BRUXELLES I ministri delle Finanze dell’Ue hanno raggiunto l’accordo sul nuovo Patto di stabilità e crescita. L’ultima riunione dell’Ecofin – convocata in via straordinaria e in videoconferenza – è durata due ore ma erano più che sufficienti a suggellare un’intesa che nei fatti era stata già siglata nella serata di martedì con la spinta di Francia e Germania e il sostegno dell’Italia.
Il principio è ancora il Trattato di Maastricht con le soglie del 3% del Pil per il deficit e il 60% per il debito. Gli Stati non in linea con questi parametri devono mettersi in regola con piani di rientro concordati con la Commissione europea sul modello di Piani nazionali di ripresa e resilienza. Gli Stati con un deficit sopra al 3% saranno chiamati a mettere in atto una riduzione annua dello 0,5%.
Su spinta di Parigi – con il sostegno di Roma – è stata approvata una clausola transitoria per il 2025-2027 che prevede di tenere in considerazione l’aumento degli interessi sul debito nel calcolo del taglio di deficit. Non è uno scorporo pieno ma è qualcosa che ci va vicino. I piani di rientro del deficit durano dai quattro ai sette anni (in caso di riforme e investimenti). Il taglio del deficit può essere anche differenziato lungo il percorso (non per forza -0,5% ogni anno) per permettere ad esempio in alcuni anni più investimenti se necessario.
L’importante è che al termine del percorso di rientro venga raggiunto l’obiettivo. Vengono tenuti in considerazione, nella valutazione dell’apertura di un’eventuale procedura per deficit eccessivo, gli investimenti fatti per la difesa. Inoltre ai Governi sarà consentito deviare dal percorso di spesa netta dello 0,3% del Pil su base annua e dello 0,6% del Pil cumulativamente durante il periodo di monitoraggio.
Anche gli Stati con i conti più in forma (per quanto riguarda il deficit) sono tenuti a ridurre il debito e mantenere un cuscinetto per il deficit per evitare, in caso di crisi, di sforare appunto il 3%. I Paesi con un debito superiore al 90% del Pil lo dovranno ridurre di un punto percentuale annuo durante il periodo di aggiustamento; i Paesi con un debito compreso tra il 60% e il 90% dovranno ridurlo dello 0,5%. Il cuscinetto fiscale è pari all’1,5% (con le regole attuali tecnicamente il deficit tollerato e’ lo 0,5%). Per garantire il cuscinetto, l’aggiustamento annuale dovrebbe essere pari allo 0,4% del Pil (in caso di piani di rientro da quattro anni), che potrebbe essere ridotto allo 0,25% del Pil (nei piani di rientro da sette anni).
«Abbiamo partecipato all’accordo politico per il nuovo Patto di stabilità e crescita con lo spirito del compromesso inevitabile in un’Europa che richiede il consenso di 27 Paesi. Ci sono alcune cose positive e altre meno. L’Italia ha ottenuto però molto e soprattutto quello che sottoscriviamo è un accordo sostenibile per il nostro Paese volto da una parte a una realistica e graduale riduzione del debito mentre dall’altra guarda agli investimenti specialmente del Pnrr con spirito costruttivo», ha commentato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. «Ci sono regole più realistiche di quelle attualmente in vigore. Le nuove regole naturalmente dovranno sottostare alla prova degli eventi dei prossimi anni, che diranno se il sistema funziona realmente come ci aspettiamo», ha aggiunto.
Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, considera importante che sia stato trovato tra i 27 Stati membri della Ue un compromesso di buonsenso per un accordo politico sul nuovo Patto di stabilita’ e crescita. È quanto si legge in una nota di Palazzo Chigi. «Nonostante posizioni di partenza ed esigenze molto distanti tra gli Stati – prosegue – il nuovo Patto risulta per l’Italia migliorativo rispetto alle condizioni del passato».
«Regole meno rigide e più realistiche di quelle attualmente in vigore, che scongiurano il rischio del ritorno automatico ai precedenti parametri, che sarebbero stati insostenibili per molti Stati membri. Grazie a un serio e costruttivo approccio al negoziato, l’Italia è riuscita, non solo nel proprio interesse ma in quello dell’intera Unione, a prevedere meccanismi graduali di riduzione del debito e di rientro dagli elevati livelli di deficit del periodo Covid», osserva ancora la nota.
«L’Italia ha contribuito in modo rilevante, direi decisivo, soprattutto nell’ultimissima fase insieme alla Francia e la Germania, a raggiungere questa intesa», ha spiegato il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, in un punto stampa dopo la riunione dell’Ecofin. «E penso che per l’Italia siano molto importanti alcuni aspetti che riguardano il percorso di correzione del deficit che tenga conto dei maggiori costi per i tassi di interesse. Il riconoscimento dell’importanza degli investimenti nel Pnrr per ottenere un periodo più lungo dell’aggiustamento della finanza pubblica e il riconoscimento dell’importanza delle spese della difesa come aspetto fondamentale nelle nostre valutazioni di politica fiscale. Più in generale penso che l’Italia abbia un grande vantaggio ad assumere questa prospettiva di medio termine, cioè di diversi anni in cui l’aggiustamento della finanza pubblica e riforme investimenti vanno di pari passo», ha aggiunto.
I ministri l’hanno definito un «traguardo storico» perché mette sul tavolo regole “realistiche” che lasciano comunque lo spazio per le riforme e gli investimenti. I frugali, guidati da Germania e Paesi Bassi, invitano ora ad applicarle. Il nuovo Patto entrerà in vigore nella primavera del 2024, in tempo per le raccomandazioni dei bilanci del 2025.
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