LAMEZIA TERME Santo Gioffrè è un uomo che ha vissuto molte vite nel suo percorso esistenziale. Medico, da sempre impegnato in politica, ha costruito quattro chiese ortodosse e ha denunciato, rischiando la vita, i terrificanti intrecci malavitosi nell’Asp di Reggio nei quindici mesi in cui ha ricoperto il ruolo di commissario. Un impegno che ha pagato, viene da scrivere ovviamente, con la sua defenestrazione. «Incidentalmente», Santo Gioffrè scrive anche libri. Di quelli che fanno successo, vendono e gli hanno garantito una eccellente fama nel panorama culturale nazionale.
È uscito, da qualche settimana, il suo ultimo lavoro: “Fadia”, che sta già facendo il giro d’Italia. È una storia forte, intensa, drammatica, soprattutto perché è un libro autobiografico e i personaggi del racconto sono realmente esistiti: «Avevo l’esigenza forte, quasi morale, di raccontare vicende che hanno segnato la mia vita. Molti protagonisti del romanzo erano miei amici, alcuni dei quali non ci sono più. E poi avevo bisogno di scrivere il mondo nel quale si muovevano».
Il romanzo inizia in un letto di ospedale dove è steso il medico e professore universitario Andrea Bisi, che lotta tra la vita e la morte per un infarto. Il defibrillatore lo salva ma l’esperienza apre un nuovo percorso esistenziale in cui lo stesso Bisi cerca rifugio nella memoria, andando a ritrovare le figure che hanno accompagnato il corso della sua vita. Una di questa è Fadia, la donna di cui si è follemente innamorato, che va a cercare in Siria. Il romanzo di Gioffrè è una bella e sofferta storia d’amore in cui il sentimento è la linea che unisce un po’ tutti i principali personaggi: «Una persona che non ha anima serve a ben poco. Gran parte degli uomini e delle donne di questo libro sono pregni d’amore in tutte le sue forme».
Fadià è, però, anche un’opera di denuncia sociale e politica: «Il compito di uno scrittore è quello di indicare alcuni temi ed inviare a riflettere, considerato che la realtà che noi osserviamo è quasi sempre ben diversa da quella che vogliono farci credere». Molte le responsabilità che emergono, a partire «dalla posizione criminale del mondo occidentale in Siria»: «Aleppo è una delle città più belle che io abbia mai visto, un luogo in cui le diverse confessioni convivevano con pieno rispetto reciproco, in perfetta sintonia con l’atteggiamento fraternamente umano ed intellettuale che io ho ritrovato in tante figure conosciute. Un paese distrutto per i contrapposti interessi del mondo cosiddetto civilizzato».
Ritornano, poi, i temi cari all’autore: «Viviamo ed abbiamo sempre vissuto in una società in cui il ricco può infrange regole, morale, diritti mentre chi non ha mezzi è costretto a subire». Emblematica la storia del protagonista: «Andrea Bisi è quello che veniva un tempo definito “figlio Mulo”, considerato come scarto umano perché frutto dei rapporti tra i nobili, i grandi proprietari terrieri e le donne che lavoravano per loro. Quando Bisi, però, eredita gran parte del patrimonio paterno, cambia immediatamente la sua situazione». Un romanzo autobiografico non solo per le vicende raccontate ma anche perché incarna il coraggio dello scrittore, mai piegato alle logiche conformiste del nostro mondo. (redazione@corrierecal.it)
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