Dal Vecchio Continente alle Americhe, dall’Oceania e ora anche all’Africa. Una «vocazione transnazionale» sempre più marcata, sfruttando le rotte della droga, le “maglie larghe” delle legislazioni antimafia e dei sistemi finanziari dei paesi stranieri e i “paradisi fiscali” che all’estero abbondano. La ‘ndrangheta tentacolare e oramai sempre più globale trova un’ulteriore conferma ed emerge plasticamente dall’ultima relazione semestrale della Dia, che “mappa” con estrema precisione le dinamiche che portano le cosche calabresi a ramificarsi ormai dappertutto. «Proiezioni che – scrive la Direzione investigativa antimafia – «si spingono anche oltre confine e che coinvolgono molti Paesi europei (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Romania, Bulgaria e Malta), il continente australiano e quello americano (Canada, Usa, Colombia, Perù e Argentina)».
In linea generarle la Dia rileva che «nel complesso, la criminalità organizzata italiana si conferma tra i maggiori protagonisti globali che, evidenziando una chiara vocazione economico – imprenditoriale, si è dotata di una struttura organizzativa flessibile senza recidere l’indissolubile legame storico con il territorio d’origine. Questa vocazione transnazionale è maggiormente evidente per la ’ndrangheta, la quale, proprio in virtù delle relazioni privilegiate instaurate con i produttori di sostanze stupefacenti in America Latina, si è ritagliata un ruolo di “leadership” mondiale nell’ambito del narcotraffico, divenendo una vera e propria “holding” criminale di rilevantissimo spessore internazionale».
Sul piano specifico della criminalità organizzata calabrese, per la Dia «anche all’estero le cosche calabresi sono state in grado di cogliere le asimmetrie dei rispettivi sistemi normativi privilegiando il reinvestimento dei capitali illeciti in Paesi meno “cooperativi” sul piano giudiziario come dimostrato nel semestre dagli esiti dell’operazione “Black Frog”. Tale indagine, coordinata dalla Procura di Bologna, è stata condotta dalla Guardia di finanza che, il 27 giugno 2022, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Bologna nei confronti di un soggetto, poi sottoposto agli arresti domiciliari, responsabile di trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso, operando il contestuale sequestro preventivo del capitale sociale di una società italiana con saldo di due conti esteri (rumeno e svizzero) fino alla concorrenza di 15 milioni di euro, delle quote societarie di due imprese rumene attive nel settore energetico, di tre conti correnti e di due beni immobili siti a Sofia (Bulgaria), il tutto riferibile ad operazioni di reinvestimento riconducibili alla cosca Iamonte di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria). L’attività ha rappresentato gli ulteriori sviluppi dell’operazione “Nebbia Calabra” del 2018 della medesima Procura». E ancora – sostiene la Direzione investigativa antimafia – «ulteriore elemento comprovante l’abilità dei sodalizi di espandere la propria sfera d’influenza oltre confine emerge dai lunghi periodi di latitanza trascorsi dai boss calabresi all’estero. Le più recenti risultanze investigative confermano altresì la tendenza dei gruppi criminali calabresi ad instaurare forme di collaborazioni utilitaristiche con consorterie di diversa matrice mafiosa, spesso giustificate da specifiche contingenze piuttosto che da una consolidata condivisione di interessi criminali. Ciò risulta valido, soprattutto, anche con riferimento alle relazioni intrattenute con compagini straniere e, in particolare, albanesi e sudamericane». La intesi della Dia dice tutto: «In ragione della coesa struttura, delle sue capacità “militari” e del forte radicamento nel territorio, la ‘ndrangheta si conferma oggi l’assoluta dominatrice della scena criminale non solo nella regione d’origine». (redazione@corrierecal,it)
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