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I lavori degli Anello nel resort e il “problema” dei rifiuti: l’eternit sversato a Sant’Onofrio e nel lago Angitola

In aula bunker ricostruiti gli episodi legati ai lavori del resort “Galìa” e la gestione di enormi quantità di materiale, anche pericoloso

Pubblicato il: 11/01/2023 – 13:33
di Giorgio Curcio
I lavori degli Anello nel resort e il “problema” dei rifiuti: l’eternit sversato a Sant’Onofrio e nel lago Angitola

LAMEZIA TERME Da gennaio 2017 ad agosto 2020. È il periodo che coincide con le indagini della Dda di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, confluite nella maxinchiesta “Imponimento” contro il clan di ‘ndrangheta Anello-Fruci. In questi tre anni e mezzo il maresciallo Antonio Piscazzi, in servizio al Nucleo di Polizia Economica e Finanziaria della GdF di Catanzaro si è concentrato, in particolare, dei reati inerenti alla tutela dell’ambiente. E la sua testimonianza è stata resa in aula bunker nel corso del processo in corso davanti ai giudici nel corso dell’udienza presieduta da Angela Silvestri.

I lavori per il resort Galìa

Interrogato dal pm Antonio De Bernardo, Piscazzi si è concentrato in particolare sul materiale prodotto in un particolare cantiere, quello del Resort “Galia” di Pizzo, nel Vibonese, su cui stava operando la ditta di Francescantonio Anello ma, di fatto, gestita dal boss Rocco Anello (cl. ’61) – condannato già in abbreviato a vent’anni – e sversato illecitamente. «I lavori di questo resort – spiega il maresciallo in aula – erano stati commissionati da Vincenzo Renda, l’avvocato imprenditore già condannato a 4 anni e 10 mesi. Aveva dato questo incarico alla ditta di Francescantonio Anello» (condannato a 15 anni e 8 mesi ndr). Attraverso uno spyware installato sul telefono di Daniele Prestanicola (condannato già a 16 anni e due mesi) «abbiamo ricostruito un incontro del 21 luglio 2017, presso il cantiere di Pizzo, in località Marinella, al quale prendevano parte Rocco Anello, Francescantonio Anello, Daniele Prestanicola, Vincenzo Renda e un altro soggetto poi non indagato». E il maresciallo descrive i dettagli dell’incontro. «Renda commissiona i lavori da effettuare, e tra l’altro parlano proprio di eternit presente sul cantiere» e Renda «conferma che andava rimosso tutto, tutto quello che c’era. “Dovete azzerare tutto” diceva e in particolare il cemento, ma parlano anche di baracche abusive abbandonate». Nel corso dell’incontro Renda parla di “portare tutto a livello strada” sebbene non si trattasse di normali rifiuti da cantiere o sbancamenti dove c’è solo terra, «parliamo proprio di ripulire completamente tutta la zona, di tutto quello che c’era, anche una cassetta Telecom, forni, alberi, fili elettrici, recinsioni». Il disegno del gruppo criminale era ben chiaro: utilizzare un’azienda a sua insaputa per fatturare lo smaltimento effettuato da D’Amico perché, in caso di controlli delle forze dell’ordine, attraverso una falsa certificazione «la ditta doveva apparire come aver fatto i lavori» all’insaputa del titolare.

Il problema dei rifiuti pericolosi

Dopo aver proceduto ad un primo sbancamento, e dopo aver rimosso i primi pannelli e altro materiale, si presenta il problema dello smaltimento. È Il 26 luglio quando Prestanicola riceve una telefonata da parte di Francesco Conidi, con il boss Rocco Anello che in sottofondo «gli suggerisce quello che doveva dire a Prestanicola». «Conidi dice: noi siamo là sotto a Pizzo, là sotto alla Marinella». Nel pomeriggio, poi, avviene l’incontro sul cantiere dove Prestanicola incontra Rocco Anello, Francesco Conidi, Francesco Cosmano, Angelo Galati e Romeo lelapi (condannato anche lui a 14 anni e 10 mesi). «Prestanicola proponeva – spiega in aula bunker il maresciallo – di lasciare il camion provvisoriamente così, carico, per poi sversarlo da qualche parte e scavare una buca dove metterlo». «Rocco Anello – racconta il maresciallo – invece gli propone di macinare i rifiuti nel mulino del proprio impianto di produzione e mischiarlo con gli altri aggregati per produrre cemento, però Prestanicola trova una scusa, dice che non aveva spazio sufficiente a disposizione, che si sarebbero visti rifiuti e che poi si vedrà, nelle successive captazioni, che lui non voleva rischi, non voleva mettere nel memento questa roba». Rocco Anello propone così di lasciarlo nei pressi di una cava, di abbandonarlo su una cava «e poi dice addirittura nella parte bassa del Comune di Maierato, vicino al terreno di un loro amico, detto Schepis».

Eternit da sversare

Si parla di «686 metri cubi di materiale, quindi sono tantissimi, sono 49 camion di roba, non è il camioncino che poi doveva fatturare D’Amico» e Prestanicola pensa di scavare una buca vicino alla proprietà di Nicola Antonio Monteleone vicino ad un fiume, nei pressi del lago Angitola. «Non se ne farà nulla – spiega il maresciallo Piscazzi – e allora Prestanicola si ricorda dove aveva buttato altri rifiuti, in una pineta nella zona di Sant’Onofrio». «Prestanicola insieme a Nicola Antonio Monteleone e Angelo Antonio De Renzo andavano da un certo Michele, in un centro di smaltimento. Prestanicola gli dice “guarda, Rocco ti sta mandando un camion di…”, e non glielo vuole dire praticamente. E questo Michele dice: ma chi? E Prestanicola dice: Rocco. E poi proprio gli specifica: di eternit. E Michele dice: no, l’eternit non lo posso trattare, e quindi cerca di convincerlo in tutte le maniere, Prestanicola, però lui, questo Michele, sapendo di quello che stavano parlando, si rifiuta categoricamente».

Lo sversamento nella pineta

Lo sversamento avverrà poi il 26 luglio, così come ricostruito dagli inquirenti e ricostruito in aula dal maresciallo. «Prestanicola riceve una telefonata da Angelo Galati, con cui si accorda per cominciare a smuoversi per questo sversamento (…) si incontrano Prestanicola, Galati e Francesco Conidi nei pressi del Carrefour di Maierato, e là Prestanicola comincia a dare le indicazioni, indicazioni che serviranno anche a noi per trovare poi i rifiuti». E Piscazzi in aula ricostruisce il dialogo tra i protagonisti dello sversamento. «Prestanicola dice a Galati “la vedi la strada qua al Carrefour? Io vado avanti. Vado, se non c’è nessuno. C’è quella traversa che scende sotto, che va a Sant’Onofrio, Filogaso” e poi continua con le indicazioni: “c’è una traversa a sinistra che scende sotto, si esce sulla strada che va a Filogaso, vedi che la strada per Filogaso, c’è una traversa a destra. Ti sto spiegando la strada per andare tutti e due. Ci sta il bivio a destra che va a Vazzano, per Vazzano (…) entriamo nella stradella, questa è la stradella che poi troveranno nella pineta, devi camminare. Quando arrivi, ribalti tutto e ce ne andiamo”». Il gruppo è in allerta perché si trattava di un carico importante. E il dialogo tra Prestanicola e Conidi è esemplificativo: si parlava, infatti, di trecento metri quadri di eternit, per giunta eternit rotto, rovinato, manco integro. «Quello, praticamente, come lo buttavano, tutto quanto andava nella falda acquifera. Quindi procedono verso la pineta e Prestanicola diceva a Galati “guardiamo che non ci sia qualcuno che ci pizzichi là dentro” e quindi arrivano nella pineta». Alle 18.17 del 26 luglio 2017 arriva anche Galati e i tre insieme percorrono questa strada sterrata per meno di un minuto. Alle 18.18 lo spyware fa sentire i rumori del materiale che viene scaricato, si sentono proprio i rumori del materiale e in quel momento si trovavano nella pineta tra i Comuni di Sant’Onofrio, Filogaso e Vazzano. «Grazie a questi dati – spiega il maresciallo – poi abbiamo trovato i rifiuti, abbiamo fatto la stessa strada, con lo stesso tempo, abbiamo fatto, seguendo il loro audio, dopo tre anni, a maggio 2020». 

Il secondo carico di rifiuti

Il gruppo organizza poi un secondo carico di rifiuti da scaricare per il 24 agosto 2017. «Prestanicola – spiega il maresciallo – arriva al capannone nei pressi del lago Angitola dove Galati lo attendeva, ferma il veicolo pesante e fa salire a bordo lo stesso Galati. I due si chiedevano se convenisse andare a scaricare dietro le canne, intendevano un luogo dove non c’era nessuno. Prestanicola rispondeva che l’avrebbero fatto in qualsiasi posto, usano l’espressione “‘ncuna vanda” tanto non c’era problema, non c’era nessuno». I due arrivano nei pressi del lago, Prestanicola ferma il veicolo e chiede a Galati dove buttare il carico. «E poi si sente praticamente questo materiale da risulta che cade dal furgone». La preoccupazione del gruppo, e in particolare di Rocco Anello, era quella di sversare il materiale lontano dal capannone di Monteleone, altrimenti avrebbero potuto sequestrare l’area nel corso di un controllo. «Non è che gli diceva “non li buttare nel fiume perché poi resta nell’acqua il cemento” oppure “non li buttiamo nel fiume perché inquiniamo”, no. La loro preoccupazione era il sequestro non l’ambiente». (g.curcio@corrierecal.it)

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