LAMEZIA TERME Tra gli indagati, accusati dalla distrettuale antimafia di Catanzaro di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, ci sono esponenti legati al clan Giampà, come i Galiano che compravano lo stupefacente all’ingrosso dai reggini ma anche da famiglie romane vicine ai Casamonica come i Lupparelli di Tor Bella Monaca.
Dai Galiano, a loro volta, si rifornivano i rom che rivendevano – racconta l’indagine eseguita dalla Guardia di finanza di Lamezia Terme – la droga al dettaglio dal loro fortino nel quartiere Ciampa di Cavallo.
Ma, secondo l’accusa, a fare acquisti dai Galiano c’erano anche esponenti della “Lamezia bene” capaci di comprare 20/25 grammi di cocaina per volta o 5 grammi di cocaina alla settimana.
Secondo la Dda, Pierrosario Munizza, 47 anni – proprietario di quote societarie del noto stabilimento balneare/discoteca “Cool Bay” e marito di una consigliera comunale di Lamezia Terme – avrebbe comprato la cocaina da Antonio Perri – detto “Coccio d’olivo”, 36 anni, uomo di fiducia di Antonio Galiano – per immetterla sul mercato al dettaglio. Nel capo di imputazione che li riguarda si parla del fatto che Antonio Perri «deteneva imprecisati quantitativi di sostanza stupefacente di qualità sconosciuta, parte della quale, in quantitativi di 5 grammi a settimana, cedeva a Pierrosario Munizza, il quale la riceveva per la successiva attività di spaccio».
Secondo l’accusa anche Giuseppe Sauro, 42 anni, appartenente a una nota famiglia lametina, avrebbe comprato droga da Antonio Perri «in quantitativi fino a 20 grammi» per immetterla sul mercato al dettaglio. In merito i finanzieri hanno captato le conversazioni di Antonio Perri che asseriva a settembre 2019: «lo a Pietro Munizza, a Pietro Munizza non lo posso acchiappare più…, Pietro Munizza ne caccia 5 a settimana…”; “che io là ho puntato e sono a posto…..se prendo a quello un’altra volta io sono a posto… Lo sai come sono? Un Re…! Se mi posso prendere un’altra volta a Pietro, sono a posto! Solo a quello devo prendere io e non mi serve più nessuno». Poi Perri citava anche Giuseppe Sauro: «lo a 2 persone voglio: a Pino Sauro che tornano da me… Solo due persone voglio… a lui e a Pietro Munizza, basta!».
Gli inquirenti annotano anche che «Perri riferiva che Pino Sauro era un solido cliente, in quanto acquistava stupefacente con regolarità, pretendendo consegne di anche oltre 20 grammi di narcotico, e tempestivamente pagava i debiti, sebbene avesse il vizio di contattarlo in piena notte».
Nei confronti dei due indagati, Munizza e Sauro, la Dda aveva chiesto «la misura cautelare in carcere» ritenendoli acquirenti dello stupefacente ma anche spacciatori.
Un scelta non condivisa dal gip – che non ha concesso la misura – secondo il quale, da quanto emerso, «non si ricava con sufficiente evidenzia indiziaria che le cessioni effettuate dal Perri nei confronti del Munizza e di Sauro fossero finalizzate alla successiva cessione a terzi da parte di questi ultimi».
I due appaiono al giudice più assuntori che spacciatori. Per esempio, nel corso di una conversazione con Battista Onorato (altro uomo alle dirette dipendenze del capo Antonio Galiano), quest’ultimo riferisce a Perri che Sauro fosse assuntore di cocaina. Mentre la frase che Perri riferisce a Munizza: «Me ne caccia 5 a settimana», se per la Dda ha il significato questi fosse «un ottimo pusher» che «acquistava abitualmente narcotico da Antonio Perri, ma non per il proprio consumo personale, bensì per spacciarlo a sua volta», per il gip la frase «non assume un significato univoco nel senso di evidenziare una successiva attività di cessione di Munizza, potendo intendersi anche come acquisti di quest’ultimo per consumo personale». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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