CORIGLIANO ROSSANO La vicenda è per certi versi singolare. Per altri dimostra quanto siano – o siano stati – pressoché infiniti i nostri tesori culturali. “Pezzi” di Calabria antica finiti in collezioni private, reperti storici dal valore inestimabile rinchiusi in teche visibili a pochissimi. Oppure (s)venduti ai musei.
È il caso della conca dell’abbazia del Patire, un fonte battesimale del 1137 finito esposta al Metropolitan Museum di New York.
L’associazione Rossano Recupera, sta avviando una “battaglia” per far tornare quella conca a “casa”. E così il sodalizio ha iniziato a scrivere, ad allacciare tutti i rapporti necessari, anche coi misteri che saranno fondamentali in una ipotetica “vertenza” con uno dei più famosi musei al mondo.
«Il fonte battesimale – spiega lo storico rossanese Martino Rizzo – risale al 1137 e viene ordinato, sotto la dominazione normanna di re Ruggero II, dall’abate del monastero del Patire, Luca. Prime notizia di quest’opera risalgono già a Gregorio Paicentini che nel 1757 parla di iscrizioni scolpite in marmoreo vase quod in templo nostri Coenobi, vulgo Patir noncupati servatur (nel volume De siglis veterum Græcorum opus posthumum et De Tusculano Ciceronis nunc crypta-ferrata d. Basilii Cardoni … disceptatio apologetica, Romae 1757)».
Il fonte battesimale, in marmo bianco, è di forma emisferica allungata su base unica circolare e misura 67,31 cm di altezza e un diametro di 62,23. La profondità del bacino è di cm 35 e lo spessore del labbro è di cm 4,5.
«Sull’orlo superiore è incisa in caratteri greci un’iscrizione. Il tutto si collega a una cultura scultorea medievale legata alle grandi tematiche teologiche e simboliche del battesimo, morte e rinascita dell’uomo in Cristo. In seguito alla legge 13 febbraio 1807 sulla soppressione degli ordini monastici – prosegue Rizzo – nel 1809, con Luigi Bonaparte sovrano del Regno delle Due Sicilie, l’abbazia del Patire, dove era collocato il fonte battesimale, viene soppressa e il suo patrimonio e i suoi beni messi in vendita e acquistati da Giuseppe Compagna, barone, proprietario del castello di Corigliano Calabro. Compagna e i suoi discendenti dedicano molte risorse al restauro e abbellimento del castello che viene riempito di tante opere d’arte, anche provenienti dal Patire. Tra queste opere vi è da annoverare anche il fonte battesimale, come riferisce a voce Francesco Compagna, discendente del barone Giuseppe a Giuseppe Cozza-Luzi che era un monaco basiliano, grande studioso dell’epoca bizantina (fu abate di Grottaferrata dal 1879-al 1882, vicebibliotecario della Vaticana (1882), presidente della Società romana di archeologia cristiana; autore di vari studi di paleografia, storia, archeologia, teologia e liturgia)».
De fonte battesimale, nel frattempo se ne perdono le tracce. Il celebre archeologo italiano Paolo orsi, nel 1929 con il suo libro Le chiese basiliane della Calabria (Firenze, Ed. Vallecchi, pag. 142), parla di una perduta conca marmorea proveniente dal Patire.
«Una prima notizia rispetto alla sua nuova collocazione – sottolinea ancora Martino Rizzo – la si deve a Georg Pudelko che col suo lavoro Romanische Taufsteine (Berlino 1932), dedicato a un’ampia panoramica sulle fonti battesimali in Europa, racconta come sia conservata al Met di New York e proveniente da “Santa Maria del Patos in Calabria”. Il fonte battesimale era arrivato al Museo di New York nel 1917 come donazione del famoso banchiere J. Pierpont Morgan che lo aveva acquistato in Italia dalla famiglia Compagna. Sulla scia di questa notizia e sulla consultazione del catalogo della collezione Pierpont Morgan del 1929, la studiosa Emilia Zinzi pubblica nel 1985 un lavoro su “La conca del Patirion (1137). Un recupero e alcune considerazioni sulla cultura figurativa dei monasteri italo-greci del Sud in età normanna, [in Studi in onore di Paolo Orsi (Rivista Storica Calabrese, NS VI 1985, nn. 1-4,431-439]. Da qui la vasta eco – conclude Martino Rizzo – alla circostanza che il fonte battesimale, di cui si erano perse le tracce, è in bella vista a New York».
«L’obiettivo dell’associazione Rossano Recupera oggi – spiega il presidente Gino Campana – è quello di riportare a casa la conca, dov’è stata custodita per oltre 700 anni. La conca è finita al Met in maniera lecita, almeno così suggeriscono le nostre ricerche. La conca è stata realizzata qui e qui vorremmo che faccia ritorno».
«Stiamo per inviare una lettera-appello, firmata da quattro associazioni culturali tra cui la nostra, dal sindaco di Corigliano Rossano, Flavio Stasi e l’arcivescovo mons. Maurizio Aloise, indirizzata ai ministeri, al Comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale. La nostra intenzione è iniziare a smuovere la questione per far tornare la conca nel suo luogo originario» (l.latella@corrierecal.it)
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