COSENZA «Denis era un ragazzo solare. Persino la mattina di quel giorno terribile, durante l’ultimo allenamento, aveva scherzato raccogliendo una civetta morta sul campo e tagliando le calze di alcuni compagni di squadra. Nessuno di noi ha mai creduto alla teoria del suicidio, era pieno di vita».
Michele Padovano e Donato Bergamini erano legati da un forte rapporto di amicizia. Il giorno dopo la tragedia di Roseto Capo Spulico, in un clima a dir poco surreale, l’attaccante torinese calpestò l’erba dello stadio “San Vito” indossando la maglia numero otto di Denis e non la sua undici. Il campionato non poteva fermarsi e il Cosenza, quella domenica, fu costretto ad affrontare il Messina. Vinse due a zero con un gol realizzato proprio da Padovano.
Questa mattina, nel corso dell’ennesima udienza (la trentesima) in corte d’Assise del processo Bergamini, che vede come unica imputata Isabella Internò, l’ex calciatore di Cosenza, Napoli e Juventus si è sottoposto alle domande del pm Luca Primicerio e degli avvocati di parte, ripercorrendo, in particolar modo, gli ultimi istanti di vita del suo compagno di squadra e di camera, in quell’assurdo 18 novembre 1989.
«Fino alla mattina di sabato – ha affermato Padovano – Denis era tranquillissimo. Come al solito, dopo l’allenamento pre-partita, abbiamo pranzato al Motel Agip e poi siamo saliti in camera per riposare prima dell’appuntamento al cinema Garden fissato per le 16. Io e lui eravamo in camera insieme (da poco più di un mese i due calciatori condividevano anche un appartamento a Cosenza, ndr). Intorno alle 15.15-15.30, Denis ha ricevuto una telefonata in camera che lo ha molto turbato. Non ho indagato ma si vedeva che c’era qualcosa che lo preoccupava. Poco prima delle sedici, gli ho chiesto quale macchina dovessimo prendere per andare al cinema, ma lui sembrava assente, imbambolato, ho avuto la sensazione che volesse dirmi qualcosa. Nella hall del Motel mi ha solo detto che avrebbe preso la sua macchina e che ci saremmo visti al cinema Garden. A quel punto io sono andato via con la mia macchina e non l’ho più visto. Quando, successivamente, sono stato interrogato dal pm Abbate a Castrovillari, non ho detto nulla della telefonata perché non mi sono state fatte molte domande. Quell’interrogatorio è durato pochissimo, tanto da lasciarmi sorpreso».
Padovano ha ricordato anche le fasi successive alla morte di Bergamini. «Eravamo a cena – ha detto – saranno state le 19.40 e, visto il suo ritardo, con gli altri compagni abbiamo scommesso che sarebbe arrivato da un momento all’altro mettendo sul tavolo una banconota da 50 per pagare la multa. Invece è arrivato il mister Gigi Simoni e ci ha detto quello che era accaduto. Dopo il funerale, sul pullman della squadra è salita anche Isabella Internò e si è seduta accanto a me. Ricordo che girava una busta bianca con all’interno gli abiti di Denis. Inizialmente l’idea del gruppo era quella di prendere ognuno qualcosa come ricordo, ma poi non se n’è fatto nulla. Isabella Internò a un certo punto ha iniziato a dirmi che non c’entrava niente con la morte di Denis, parole queste che in quel momento mi sono sembrate fuori luogo, ma non gli ho dato molto peso. Mi sono offerto di accompagnarla a casa con la mia macchina. Quando sono entrato a casa sua, mi hanno offerto da bere ma non ho accettato e sono andato via».
«Io e Denis – ha continuato Padovano – siamo andati ad abitare insieme un mese prima della sua morte. Andavamo d’accordo, avevamo un rapporto meraviglioso. Lui era molto riservato ma quando voleva si apriva con me. L’ho sempre considerato un punto di riferimento, un ragazzo professionale. Dopo il mio mancato trasferimento alla Fiorentina di Bruno Giorgi, sono riuscito a riprendermi psicologicamente solo grazie al suo aiuto. Mi diceva: “Sei forte e arriverai in alto lo stesso”. Già durante il ritiro estivo non era più fidanzato con Isabella Internò. Ricordo che una volta mi ha confidato che le piaceva molto ma non poteva stare con lei, non avrebbe mai potuto sposarla a causa di una sua precedente relazione con un ex calciatore del Cosenza, Gabriele Baldassarri, di cui era venuto a conoscenza. Un mese prima di quel tragico evento, Denis mi ha rivelato che qualche anno prima lui e Isabella Internò erano stati in Inghilterra per abortire. In quell’occasione sono passati da Torino dove mi trovavo, ma allora non sapevo nulla dell’aborto. L’ho saputo solo dopo». Incalzato dalle domande dell’avvocato della difesa Angelo Pugliese sul calcioscommesse e sulla droga, elementi emersi nel libro di Carlo Petrini “Il calciatore suicidato”, Padovano ha dichiarato di non confermare neanche una parole di quello che c’è scritto nel testo. «Sono palle inventate da uno psicopatico – ha detto –. Denis era una persona pulita, non si è mai drogato e non si è mai venduto una partita». Padovano ha anche parlato di una vacanza a Riccione insieme a Bergamini, Presicci e Marino nella quale Bergamini sparì per due giorni. «Successivamente – ha affermato l’ex calciatore – mi ha rivelato che in quei giorni aveva incontrato Baldassarri, l’ex di Isabella Internò». Sempre rispondendo all’avvocato Pugliese, Padovano ha descritto Bergamini come un leader silenzioso di quel Cosenza calcio, «era un esempio per tutti».
Oltre a Michele Padovano, sono stati ascoltati anche Maria Lucia Cosentino, Daniela Biondi, rispettivamente ex moglie e cugina del camionista Francesco Forte presente sul luogo della tragedia, l’ex calciatore del Cosenza Gabriele Baldassarri e la maschera dell’epoca dei fatti del cinema Garden, Luigi Fiorito.
Maria Lucia Cosentino ha dichiarato di aver saputo del coinvolgimento dell’ex marito nel caso Bergamini solo dopo aver ascoltato su youtube la registrazione della telefonata tra lo stesso Forte e Donata Bergamini. «Soltanto dopo che gli ho detto di essere stata sentita in procura – ha detto la donna – lui mi ha parlato di quello che ha visto quella sera, compresi i due uomini accanto alla ragazza prima che la spingessero all’interno di una mercedes nera. Mi ha manifestato timore per il suo coinvolgimento nella vicenda perché essendo presente sul posto quella sera, avrebbe potuto essere minacciato da qualcuno. Se non ha parlato subito è perché avrà visto qualcosa di grave e ha avuto paura per la famiglia». La donna ha parlato anche del rapporto tra l’uomo e sua cugina, l’avvocato Daniela Biondi. «Lui (Forte, ndr), la riteneva responsabile del suo coinvolgimento nel caso Bergamini, ma so che i due avevano altri problemi di carattere legale». Problemi chiariti proprio da Daniela Biondi, oggi non più avvocato, bensì cancelliere esperto al tribunale di Paola. «Una volta a pranzo – ha ricordato Biondi – mentre parlavamo di un protesto bancario, mi ha detto che avrebbe voluto parlare col padre di Bergamini perché quel giorno lui si trovava sul posto e secondo lui Bergamini non si era suicidato. Mi ha raccontato tutto e io ho avuto la sensazione che avesse visto qualcosa di più, più che altro perché consideravo la sua paura immotivata. A quel punto, tramite Sergio Crocco del gruppo Facebook “Verità per Denis”, sono riuscita ad avere il numero di telefono di Donata Bergamini. Dopo averle parlato, ho dato il suo numero a Forte che, dopo una lunga attesa, l’ha contattata. Non voleva che il suo nome uscisse, diceva “quello che hanno fatto al ragazzo possono farlo anche a me e ai miei figli”». Dopo la testimonianza di Daniela Bianchi, l’avvocato Pugliese ha chiesto alla donna i numeri di telefono di Donata Bergamini in suo possesso.
Gli ultimi a parlare sono stati Gabriele Baldassarri e Luigi Fiorito. Il primo, ex calciatore del Cosenza calcio nella stagione 1984-85, ha affermato di non aver mai conosciuto né Donato Bergamini né Isabella Internò. «Quando ero a Cosenza – ha dichiarato – ero già fidanzato con quella che oggi è mia moglie». Fiorito, ex maschera del cinema Garden, ha dichiarato di aver parlato pochi istanti con Bergamini poco prima che lasciasse il cinema in quel sabato di novembre del 1989. «Mi ha chiesto a che ora sarebbe finito il film – ha ricordato l’uomo – e che sarebbe tornato in tempo per la fine». (redazione@corrierecal.it)
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