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La riflessione

«Viva l’Italia, viva la Resistenza»

Ho letto in questi giorni contributi e pubbliche riflessioni, alcune di queste ultime anche molto profonde – come quella di Marcello Furriolo, uno degli intellettuali più brillanti della nostra Ca…

Pubblicato il: 26/04/2023 – 19:54
di Nunzio Raimondi
«Viva l’Italia, viva la Resistenza»

Ho letto in questi giorni contributi e pubbliche riflessioni, alcune di queste ultime anche molto profonde – come quella di Marcello Furriolo, uno degli intellettuali più brillanti della nostra Calabria -, sulla ricorrenza del 25 aprile, la festa nazionale della memoria dalla liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo.
E questa lettura mi ha suscitato forti emozioni, soprattutto quando, libera dalle tentazioni revisioniste, mette sullo sfondo dell’analisi, il tema dei temi, quello della resistenza, implicito ed esplicito al contempo.
Implicito dirò per il colto richiamo che ne fa quell’intellettuale con una delicatezza che soltanto chi conosce può intendere; ed espliciti per il richiamo che ne ha fatto il Capo dello Stato, il quale, senza infingimenti, ha citato sul punto la lezione severa di Piero Calamandrei.
Ecco, giacché il pensiero di Calamandrei, come sintetizzato dal Presidente della Repubblica, non ha bisogno d’esser ulteriormente riepilogato da nessuno (anche se c’è qualcuno in giro che, imprudentemente, s’azzarda a farlo…), sento di dover riprendere oggi quel tema fondamentale (e dirò preliminare nel dibattito in corso) per precisarne i contorni:.
Vedo infatti che, aldilà delle formule rituali, non se ne è colta la rilevanza nel corpo della Costituzione, sicché perfino da alte cariche dello Stato, si è ritenuto di non doverne esaltare l’importanza storica ed i valore potente, come recato, tutt’oggi dalla Carta fondamentale.
Mi riferisco al diritto di resistenza, sul quale – com’è noto – si accesero roventi dibattiti nell’assemblea costituente e che sarebbe entrato perfino nell’articolo 50 della Costituzione, se alla fine, contro il parere di uomini della statura di Giuseppe Dossetti, Aldo Moro, Costantino Mortati, non vi si fossero strenuamente opposti la destra e la peggiore componente democristiana.
Il diritto di resistere, dirò meglio di disubbidire, recitava in progetto all’art.50 pressappoco così: «Quando i poteri pubblici violano le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino». Questo principio non passò ed i costituenti si limitarono a farne un implicito richiamo nel vigente art.54 della Carta.
Esso nasceva dal più profondo sentimento che animò quegli italiani saliti sulle montagne per liberare l’Italia dalla barbarie dell’intolleranza e della discriminazione.
Tanto che, nell’Italia rinascente dalle macerie del dopoguerra, si volle che mai più la violazione dei diritti umani potesse essere imposta da leggi dello Stato.
Ma anche se la norma sul diritto di resistenza – che Moro pretendeva fosse descritta non solo come un diritto ma alla stregua di un dovere del cittadino – non è stata inserita nella carta, comunque essa è rimasto nella nostra Costituzione: se si esamina, infatti, il combinato disposto degli articoli 1,2,3,54 della Carta, si vedrà che il diritto di resistenza costituisce finanche l’ultima difesa per la tenuta democratica del sistema repubblicano, sotto la forma d’una cittadinanza attiva, capace di comporre il dissenso sociale ed il rinnovamento dell’ordinamento positivo.
È proprio il diritto di resistenza ad incarnare il principio di sovranità popolare; è proprio il diritto di resistenza a tutelare i diritti inviolabili dell’individuo e della collettività, in quanto esso costituisce la più alta forma di fedeltà alla Repubblica (che non è equivalente alla obbedienza alle leggi dello Stato).
Se, infatti, una legge dello Stato viola principi fondamentali della Repubblica, per esserle fedeli occorre disobbedire e resistere.
È questa la lezione che viene dalla Costituzione!
La libertà e la democrazia sono valori che in Italia sono nati dalla resistenza al nazi-fascismo, quindi sono valori antifascisti per antonomasia: per favore qualcuno lo dica al Presidente del Consiglio.
Nella “Lettera ai giudici” Don Lorenzo Milani scrisse: «Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande: I CARE. È un motto intraducibile dei giovani americani migliori. Me ne importa. Mi sta a cuore. È il contrario esatto del motto fascista: Me ne frego».
Resistere è una delle più alte declinazioni della Costituzione, perché significa tenere a cuore i diritti fondamentali rispetto ad uno Stato che li calpesta.
Se solo i giovani comprendessero questo gli s’accenderebbe in petto un fuoco d’ardimento e di speranza, capace di spazzare via l’approssimazione e l’angusto troneggiare del potere; vedrebbero quanta gioia c’è nel sacrificare la propria vita per il bene comune.
Viva l’Italia, viva la Resistenza.

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