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l’intervista

Camillo Falvo: «Maxi processo necessario per una inchiesta come Rinascita Scott»

Il procuratore di Vibo: «Confermate la visione unitaria della ‘ndrangheta e l’esistenza di un numero di ‘ndrine esorbitante rispetto alla provincia»

Pubblicato il: 20/11/2023 – 15:36
di Paola Militano
Camillo Falvo: «Maxi processo necessario per una inchiesta come Rinascita Scott»

VIBO VALENTIA «La sentenza è un punto di partenza importante per la provincia di Vibo Valentia». Lo dice, in una intervista al direttore del Corriere della Calabria, il procuratore di Vibo Valentia Camillo Falvo. Che commenta la sentenza di primo grado del processo “Rinascita Scott”.

Dopo quasi tre anni di dibattimento, con udienze tenutesi quasi ogni giorno, oggi la sentenza di primo grado del maxi processo Rinascita-Scott, si aspettava questo esito?

«Noi ci aspettavamo un esito favorevole rispetto all’impianto accusatorio, quello che a noi interessava era soprattutto dimostrare, quando avevamo iniziato a fare le indagini, l’operatività della ‘ndrangheta sul territorio di Vibo, perché negli anni precedenti non c’erano state tante sentenze di condanna, a parte poi qualche processo dove in qualche circostanza era stata dimostrata l’aggravante mafiosa. Lo scopo di “Rinascita Scott” era di dimostrare l’operatività di tutta una serie di cosche, di consorterie, consorziate tra di loro che opprimevano il territorio e da questo punto di vista devo dire che se si valuta complessivamente il lavoro che è stato fatto, poi continuato con un’attività assolutamente meritoria dei magistrati della Dda, è stato sostanzialmente confermato questo quadro, questa operatività delle cosche vibonesi».

Sul banco degli imputati, la potente cosca Mancuso di Limbadi e le altre famiglie di ‘ndrangheta vibonesi, ma anche imprenditori, ex parlamentari ed ex consiglieri regionali, sindaci, professionisti e uomini delle forze dell’ordine. Uno su tutti, l’ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli, accusato di concorso esterno e condannato in primo grado, a 11 anni.

«Io preferisco evitare di commentare le singole posizioni per rispetto degli imputati e del lavoro che è stato svolto, ovviamente questo è solo il primo grado di giudizio, poi ci saranno gli altri gradi di giudizio e quindi, gli imputati potranno dimostrare la loro eventuale non colpevolezza. La Procura leggendo le motivazioni di alcune sentenze di assoluzione potrà impugnarle e provare a dimostrare gli assunti accusatori nei successivi giudizi».

Al termine della requisitoria, per i 322 dei 338 imputati erano state chieste condanne per un totale di 4.744 anni di carcere. Un impianto accusatorio – quello della Dda di Catanzaro – che trova quasi piena conferma nella sentenza di stamane nonostante le pene mitigate e fatta eccezione per l’ex sindaco Gianluca Callipo, l’ex assessore Luigi Incarnato – entrambi assolti – e per l’ex consigliere regionale Pietro Giamborino, condannato solo ad 1 anno e sei mesi a fronte di una richiesta di condanna a 20anni di reclusione.

«Io non focalizzerei la mia attenzione solamente sul rapporto tra chiesto e pronunciato quanto ad anni di condanna: sono oltre 2000 anni di condanne e sono tantissimi. Quello che è importante è che abbia retto l’assunto accusatorio circa l’esistenza di questi fenomeni criminali e le singole responsabilità personali. «Rinascita Scott non è solo questa fase processuale, ma anche quella degli abbreviati dove sostanzialmente c’è stata una quasi completa approvazione dell’impianto accusatorio con una ottantina di condanne». «C’è ancora tutta la fase degli omicidi perché sono in dirittura di arrivo anche le richieste delle difese, quindi ci sarà la celebrazione di quell’altro troncone. Dal mio punto di vista, anche da procuratore oggi di Vibo Valentia – prima appartenente alla Dda che ha collaborato dall’inizio alla inchiesta – interessa soprattutto questa conferma dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza di un numero di ‘ndrine esorbitante rispetto ad un territorio provinciale che è piccolissimo e soprattutto la visione unitaria della ‘ndrangheta. Questo era fondamentale, questa è un po’ la sostanza della conferma dell’impianto accusatorio. Il Tribunale di Vibo forse non era attrezzato per poter sostenere una mole di lavoro come questa, anche per via delle incompatibilità, tant’è vero che il principale imputato è ancora sotto processo con un altro dei principali imputati: mi riferisco a Luigi Mancuso ed Giuseppe Antonio Accorinti. Questo è un altro tema fondamentale, si devono fare o non si devono fare i processi di queste proporzioni? Ecco, in un territorio come quello di Vibo con un tribunale con pochi giudici è difficile pensare di poter celebrare un processo come questo».

Pubblici ministeri del processo sono stati giovani sostituti procuratori della Dda di Catanzaro: Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci, Andrea Mancuso e Andrea Buzzelli. Fino al giorno della requisitoria è stato applicato al processo anche l’ex procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, oggi procuratore di Napoli, che tutti forse si aspettavano di vedere in aula.

«Bisogna riconoscergli il merito, indipendentemente della presenza o meno fisica oggi in aula, del grande lavoro che è stato fatto sotto la sua direzione, molte di queste cose sono state grazie al suo impulso, al suo lavoro straordinario, anche in termini logistici, in riferimento alle risorse investigative. E’ stato un lavoro immane. E’ stata criticata la volontà del procuratore Gratteri di celebrare un maxi processo, mi preme sottolineare che se è vero che, a volte, comportano tutta una serie di disfunzioni, di disorganizzazioni, dall’altro lato occorre far capire che con un Tribunale con pochi giudici, bisogna far così. Oltre a Rinascita Scott ci sono anche altri procedimenti: Petrolmafie, Olimpo, Maestrale-Carthago che ancora stanno aspettando la pronuncia e per i quali – dopo questa sentenza -sarà difficile poter individuare dei giudici. Chi si è pronunciato oggi difficilmente potrà pronunciarsi su altri processi per imputazioni connesse o collegate».

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