CATANZARO C’è chi è rimasto sorpreso, c’è però anche chi se lo aspettava perché aveva percepito dei segnali. Nel sempre variegato e contraddittorio mondo del M5S la decisione dell’ex parlamentare Massimo Misiti di lasciare l’incarico di coordinatore regionale del Movimento è vissuta in queste ore con stati d’animo diversi e anche contrastanti. Un solo dato sembra accomunare i pentastellati nei commenti “a caldo” dell’addio di Misiti: quale sarà il futuro del M5S in Calabria? Un interrogativo che tanti si pongono perché molti concordano sulla “lettura” personale e professionale della rinuncia di Misiti, chiamato a impegni sempre più gravosi nel campo sanitario in cui opera ed è particolarmente apprezzato. Ma molti altri in realtà, sia pure sottotraccia, non possono fare a meno di mettere in relazione il dietrofront di Misiti anche con dinamiche politiche legate all’azione del Movimento a livello regionale.
All’atto della conclusione della passata legislatura Misiti, uno dei fedelissimi del capo politico Giuseppe Conte, aveva deciso di non ritentare la candidatura al Parlamento optando per il ruolo di (ri)costruttore del Movimento 5 Stelle in Calabria. L’obiettivo di Misiti era quello di strutturare finalmente i pentastellati con un a organizzazione degna di un partito che solo a fine settembre, a dispetto delle negative previsioni della vigilia, in Calabria aveva registrato un boom elettorale notevole, portando al parlamento 4 deputati e un senatore, un boom evidentemente spinto dall’appeal di Conte e dagli effetti del reddito di cittadinanza ma non solo da questi fattori. Secondo quanto si apprende da fonti interne al M5S, però, il compito di Misiti si sarebbe scontrato con una realtà molto complessa, quale del resto storicamente è quella dei grillini. In pratica – dicono i bene informati – il lavoro di Misiti per organizzazione e radicare il M5S sul territorio avrebbe incontrato parecchie resistenze, a conferma dell’idiosincrasia di una base che non ama essere ingabbiata in rigidi schemi anche organizzativi, e non ama essere ingabbiata – dice qualche maligno – soprattutto “a gratis”… Malignità o meno, in effetti il dato a oggi è un M5S che in Calabria malgrado gli sforzi di Misiti non ha organigrammi, ruoli e sedi definiti e ha una rappresentanza istituzionale non particolarmente dialogante al suo interno soprattutto non dialogante con la base.
Un partito sempre e solo liquido, probabilmente ancora nemmeno un partito, in Calabria almeno… In ogni caso, la rinuncia di Misiti ora apre una nuova fase di incertezza nel M5S, che a livello regionale è eterna “incompiuta” ed eterna incognita: si aspettano sotto questo aspetto le mosse di Conte, che – si dice – sarebbe rimasto anch’egli soppresso per la decisione del suo delfino. Tra i “papabili” a diventare il prossimo coordinatore regionale vengono già annoverati dai “bene informati”, tra gli altri, l’europarlamentare Laura Ferrara, Anna Laura Orrico (l’unica capace di strappare un collegio in Calabria al centrodestra alle Politiche, e già sottosegretaria con Conte premier) e Riccardo Tucci (che negli ultimi tempi con Misiti ha fatto spesso “ticket”). C’è anche chi evoca la suggestiva ipotesi Paolo Parentela, due volte deputato M5S e non ricandidato per la regola del divieto del terzo mandato ma che a differenza di tanti altri non ha mai messo in discussione la sua ortodossia per ragioni di convenienza politica. In tanti però molto prosaicamente guardano alle mosse di Vittoria Baldino, la vicecapogruppo M5S alla Camera, originaria calabrese e in Calabria eletta a settembre alle Politiche, probabilmente tra le più vicine oggi a Conte, che sicuramente avrà voce in capitolo, e una voce probabilmente decisiva, per designare il prossimo leader pentastellato in Calabria. Che, in ogni caso, fin da adesso si può prevedere non avrà né un lavoro facile né vita facile, dovendo gestire un M5S zeppo di problemi, tra cui quello dello scollamento tra gli eletti, al Parlamento ma anche alla Regione, e gli attivisti. (c. a.)
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