LAMEZIA TERME Un ritorno a casa nella sua Lamezia Terme che è coinciso, a luglio del 2021, con il nuovo ruolo di presidente del Tribunale, chiamato a ricoprire un compito che già 15 anni prima era stato ricoperto dal padre, Giulio, al quale tra l’altro è stata intitolata l’aula più importante. Un ambiente, quindi, che per Giovanni Garofalo ha la dimensione di una casa, di una famiglia. Una guida che, in quest’ultimo anno e mezzo, ha rappresentato spesso un’ancora di salvezza per evitare di navigare a vista in un mare in tempesta, tra emergenza Covid e il fermento della giustizia italiana e calabrese. Ma, nonostante tutto, per Garofalo «il bilancio del Tribunale di Lamezia Terme è assolutamente positivo, e non serve certo una mia difesa d’ufficio».
Il presidente Garofalo, intervistato dal Corriere della Calabria, ci ha prima accolti nel suo studio, poi ha tracciato un bilancio del 2022, proiettandosi inevitabilmente verso il futuro e un nuovo anno ricco di insidie, certo, ma anche di tante sfide stimolanti. «Con la pandemia – ci racconta – siamo stati costretti a mutare il nostro modo di approcciarci ai processi, principalmente a quelli di natura civile che si svolgono prevalentemente in trattazione scritta. Si trattava di una norma che era stata concepita per la pandemia ma che è stata poi resa definitiva per effetto della riforma Cartabia». «Il modello organizzativo necessariamente si è dovuto adeguare a questo tipo nuovo tipo di strategia e lo stesso vale per il penale che è per lo più un processo orale ma anche qui sono stati necessari adeguamenti sia per effetto della riforma sia per effetto delle nuove strategie processuali».
Secondo il presidente Garofalo, quindi, il resoconto del 2022 è positivo ma c’è però un focus maggiore anche da parte del Governo e dell’Europa sulla giustizia, «molti finanziamenti – spiega – sono stati devoluti alle esigenze dei Tribunali e all’abbattimento dell’arretrato e quello di Lamezia non ha fatto eccezione. Abbiamo avuto innanzitutto un incremento dei magistrati, ovviamente non dipende dal Pnrr ma da un’apertura di credito che il Csm ha voluto offrirci, e attualmente abbiamo una copertura del 100% dell’organico, parlo del Tribunale, cosa che in passato non era mai avvenuta anche se perderemo una validissima unità di qui a poco. Ma, ripeto, rispetto alle vacche magre del passato non possiamo lamentarci, anche se ovviamente non basta poi avere una personale magistratuale adeguato, bisogna organizzarlo secondo i profili. Io ne sono responsabile e propongo quella che è la mia ricetta e spero sia quella giusta». «Penso – ha spiegato Garofalo – che sia sempre opportuno proporre dei profili organizzativi, anche in questo caso non si fa eccezione, stessa cosa per ciò che riguarda unità di personale e personale amministrativo: eravamo in precedenza 40 su 51 adesso abbiamo una copertura anche a tempo determinato molto maggiore. I presupposti ci sono per lavorare bene, ma è la cittadinanza a doverci giudicare e spero che la valutazione sia positiva anche per i servizi perché è importante far capire come si lavora e quanto sia complicato lavorare. Noi ce la stiamo mettendo tutta per lavorare bene».
La macchina “giustizia” ha risentito ovviamente dello stop di qualche mese fa legato all’emergenza pandemica, aggravando un quadro di per sé già connotato da una certa lentezza. Secondo il presidente Garofalo, quindi, «bisognava riprendere tempi che già all’epoca si erano già allungati» ma è necessario comprendere che «il processo civile mediamente a Lamezia Terme ha una durata di circa quattro anni quindi siamo nella media nazionale. Questo però non dipende dai magistrati ma anche dal carico di lavoro, dall’arretrato. L’Europa ci chiede dei risultati proprio per il riconoscimento dei vari ratei e per il mantenimento di una struttura che adesso funziona. Ci chiede sia l’abbattimento dell’arretrato numerico percentuale, sia la riduzione del cosiddetto “disposition time” ovvero il tempo medio di durata della Giustizia».
Il presidente Garofalo, però, ci tiene a precisare: «Per un cittadino che ha ragione o ritiene di aver ragione, un cittadino che attende un risarcimento o soprattutto un imputato che è innocente, ridurre i tempi della giustizia da 4 anni a 3 o 2 anni è sempre poco perché il tempo giusto per il cittadino è un giorno, un’ora, un secondo. Quindi si può fare tanto per ridurre i tempi della giustizia, si può fare molto di più per un servizio che sia il più possibile efficiente attraverso le cancellerie aperte che possono funzionare bene attraverso meccanismi organizzativi che possono sempre concedere al cittadino la migliore sensazione possibile. Abbiamo arretrati spaventosi che ci trasciniamo dagli anni scorsi, specie nel tribunale di Lamezia Terme». Per queste ragioni, sostiene ancora Garofalo, si tratta di uno sforzo tanto importante quanto decisivo. «A cominciare dalla riduzione dei tempi della giustizia, poi il miglioramento del servizio e una percezione migliore del cittadino del servizio giustizia in sé al di là di come debba andare poi il processo». «Bisogna elevarsi e fare levare alte grida di contestazione e di protesta se il processo dura troppo. Del processo bisogna accettarne l’esito anche se sfavorevole, non bisogna mai accettare e non l’accettiamo neanche noi la durata eccessiva dei tempi della giustizia».
Dalla possibilità che il Tribunale di Lamezia Terme fosse chiuso di tempo ne è passato. Anni che hanno al contrario accentuato il ruolo centrale, e spesso cruciale, di un presidio dal quale dipende un bacino di utenza molto ampio, oltre a rappresentare un baluardo di giustizia e legalità imprescindibile in una città come Lamezia Terme. «Sono lametino, non sono nato qui, ma ho sempre vissuto in questa città, c’è un trascorso che ha portato questo Tribunale ad avere anche il mio nome, quindi ho sempre rivendicato con orgoglio l’appartenenza alla città di Lamezia e con orgoglio rivendico la possibilità di poter lavorare, e se è possibile bene» sostiene Garofalo che sottolinea ancora: «Il Tribunale di Lamezia è già centrale, ma deve esserlo non soltanto come modello per gli altri tribunali di medesime dimensioni e di medesimo contesto territoriale, altrimenti è destinato a “morire” se non avrà una sua appetibilità che, tradotto, vuol dire dare la possibilità a persone che intendono lavorare bene e di poter scegliere tra tante opzioni lavorative, proprio questo presidio per poter iniziare e proseguire il proprio percorso professionale. Questa è la vera sfida perché con il turnover continuo il magistrato di prima nomina è legittimato a restare per soli tre anni, dopodiché ha tutto il diritto di poter ritornare a proseguire il proprio percorso a familiare professionale presso altre sedi». Ma non è tutto rose e fiori. Perché, spiega il presidente, il Tribunale lametino si compone di 17 unità e attualmente, come pianta organica, è assolutamente sottodimensionato. «Ho sempre indicato dei numeri: il tribunale di Paola è tra quelli del distretto della Corte d’Appello di Catanzaro che ha le nostre stesse dimensioni come pianta organica e anche un bacino di utenza pari al nostro. Ci sono, invece, altri tribunali come per esempio Palmi e Locri che hanno, meritatamente e lo dico sempre, organici assai superiori ma sia chiaro, non è il loro organico ad essere ingiustificato, è il nostro che non si può giustificare».
E poi c’è il legame strettissimo con la Procura distrettuale di Catanzaro, quella Dda guidata dal procuratore Nicola Gratteri che con la Procura lametina e il Tribunale rappresentano un sistema sinergico fondamentale per la lotta alla criminalità e ai clan di ‘ndrangheta locali. «La giustizia penale – ci spiega Garofalo – oltre a far notizia è importante anche per garantire una sicurezza di base sul territorio e quindi assicurare alla giustizia coloro i quali questa sicurezza la mettono a repentaglio. La giustizia, quella con la “g” maiuscola è tante altre cose, è il servizio anche minimale del cittadino perché la giustizia civile è forse uno dei nodi principali non solo del tribunale di Lamezia Terme ma dei tribunali di merito di primo grado».
Una gestione che va di pari passo con le richieste attuali: «I numeri ora hanno la loro importanza perché bisogna riuscire ad affrontare il nostro lavoro anche sapendo quello che c’è sui nostri ruoli, si chiede anche uno sforzo organizzativo e statistico, e ho percepito questa novità, come lavorare in staff e con la conoscenza più approfondita anche statistica, come un lavoro più organizzato rispetto al passato perché il magistrato non può essere più soltanto la persona solitaria che si richiude nelle proprie stanze, ma deve lavorare in staff e conoscere il proprio ambiente per poter decidere adeguatamente tutte le varie dinamiche». «Organizzazione e digitalizzazione – conclude il presidente Garofalo – sono le nuove sfide per il miglioramento dei servizi. Anche questa è una sfida che voglio raccogliere e spero di poterla vincere in un futuro neanche tanto lontano». (g.curcio@corrierecal.it)
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