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Piazza Fontana a Catanzaro, un ricordo che non si cancella

Il 6 dicembre 1969 il quotidiano britannico “The Guardian” (politicamente vicino alle posizioni dei laburisti) pubblicò un articolo, dal titolo Greek advice for a coup in Italy, in cui affermava c…

Pubblicato il: 12/12/2023 – 13:33
di bruno gemelli*
Piazza Fontana a Catanzaro, un ricordo che non si cancella

Il 6 dicembre 1969 il quotidiano britannico “The Guardian” (politicamente vicino alle posizioni dei laburisti) pubblicò un articolo, dal titolo Greek advice for a coup in Italy, in cui affermava che il giornale era venuto in possesso di una lettera destinata all’ambasciatore greco a Roma proveniente dal Ministero degli affari esteri ellenico. Nella missiva ci sarebbero riferimenti a incontri tra esponenti dei movimenti neofascisti italiani (un non identificato esponente chiamato in codice «P») ed alcuni dei membri della Dittatura dei colonnelli, affermando che i primi stavano cercando di realizzare un colpo di Stato per portare la destra al potere anche in Italia. Nella lettera il funzionario del ministero si sarebbe raccomandato con l’ambasciatore perché non venissero alla luce possibili collegamenti tra le autorità greche e l’operato degli «amici italiani», consigliando che questi venissero invitati a cercare assistenza tramite rappresentanze greche non ufficiali. Nel testo del documento, reso noto pochi giorni dopo da l’Unità, Paese Sera e L’Espresso, ma trascurato dalla maggior parte della stampa italiana, vi era anche un riferimento esplicito agli attentati dell’aprile 1969 alla fiera campionaria di Milano.
Questo è l’antipasto di cosa sarebbe successo una settimana dopo. Infatti il 12 dicembre 1969, nel pomeriggio, alle 16:37, dopo il normale orario di apertura al pubblico, nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana, a Milano, esplose una bomba composta da circa sette chili di tritolo che provocherà la morte di 17 persone e il ferimento di altre 88. Nello stesso giorno venne ritrovata un’altra bomba inesplosa a Milano, nella sede milanese della Banca Commerciale Italiana in piazza della Scala (fatta poi brillare), mentre a meno di un’ora da quella di Milano altre tre bombe esplodono a Roma (nelle vicinanze della Banca Nazionale del Lavoro, davanti all’Altare della Patria e all’ingresso del museo del Risorgimento), provocando diversi feriti. Le indagini si indirizzano quasi subito verso quella che sarà definita dai media la pista anarchica.
Il processo iniziò a Roma il 23 febbraio 1972; dopo essere stato trasferito a Milano per incompetenza territoriale fu spostato a Catanzaro per motivi di ordine pubblico e legittimo sospetto.
Per ospitare il primo processo fu allestita l’aula bunker di via Paglia a Catanzaro, di fronte allo stadio di calcio, all’interno del complesso giudiziario dei Minori. Il quartier generale della stampa si collocò all’interno del Jolly Hotel (oggi Hotel Guglielmo), con la presenza dei maggiori cronisti giudiziari, a partire da Roberto Martinelli del Corriere della sera. E lo stesso discorso vale per i vari collegi di avvocati, con, fra gli altri, i notissimi Guido Calvi, Bianca Guidetti Serra, Carlo Smuraglia.
I presidenti della Corte di Assise di Catanzaro, nella prima fase furono due: Celestino Zeuli, per poco, e Pietro Scuteri. Quest’ultimo ebbe come giudice a latere Vittorio Antonini e come PM Mariano Lombardi.
Dopo una serie di rinvii dovuti al coinvolgimento di nuovi imputati (Franco Freda e Giovanni Ventura nel 1974, Guido Giannettini nel 1975) la Corte d’assise condannò all’ergastolo Freda, Ventura e Giannettini, ritenuti gli organizzatori della strage. Gli altri imputati, Valpreda e Merlino, furono assolti per insufficienza di prove ma condannati a 4 anni e 6 mesi per associazione a delinquere. La Corte d’appello assolse tutti gli imputati dall’accusa principale, confermando le condanne di Valpreda e Merlino, e condannò i due neofascisti a 15 anni per gli attentati di Milano e Padova, compiuti tra l’aprile e l’agosto del 1969: la Cassazione confermò l’assoluzione per Giannettini e ordinò un nuovo processo per gli altri quattro imputati. Il nuovo dibattimento cominciò il 13 dicembre 1984 presso la Corte d’appello di Bari e si concluse il 1º agosto 1985 con l’assoluzione di tutti gli imputati per insufficienza di prove: il 27 gennaio 1987 la Cassazione rese definitive le assoluzioni per strage, condannando soltanto alcuni esponenti dei servizi segreti italiani (il generale Gianadelio Maletti e il capitano Antonio Labruna) per aver depistato le indagini. Una nuova istruttoria, aperta a Catanzaro, portò a processo i neofascisti Stefano Delle Chiaie e Massimiliano Fachini, accusati di essere rispettivamente l’organizzatore e l’esecutore della strage: il 20 febbraio 1989 entrambi gli imputati furono assolti per non aver commesso il fatto (l’accusa aveva chiesto l’ergastolo per Delle Chiaie e l’assoluzione per insufficienza di prove per Fachini). Il 5 luglio 1991, al termine del processo d’appello, fu confermata l’assoluzione di Delle Chiaie.
Negli anni novanta l’inchiesta del giudice Guido Salvini affacciò anche un’ipotesi di connessione col fallito golpe Borghese e raccolse le dichiarazioni di Martino Siciliano e Carlo Digilio, ex neofascisti di Ordine Nuovo, i quali confessarono il proprio ruolo nella preparazione dell’attentato, ribadendo le responsabilità di Freda e Ventura; in particolare Digilio sostenne di aver ricevuto una confidenza in cui Delfo Zorzi gli raccontava di aver piazzato personalmente la bomba nella banca. Zorzi, trasferitosi in Giappone nel 1974, divenne un imprenditore di successo. Ottenne la cittadinanza giapponese che gli garantì poi l’immunità all’estradizione.
Il nuovo processo cominciò il 24 febbraio 2000 a Milano. Il 30 giugno 2001 furono condannati all’ergastolo Delfo Zorzi (come esecutore della strage), Carlo Maria Maggi (come organizzatore, già assolto per la strage della questura ma condannato in seguito all’ergastolo in via definitiva per la strage di piazza della Loggia) e Giancarlo Rognoni (come basista). Carlo Digilio ottenne la prescrizione del reato per il prevalere delle attenuanti riconosciutegli per il suo contributo alle indagini, mentre Stefano Tringali fu condannato a tre anni per favoreggiamento). Il 12 marzo 2004 furono cancellati i tre ergastoli (e ridotta la condanna di Tringali da tre anni a uno) e il 3 maggio 2005 la Cassazione ha confermato la sentenza (dichiarando prescritto il reato di Tringali). Al termine il processo nel maggio 2005 ai parenti delle vittime sono state addebitate le spese processuali. La Cassazione, assolvendo i tre imputati, ha tuttavia affermato che la strage di piazza Fontana fu realizzata dalla cellula eversiva di Ordine Nuovo capitanata da Franco Freda e Giovanni Ventura, non più processabili in quanto assolti con sentenza definitiva nel 1987. Sebbene gli ordinovisti indicati siano quindi considerati gli ispiratori ideologici, non è mai stato mai individuato a livello giudiziario l’esecutore materiale, ossia l’uomo che pose personalmente la valigia con la bomba.

*giornalista e scrittore

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