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i soldi dei clan

Il maxi riciclaggio tentato dalla ‘Ndrangheta tra Hong Kong e gli Usa e i 21 milioni «per mister Ar. Sa.»

La mail inviata dall’hacker a Salvatore Aracri con i nomi delle società coinvolte nella transazione da 120 milioni. Le segnalazioni di Bankitalia e i precedenti dei “facilitatori” con la criminalit…

Pubblicato il: 29/08/2023 – 6:55
di Pablo Petrasso
Il maxi riciclaggio tentato dalla ‘Ndrangheta tra Hong Kong e gli Usa e i 21 milioni «per mister Ar. Sa.»

CROTONE Nel gruppetto dei “facilitatori” in rapporti con la cosca dei Papaniciari ci sono trader e faccendieri alla perenne ricerca del colpo grosso. Le ipotesi di business puntano sempre a transazioni milionarie. Come quella proposta da Salvatore Aracri, passato in pochi anni dal sogno di Europaradiso (con tanto di candidatura al consiglio comunale di Crotone per sponsorizzarlo) al tentativo di movimentare 120 milioni di euro dall’Estremo Oriente alla Svizzera. Operazione non concretizzata la cui evoluzione è stata seguita, passo dopo passo, dal Ros dei carabinieri e dai magistrati della Dda di Catanzaro. Lo scopo dello spostamento di denaro è riassunto in un passaggio della richiesta di applicazione di misure cautelari firmata dai pm Domenico Guarascio e Paolo Sirleo nella sintesi di una conversazione che spiega «quelle che erano le finalità che potevano essere perseguite dalle organizzazioni criminali attraverso l’esecuzione di tali operazioni bancarie». In sostanza, «un gruppo criminale metteva a disposizione un’ingente somma di denaro (provento di traffici illeciti) da riciclare. Attraverso l’operazione di cosiddetto “Blocco Fondi”, il denaro, simulando un’operazione commerciale, veniva trasferito dal conto corrente del “Sender” a quello del “Receiver”. Una volta giunto sul conto del “Receiver” il denaro veniva utilizzato per il “blocco fondi”, iniziava a produrre interessi e veniva, nel contempo, “ripulito”. L’organizzazione criminale che metteva a disposizione il denaro (ossia il “Sender”) rientrava in possesso dei soldi “ripuliti”, lasciando gli interessi maturati sui conti dei “Receiver”, pagando in tal modo una sorta di commissione ai “facilitatori” che avevano reso possibile l’operazione». Lauti guadagni per tutti. L’evoluzione della trattativa aiuta a definire le parti in gioco, gli appoggi reciproci e il contesto. Che mostra sempre sempre qualche aderenza criminale.

Il contratto: milioni in viaggio tra l’Asia e Los Angeles

Negli atti dell’inchiesta è finita una mail che aiuta a svelare chi siano i protagonisti dei traffici e quali siano le reti di riferimento. La comunicazione viene inviata da Marc Ulrich Goke, hacker a disposizione della cosca di Papanice, a Salvatore Aracri. E mostra “Sender” e “Receiver”, cioè – secondo l’ipotesi d’accusa – il riciclatore e il terminale “pulito” che lo aiuta a rimettere in circolo il denaro. Goke invia la mail alle 9,56 del 17 luglio 2019 con i dettagli del contratto. Il “Sender”, inserito dall’hacker, è «individuabile nella società “Xidam Corporation limited”, con sede a Hong Kong», rappresentata da una cittadina cinese. Il “Receiver”, il cui riferimento era stato predisposto (nel contratto inviato ad Aracri) dal gruppo dei “facilitato”, è invece «individuabile nella società “Carrau International Business Group Ltd”, con sede a Girona (Spagna)», rappresentata da un 73enne spagnolo. Il conto di questa società, per gli investigatori, sarebbe «incardinato presso la statunitense “Us Bank” di Los Angeles, una delle banche indicate» dal trader di fiducia, che lì avrebbe avuto «importanti entrature». 

La società di Hong Kong e le segnalazioni sospette di Bankitalia

La società di Hong Kong e le segnalazioni sospette di Bankitalia

Qualche informazione sul “Sender”, cioè la parte scelta dall’hacker legato alla cosca, arriva dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia. Da Hong Kong non emerge alcuna operazione sospetta «e nemmeno informazioni di natura finanziaria». Arrivano, però, dati relativi alla proprietà, costituita da una 50enne cinese, «che figura anche come “director”» e da un italiano che dichiara la propria residenza nel Comune di Noto. Sul versante italiano, invece, emergono due operazioni sospette. La prima riguarda un uomo «che ha dichiarato di essere creditore, nei confronti dello Stato del Montenegro, di una somma pari a 50 milioni di euro, parte della quale, 20 milioni, sarebbe stata ceduta alla Xidam Corporation Limiter di Hong Kong». I cinesi si sarebbero impegnati a bonificare, tramite la rete Swift, a questo broker «la somma 7 milioni di euro, mentre i restanti 13 milioni di euro sarebbero stati bonificati dalla società cinese in due tranches di pari importo, entro il 31 ottobre 2018». Gli 007 di Bankitalia, però, sono stati attratti da «diversi elementi di anomalia»: le vicende giudiziarie del creditore; «la completa assenza di riscontri in riferimento alla società di Hong Kong; la documentazione prodotta a sostegno dell’operazione che mostrerebbe segni di contraffazione/non veridicità; l’assenza di alcuna informazione sull’origine del credito vantato verso lo Stato del Montenegro». Quattro «evidenze negative» che hanno bloccato la transazione. La seconda segnalazione di Bankitalia risale al 2019 e riguarda una società «attiva in vari settori che vanno dalla consulenza, alla gestione aziendale e che ha dichiarato di operare primariamente quale stireria industriale». Nel marzo del 2019 la società in questione ha acceso un conto corrente dichiarando che sarebbe stato utilizzato per gestire gli incassi dai clienti e i pagamenti verso fornitori/stipendi. In quell’occasione la socia di maggioranza «ha informato l’intermediario segnalante dell’arrivo di un bonifico di 1.430.000 euro ordinato dalla citata Xidam Corporation Limited». Si sarebbe trattato della «prima rata di un mutuo pari a totali 15milioni di euro, erogati al tasso del 0,5%» dalla Xidam. La finalità del mutuo, «come si evince dal “Loan Agreement” datato 25/03/2019 allegato alla segnalazione in questione, era “Safekeeping of the Australian’s land in New South Wales”». L’operazione, tuttavia, «non è stata eseguita». Ma rappresenta un’altra spia accesa sulla compagine cinese che avrebbe curato il lato della transazione legato – sempre secondo la Dda di Catanzaro – agli interessi di Goke e Aracri.

«I trader che conosco lavorano sui 100 milioni»

Nessuno dei trader identificati nell’inchiesta Glicine Acheronte è indagato. Eppure, scorrendone i curriculum tratti dalle informative dei Ros, emergono legami imbarazzanti. Quello che diventerà il più fidato dei tecnici contattati da Salvatore Aracri compare in un’inchiesta della Guardia di finanza di Roma: denunciato alla Procura di Palermo per i reati di riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e favoreggiamento reale. Il tema è l’apporto dato al figlio di un detenuto palermitano al 41 bis per mafia: lo avrebbe aiutato a «rientrare in possesso di somme di denaro derivanti da attività economiche e dalle cessione di beni immobili intestati a soggetti prestanome». Questo trader sarebbe il più attivo tra quelli contattati. Sarebbe lui ad «avere entrature con la “Us Bank”, in Svizzera e in Inghilterra». Questi contatti sarebbero stati utili alla causa del riciclaggio, «ma occorreva che l’importo delle operazioni fosse pari o superiore ai 100 Milioni», appuntano i pm. «Io ho trovato delle strutture in Svizzera, delle strutture in Inghilterra che ci facevano il, il trading, okay? Però volevano cento milioni, okay? (…) Il mio problema è che tutti i trader che io conosco lavorano sui cento milioni, okay?», dice a un altro “facilitassero” durante una chiamata intercettata. È un passaggio importante per gli investigatori: in effetti, dopo il suo coinvolgimento, il valore potenziale dell’investimento aumenta e tocca i 120 milioni

La ripartizione “virtuale” delle cifre: 94milioni al “Sender”, 21 ad Aracri e 15 ai trader 

Seguendo discorsi e tracce dei trader, gli investigatori del Ros si imbattono anche nel contratto che evidenzia nomi e beneficiari dell’affare. Uno dei broker sottolinea un errore nell’atto. Al posto del suo nome, si deve prevedere quello di una società registrata a Londra, in Regent Street e attiva dal 2013. I soci sono tre: un avvocato romano «gravato da pregiudizi penali e/o di polizia per truffa e falso in atto pubblico» e un 60enne napoletano il cui nome compare in un’inchiesta con l’accusa di intestazione fittizia di beni aggravata dalle finalità mafiose. Si tratta di un vecchio procedimento incardinato contro la cosca di ‘ndrangheta “Gallico” di Palmi). A carico del terzo socio, invece, ci sono segnalazioni «per bancarotta fraudolenta». D’altra parte ci si muove nella finanza occulta, non è un settore per contabili senza macchia.
Tra i documenti in possesso degli inquirenti c’è anche la ripartizione delle cifre al termine del “programma”: 94 milioni di euro al “Sender” (la società di Hong Kong individuata da Goke), 21 milioni di euro «al gruppo indicato come “Mr. AR.SA. Group”, ove Mr. AR.SA. si poteva facilmente intuire essere l’abbreviazione di Salvatore Aracri» e poi per i “facilitatori” un totale di 15 milioni di euro. Ci guadagnano tutti, soprattuto il clan che riesce a “ripulire” più di 100 milioni in un solo colpo. Così ci si muove nella giungla della finanza coperta. Tra broker con un passato criminale e porte aperte alla criminalità organizzata. Ma una giungla resta una giungla, anche per la ‘ndrangheta. E gli affari sfumano spesso. (p.petrasso@corrierecal.it)

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