe riconducibile a soggetti criminali italo-australiani di terza o quarta generazione, associati in modo generico, con deboli legami con l’Italia che opererebbero, senza una ben definita pianificazione, nell’ambito di gruppi multi-etnici. Risulterebbe poi l’esistenza di un secondo gruppo, più strutturato, costituito da soggetti criminali che, pur non avendo vincoli di parentela con le famiglie di ’ndrangheta della Calabria, avrebbero un for[te senso di identità nazionale e stringerebbero alleanze con altre organizzazioni. Vi sarebbe, infine, la presenza della vera e propria ’ndrangheta australiana, che avrebbe legami diretti con quella calabrese, dalla quale avrebbe mutuato il modello organizzativo, i rituali e le regole interne, adattandoli al contesto australiano. Tali legami sarebbero funzionali all’esecuzione coordinata delle attività criminali a livello internazionale, tra cui, innanzitutto, il traffico di stupefacenti ed il riciclaggio dei relativi proventi. Questa organizzazione – rimarca la Dia – sarebbe operativa in varie aree dell’Australia, in particolare nelle zone del New South Wales, Canberra, Griffith, Melbourne ed Adelaide. La stessa avrebbe collegamenti transnazionali oltre che con l’Europa, anche con la Cina ed il Sud America e ciò ai fini dell’approvvigionamento, rispettivamente, di droghe sintetiche, precursori e cocaina. I più importanti porti australiani rappresenterebbero il principale canale di ingresso degli stupefacenti». Particolari poi le dinamiche criminali delle cosche calabresi, per come già emerso da risultanze investigative: «Per quanto attiene alla strategia operativa, allo scopo di sviare l’attenzione delle autorità, la ’ndrangheta australiana tenderebbe a limitare il ricorso alla violenza e si rivolgerebbe, per l’esecuzione di attività illecite marginali, ad altri sodalizi criminali come le bande di motociclisti. Essa, inoltre, avrebbe assunto un ruolo di primo piano nella coltivazione della cannabis e nell’importazione di altre droghe. Accanto alle menzionate attività criminose, vi sarebbero l’usura, la contraffazione e le estorsioni. L’attività di riciclaggio dei proventi delittuosi avverrebbe attraverso il ricorso ad attività economiche apparentemente legali: aziende del settore agricolo, della ristorazione, dei trasporti e dell’edilizia. Anche l’illecita acquisizione di sovvenzioni statali potrebbe ricadere nelle mire dell’organizzazione. Al momento, tuttavia, non sarebbe noto il grado di infiltrazione della ’ndrangheta nella pubblica amministrazione». (redazione@corrierecal.it)
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