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L’APPROFONDIMENTO

Bonacci: «La pandemia ha fatto comprendere che bisogna dotare meglio gli ospedali»

Il dirigente fisico medico dell’Asp di Catanzaro e responsabile al Policlinico: «L’innovazione dovrebbe essere adottata più spesso»

Pubblicato il: 19/02/2023 – 9:28
Bonacci: «La pandemia ha fatto comprendere che bisogna dotare meglio gli ospedali»

LAMEZIA TERME «Il fisico medico ha un ruolo tale da non avere molti contatti con i pazienti, ma ha un contatto continuo con i medici che utilizzano la fisica, quindi le radiazioni, specialmente nell’utilizzo diagnostico». Un contatto quotidiano che serve «sia per perfezionare le tecniche, sia per verificare che le tecniche in uso mantengono standard accettabili più elevati possibili, tali da essere sempre giustificati rispetto alla procedura». Le competenze del fisico medico, una figura poco conosciuta ma che svolge all’interno delle strutture sanitarie un ruolo fondamentale per valutare l’efficacia di macchinari e procedure diagnostiche e di intervento al fine di prevenire eventuali rischi per i pazienti. Tanti gli argomenti affrontati nel corso dell’ultima puntata di “Salute e Sanità”, il format de L’altro Corriere Tv, andato in onda ieri sera. Ospite di Soave Pansa il dottore Francesco Bonacci, dirigente fisico medico dell’azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro e responsabile del settore per il Policlinico di Germaneto.

Il ruolo del fisico medico

Per fare il fisico medico bisogna «laurearsi in fisica, una laurea specialistica, che poi dà accesso alla specializzazione in fisica medica, presso una facoltà di medicina», ha spiegato Bonacci rispondendo alle domande sul percorso da fare per diventare fisico medico. «Il fisico medico ha un ruolo tale da non avere contatti con i pazienti, perché il paziente lo vede raramente, piuttosto ha un contatto continuo i medici che utilizzano la fisica, quindi le radiazioni, specialmente nell’utilizzo diagnostico, con i quali ha un contatto quotidiano che serve sia per perfezionare le tecniche, sia per verificare che le tecniche in uso mantengono degli standard accettabili più elevati possibili, tali da essere sempre giustificati rispetto alla procedura». Per sottoporre un paziente a una indagine radiodiagnostica, o a una terapia radiodiagnostica e una radioterapia, è «necessario che questa pratica sia “giustificata”». «Si deve valutare se quella prestazione possa in qualche modo arrecare un nocumento al paziente, che sia non bilanciato con i benefici che ne trae». «È chiaro – ha spiegato lo specialista – che le pratiche mediche abituali sono tutte giustificate per definizione, e se sono in uso, sono tutte giustificate. Capitano però dei casi particolari in cui bisogna trovare una giustificazione rispetto a un maggior nocumento che potrebbe portare alla diagnostica. Per esempio, – ha aggiunto – una donna incinta che ha una frattura del bacino, si sottopone a una diagnostica radiologica, esponendo anche il feto a una dose di radiazioni, o non lo si fa? Il fisico collabora con il radiologo, oppure con il medico nucleare, per stabilire se vi è questa giustificazione».

Le verifiche sui macchinari e sulle procedure

Fondamentale poi il lavoro svolto per verificare l’efficacia degli strumenti utilizzati, che devono rientrare all’interno di determinati standard. «Noi dobbiamo sempre verificare che le macchine siano all’interno di un range di accettabilità, che parte da un minimo, che è l’ottimo, e ha un massimo, che il caso in cui la macchina si dichiara definitivamente obsoleta e non più in grado di erogare quel servizio perché il costo che darebbe quel servizio in termini di invasività del paziente con la radiazione, diventa superiore al beneficio che se ne vuole trarre». Non solo verifica sulle macchine, ma anche sulle procedure, che spesso si dismettono per utilizzarne altre meno invasive. «Per esempio, il caso dell’osteoporosi. Una volta si faceva una tac al bacino per valutare la densità ossea. Oggi ci sono dei mezzi alternativi, quanto meno per lo screening con gli ultrasuoni».
Lo scopo è «ottenere il massimo del beneficio, e quindi la chiarezza della lettura diagnostica, con il minimo dosaggio di radiazione. Si fanno i controlli di qualità diagnostica della macchina ciclicamente». 
«La nocività della radioattività, quando è nociva, – ha spiegato il dottore Bonacci – è strettamente correlata all’intensità dell’esposizione, al tempo di esposizione e alla distanza dalla sorgente di radiazioni. Questi sono i tre parametri su cui noi dobbiamo ottimizzare le prestazioni: la durata deve essere più breve possibile, l’intensità, rispetto alla qualità d’immagine, la più bassa possibile. E poi c’è la distanza, questo vale non per il paziente, ma per l’operatore che deve cercare una posizione che sia la più lontana possibile rispetto a ciò che sta facendo. L’interventista – ha aggiunto – è esposto alla radiazione riflessa dal corpo del paziente, non a quella che viene dalla macchina. La figura del fisico medico nasce per ottimizzare le procedure rispetto al paziente, ma non per la sicurezza dei lavoratori, affidata invece ad altre figure: gli esperti di radioprotezioni».

Quando un’apparecchiatura viene considerata obsoleta? 

«Più lo sviluppo corre, più l’obsolescenza si ha a un’età più giovane della macchina, perché soprattutto è in funzione della innovazione tecnologica», ha detto lo specialista che ha aggiunto: «Normalmente una macchina non dovrebbe durare più di dieci anni, perché in dieci anni si ha un miglioramento essenziale rispetto alle macchine. Una macchina di dieci anni fa non ha le prestazioni, anche in termini di qualità, di una macchina di oggi».
Focus, quindi, sulla situazione degli ospedali calabresi. «L’innovazione dovrebbe essere adottata più spesso negli ospedali, e infatti gli ospedali più noti in Italia hanno un ricambio delle macchine biennale o triennale. In Calabria siamo un po’ meno fortunati da questo punto di vista perché stiamo sperando di uscire fuori da dodici anni di blocco totale della sanità. Dodici anni di commissariamento e di piano di rientro». In una situazione del genere, spiega lo specialista, «vengono comprate quelle assolutamente necessarie. Si è sostituita la macchina che andava fuori dal range di qualità, quella dichiarata obsoleta e non più riparabile, ma si è tentato di far sopravvivere tutte quelle che potevano funzionare. Magari le aziende che hanno più sedi hanno spostato le macchine meno performanti nelle sedi più periferiche, non per discriminare, ma perché c’è un flusso di pazienti minore». Una situazione che il Covid ha acuito e messo in particolare risalto. «La pandemia, – ha spiegato il dottore Bonacci – di cui abbiamo tanto discusso in questi anni, forse ha fatto comprendere che bisogna dotare meglio gli ospedali. Per esempio, durante la pandemia hanno finanziato le aziende per acquistare delle tac in urgenza perché la tac era uno dei metodi diagnostici che riusciva a intervenire subito rispetto alle polmoniti bilaterali interstiziali».

Come come si diventa fisico medico? 

Per fare il fisico medico bisogna «laurearsi in fisica, una laurea specialistica, che poi dà accesso alla specializzazione in fisica medica, presso una facoltà di medicina», ha spiegato Bonacci. In Calabria ci sono circa 15 fisici medici in totale, «ma la richiesta è molto più ampia». «In Calabria – ha detto Bonacci – abbiamo un’ottima facoltà di fisica all’Università di Cosenza che ha avuto anche dei riconoscimenti internazionali. C’è anche in progetto di fare una scuola di specializzazione in fisica medica, che richiede però la presenza contemporanea della facoltà di fisica e della facoltà di medicina. La fisica, – ha spiegato infine lo specialista – anche la fisica delle radiazioni, compare spessissimo anche nell’industria e nell’ambiente, per cui lo spazio per i giovani che volessero intraprendere questa strada, c’è nell’ambiente, nell’industria e in sanità».

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