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l’indagine

Dal fortino di Viale Isonzo a clan di ‘ndrangheta: l’ascesa del gruppo criminale nomade

L’organigramma ben strutturato del sodalizio Bevilacqua-Passalacqua diventato cosca. Le accuse della Dda di Catanzaro

Pubblicato il: 27/10/2023 – 14:50
di Giorgio Curcio
Dal fortino di Viale Isonzo a clan di ‘ndrangheta: l’ascesa del gruppo criminale nomade

CATANZARO Un controllo capillare esercitato sul territorio attraverso la forza intimidatrice ma anche l’acquisizione, in modo diretto e in diretto, della gestione o del controllo di attività economiche. È quanto contesta la distrettuale antimafia di Catanzaro al cosiddetto “clan degli zingari”, composto dalle famiglie Passalacqua e Bevilacqua, nei confronti dei quali è stata chiusa l’indagine che ha riguardato, in tutto, 82 persone. Un vero e proprio clan sottoposto comunque al contro dei locali di ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto, ma capace di dominare il territorio catanzarese e, in particolare, la zona di “Viale Isonzo”.

Il traffico di droga

È qui, infatti, che il gruppo avrebbe creato un’associazione finalizzata al traffico illecito di droga, il cui commercio, acquisto, custodia, trasporto e vendita erano gestiti in un’attività ben organizzata, individuando anche appositi luoghi di deposito, stoccaggio, lavorazione, confezionamento e spaccio nel fortino dei rom alla periferia di Catanzaro. Secondo le accuse contestate agli indagati era qui, infatti, l’epicentro localizzato nell’abitazione di Passalacqua Domenico (cl. ’73), già in carcere come Bevilacqua Stefania, (cl. ’78), utilizzando poi una “stalla”, strade e terreni limitrofi, ma anche l’abitazione occupata dal nucleo familiare di Giosuele Passalacqua in località Barone, sfruttando canali di approvvigionamento in Reggio Calabria e Crotone.  

Il presunto “capo”

Ai vertici del “clan degli zingari” ci sarebbe – per l’accusa – Luigi Vecceloque Pereloque, detto “U marocchino” (cl. ’68), già in carcere: a lui toccava decidere e pianificare le mosse del gruppo, interloquendo direttamente con la cosca Arena, prendendo parte alle riunioni del sodalizio alla presenza di Cosimino Abbruzzese detto “u tubo” e Massimo Bevilacqua noto come “malloccio”, anche lui ai vertici del sodalizio. E, anche quando era irreperibile, Luigi Vecceloque Pereloque impartiva le direttive sulle estorsioni verificando se gli imprenditori fossero sottoposti alla protezione dei clan isolitani. Riconosciuto da tutti come il capo del clan dei rom e il suo spessore criminale era talmente elevato che tutti gli sforzi dell’organizzazione erano concentrati su di lui, anche e soprattutto durante la latitanza.

Gli altri

Toccava invece a Luciano Bevilacqua (cl. ’88) – sempre secondo l’accusa – grazie al grado di ‘ndrangheta di “Santista” mantenere i rapporti con le cosche crotonesi e isolitane, per salvaguardare gli equilibri con il gruppo criminale nomade. Per gli inquirenti, invece, Vincenzo Berlingieri (cl. ’45) noto come “Zio Vice” o “Pesce palumbo” già contabile del clan ai tempi di “Toro seduto” Domenico Bevilacqua, si interfacciava con altri gruppi nomadi, tra cui quello della Piana di Gioia Tauro e dirimeva contrasti interni al sodalizio criminale.

Le gerarchie

Gli inquirenti, nel corso della loro indagine, sarebbero riusciti ad individuare ruoli e condotte ben precisi anche degli altri appartenenti al sodalizio. In particolare Domenico Passalacqua (cl.’ 86), Massimo Bevilacqua (cl. ’77) e Luciano Bevilacqua (cl. ’88) sarebbero i promotori, dirigenti, finanziatori ed organizzatori e si sarebbero occupati dell’occultamento, il taglio e il confezionamento dello stupefacente. Avrebbero poi pianificato gli acquisti della droga, sfruttando alcuni collaboratori, con compiti e funzioni come il presidio diurno e notturno sui siti deputati al nascondiglio della droga e il controllo sul territorio a mo’ di ‘vedetta’, per segnalare la presenza di forze dell’ordine. Per l’accusa sarebbe Domenico Passalacqua la «principale fonte di approvvigionamento dello stupefacente» di Leonardo Vonella, Cosimo “scatoletta” Passalacqua e Pino Passalacqua. Si sarebbe, poi, occupato di assicurare la puntuale raccolta del denaro provento dello spaccio «nonché, in alcuni casi, avrebbe provveduto ad intimare il pagamento di crediti». L’organizzatrice delle attività sarebbe, invece, Stefania Bevilacqua che, oltre al taglio e la custodia della droga, si sarebbe occupata della consegna ai “corrieri” e della contabilità della cassa, insieme alla figlia Francesca Passalacqua. (g.curcio@corrierecal.it)

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