REGGIO CALABRIA A lanciare l’allarme sulla sostenibilità del Ponte sullo Stretto è stato, nelle scorse settimane, il noto architetto e designer italiano Massimiliano Fuksas (qui la notizia). In una intervista concessa a La Stampa, Fuksas bolla la realizzazione della infrastruttura come «dramma nazionale» utile «per vincere le campagne elettorali, ogni tanto». Sempre il quotidiano La Stampa, è tornato ad occuparsi del Ponte sullo Stretto con un approfondimento a cura di Mario Tozzi. Che suggerisce un interessante paragone con l’infrastruttura sullo Stretto di Akashi costruita in Giappone. Sul Ponte che potrebbe e dovrebbe collegare Calabria e Sicilia, c’è un timore legato a possibili eventi sismici e alle drammatiche conseguenze. «L’obiezione più profonda è di carattere geologico, non ingegneristico: ponti in aree ad alto rischio sismico si possono costruire, come dimostra il ponte Akashi che è progettato e realizzato per reggere a magnitudo 7,5 Richter. Il progetto esecutivo del ponte sullo stretto di Messina è del 2016 e non risulta aggiornato, ma dovrebbe poter resistere a magnitudo 7,1 Richter». «Ma che senso ha – si interroga Tozzi – costruire un ponte nell’area a maggior rischio sismico del Mediterraneo, quando non possiamo evidentemente essere sicuri che il prossimo terremoto avrà quella magnitudo e non una superiore?».
Accanto ai dubbi di Fuksas e Tozzi, vi sono le riflessioni legate all’impatto economico della costruzione. Secondo uno studio redatto da Openeconomics su fonti pubbliche: «la spesa per la costruzione potrà contribuire alla formazione del Pil per 19,7 miliardi, con un saldo positivo di poco meno di 7,5 miliardi, 33mila occupati negli otto anni di cantiere». La posa della prima pietra e l’apertura ufficiale del cantiere costerà circa 700 milioni che in tre anni diventeranno 3,5 miliardi. Si parla di una infrastruttura classificata come opera d’interesse europeo. L’Economia del Corriere del Mezzogiorno ha anticipato lo studio economico dell’opera pubblica realizzato da Openeconomics. Dal report emerge «che è pari a poco meno di 20 miliardi l’impatto economico connesso alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, pur se basteranno 12 miliardi e 300 milioni di spesa per costruire l’infrastruttura che collegherà via terra la Sicilia alla Calabria». Secondo gli economisti, «l’impatto dei 19,7 miliardi sul prodotto interno lordo andrà a beneficio non soltanto delle regioni maggiormente interessate, e cioè la Calabria e la Sicilia, e neppure esclusivamente di quelle meridionali, ma dell’intera economia nazionale». Infine, sempre secondo i dati contenuti nella ricerca, «l’occupazione sarà diffusa su tutto il territorio italiano, con più di 9.337 occupati in Lombardia, poco più di 6.628 nel Lazio e circa 6mila in Sicilia e Calabria».
Non solo dubbi. C’è chi come Enzo Siviero, Rettore Università eCampus, giudica assolutamente positivo l’impatto della realizzazione del Ponte sullo Stretto. «Aperto a treni e auto 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno, è la migliore risposta alla domanda di un più efficiente e moderno sistema di collegamento tra la Sicilia, la Calabria e il resto del Continente», sostiene in un articolo su La Stampa di oggi. «È una tessera del mosaico trasportistico nazionale ed europeo e rende sostenibile il prolungamento del sistema di alta velocità-capacità ferroviaria nazionale ed europeo in Calabria e in Sicilia. Ad oggi l’opera si inserisce in un contesto di sviluppo infrastrutturale più ampio che mira a potenziare la rete dei trasporti».
Intanto, nelle scorse ore, si è tenuto un incontro al Mit tra il Vicepremier e Ministro Matteo Salvini e il Presidente della Regione Siciliana Renato Schifani. Al centro del colloquio, i dossier di interesse comune con un aggiornamento sulla situazione dei principali cantieri. È stata espressa grande soddisfazione per la manovra economica che prevede e conferma investimenti rilevanti sulle infrastrutture dell’isola a partire dal collegamento stabile tra Sicilia e Calabria. (redazione@corrierecal.it)
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