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inchiesta “karpanthos”

’Ndrangheta, le pressioni della compagna per far tacere il pentito. «Sei un egoista»

Il percorso di collaborazione di Danilo Monti si ferma al primo verbale. Il ruolo di Giuseppina Trovato, lo “scontro” sul futuro della figlia

Pubblicato il: 22/09/2023 – 16:47
di Pablo Petrasso
’Ndrangheta, le pressioni della compagna per far tacere il pentito. «Sei un egoista»

CATANZARO «E cosa mi devono fare? Non voglio vedere più a nessuno, non voglio avere più niente a che fare con nessuno, che già me l’hanno rovinata la vita». Danilo Monti manifesta le proprie intenzioni alla compagna Giuseppina Trovato nel febbraio 2019. L’uomo, in carcere per l’omicidio del macellaio Francesco Rosso, è la figura chiave nell’inchiesta “Karpanthos” della Dda di Catanzaro sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel Comune di Cerva. Non è un pentito ma un “dichiarante”: il suo percorso di collaborazione con i magistrati antimafia si è interrotto. Per gli inquirenti, quel brusco stop sarebbe stato propiziato proprio dalla compagna di Monti. Il gip Chiara Esposito parla di «condizionamento operato da Giuseppina Trovato affinché costui interrompesse il percorso di collaborazione con la giustizia». 

La compagna «non gli avrebbe consentito di decidere del futuro della figlia»

Trovato, accusata di concorso esterno in associazione mafiosa, avrebbe continuato a frequentare gli altri indagati dopo l’arresto di Monti per il delitto Rosso. A loro la donna si sarebbe rivolta «per garantire l’incolumità del proprio compagno» e per veicolare informazioni di rilievo. Gli incontri sarebbero stati estesi anche a «soggetti d’interesse investigativo della provincia di Lecco, tra cui spicca la figura di Vincenzo Marchio». È lei a tentare di ridimensionare il livello della collaborazione del compagno con la giustizia, riferendo che quel dialogo con gli inquirenti si riferiva soltanto «all’omicidio e che la protezione nei confronti dei familiari sarebbe scattata allorquando Monti Danilo avesse deciso di collaborare a 360°». Poi un proposito che è un cliché nei pentimenti annunciati in famiglie di ‘ndrangheta. È ancora il giudice distrettuale a riferire in sintesi che Trovato «non avrebbe mai permesso» a Monti «di collaborare con la giustizia in quanto non gli avrebbe consentito di decidere del futuro della figlia». «Pressioni», evidentemente, andate a buon fine. 

L’accusa a Monti: «Sei un egoista»

L’indagine – firmata dai pm Veronica Calcagno e Debora Rizza e coordinata dal procuratore Nicola Gratteri e dall’aggiunto Giancarlo Novelli – documenta alcuni passaggi chiave nella scelta di Monti. In un colloquio del 6 febbraio 2019, Giuseppina Trovato, «a fronte della fragilità e dell’umanità che dimostrava  Danilo Monti che, piangendo, lamentava la mancanza della figlia e diceva di voler morire», lo «accusava». Questo perché «laddove avesse portato avanti la collaborazione con la giustizia sino in fondo (e quindi avesse parlato di altro, oltre all’omicidio, ndr), si sarebbe comportato come un egoista nei confronti» della compagna. La scelta di collaborare, argomenta la donna, «da un lato avrebbe consentito a lui di poter trascorrere del tempo con la loro figlia, dall’altro lato avrebbe limitato la libertà della stessa Giuseppina Trovato e di molte altre persone». Quella collaborazione, per la compagna di Monti, «avrebbe comunque rappresentato un grosso rischio». Una sottolineatura che dimostrerebbe, ancora una volta come Trovato sia «pienamente consapevole della caratura criminale dei soggetti che sarebbero stati chiamati in causa a seguito delle dichiarazioni rese dal compagno». È, forse, dopo questo dialogo che quell’«e cosa mi devono fare» legato alla volontà di lasciarsi alle spalle il proprio passato, per Monti svanisce assieme all’idea di abbracciare la strada della collaborazione con la giustizia

Il primo verbale: l’omicidio progettato a Lecco e il “battesimo”

È un ritorno a quel passato oscuro che lo ha portato – il 30 ottobre 2018 – davanti agli investigatori come indagato per l’omicidio del macellaio di Simeri Crichi. Quel giorno, Monti confessa il delitto e si dice disposto a collaborare con la giustizia. Le sue parole porteranno a condanne in primo e secondo grado per autori e mandanti. 
Gli stralci di quel primo verbale svelano anche i nomi dei componenti della ‘ndrina di Cerva, delineano responsabilità in vecchi omicidi e ricostruiscono alleanze e dinamiche criminali. Monti racconta la “proposta” di uccidere un rivale a Lecco e ricorda il giorno della propria affiliazione, l’1 novembre 2014. «Al mio “battesimo” di affiliazione – dice – erano presenti Santino Gigliotti, Mario Gigliotti, Michele Griffo e Giuseppe Rocca. Queste erano le persone che hanno partecipato al rito conferendomi la prima dote. Dopo il rito siamo stati a mangiare a casa di Santino Gigliotti e successivamente Mario Gigliotti ha detto a Michele Griffo di andare ad avvisare Giovanni Sacco a Cerca che io ero stato affiliato». Sono ricordi vividi del giorno in cui gli «hanno rovinato la vita». Senza che abbia trovato, poi, la forza di provare a riscattarla. (p.petrasso@corrierecal.it)

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