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Antonio Serra, storia del «meridionalista inconsapevole»

L’economista cosentino è considerato uno dei primi studiosi al mondo dei fenomeni finanziari, analizzati con metodo scientifico. Eppure in pochi lo conoscono. Anche nella sua città

Pubblicato il: 18/02/2024 – 11:13
di Eugenio Furia
Antonio Serra, storia del «meridionalista inconsapevole»

COSENZA Via Antonio Serra è quel breve tratto di strada che, nel centro storico, da corso Telesio porta al liceo classico, sorto al posto dell’antico convento dei Gesuiti. La persona a cui la strada è dedicata ebbe i natali in un palazzotto posto a due passi dell’antica Giostra Vecchia, altro centro vitale dell’attività della Cosenza cinquecentesca.
Antonio Serra, intellettuale di vasta cultura, lasciò il segno, seppure fievole, nella Storia (quella con la S maiuscola) della cultura del Regno di Napoli e dell’intera umanità. Fu, in assoluto, il primo studioso al mondo dei fenomeni economici e finanziari, il primo a concepire un testo di scienza delle finanze, il primo teorico del mercantilismo, lo scopritore della legge sulla crescente produttività nell’industria.
Uno dei non pochi grandi, che Cosenza ha avuto il privilegio di generare, pur tuttavia rimosso dal pantheon della città. In realtà gli hanno intitolato questa strada e un Istituto scolastico per periti commerciali, ma pochi degli studenti che lo hanno frequentato ne conoscono la storia, l’opera e i meriti.
Serra iniziò i suoi studi presso uno dei tanti Istituti religiosi a Cosenza, probabilmente proprio in quel famoso Studium dei domenicani, presso il quale si formarono generazioni di cosentini; completò gli studi a Napoli con una laurea in teologia e legge, ma si dedicò all’approfondimento di una particolare branca del sapere, all’epoca non ancora esplorata e piuttosto sconosciuta: l’economia.
Nella sua unica opera conosciuta (Breve trattato delle cause che possono fare abbondare li regni d’oro e d’argento dove non sono miniere, Napoli 1613) analizzò quelle che riteneva fossero le vere cause della spaventosa miseria di Napoli e di tutto il vicereame spagnolo. In estrema sintesi, individuò e indicò i fattori che avrebbero reso possibile, invece, una migliore condizione, in tre semplici e basilari concetti, oggi universalmente conosciuti: sagge leggi, buon governo e libertà di commerci e di scambi. Principi, questi del mercantilismo e liberismo, che si affermeranno solo secoli dopo.
Il saggio – meritoriamente riprodotto in copia anastatica a cura di Leonardo Granata nel 1998 per i tipi di Pubblisfera (San Giovanni in Fiore) – rivelò, inoltre, inaspettate conoscenze di filosofia e di scienza delle finanze, che gli permisero di enunciare con tre secoli di anticipo quella legge economica, in base alla quale anche la moneta aurea si apprezza o si deprezza in ragione inversa alla quantità circolante. Cioè più moneta si conia, meno vale.
Dopo oltre un secolo dalla pubblicazione, uno dei più importanti economisti del tempo, l’abate Ferdinando Galiani (1728 – 1787) scoprì in un certo senso l’opera del Serra e la definì «unica al mondo», inserendola nella seconda edizione di una sua opera intitolata Della Moneta (1780); altri riconoscimenti vennero da molti economisti e pensatori, fra i quali anche Benedetto Croce. «Chiunque leggerà questo trattato – così Galiani – resterà sicuramente sorpreso ed ammirato in vedere quanto in un secolo di totale ignoranza della scienza economica avesse il suo autore chiaro e giusto le idee della materia di cui scrisse, e quanto sanamente giudicasse delle cause de’ nostri mali e de’ soli rimedj efficaci».

Un ritratto e un premio

Al momento esistono in Italia tre copie originali del trattato: una presso la biblioteca Ambrosiana di Milano e due presso la Nazionale di Napoli. Anche a Parigi ne esiste una copia. «In un secolo “buio”, anche per la scienza economica, come il 600, per il Regno di Napoli, che si trovava sotto il giogo della dominazione spagnola, il trattato di Antonio Serra appare pervaso d’una lungimirante modernità. In breve, l’autore, adopera tecnicismi e studi addirittura e soprattutto sul cambio che ancora oggi appaiono di difficile comprensione»: così ricostruisce la Camera di Commercio di Cosenza, che da un lato conserva – nella stanza presidenziale – il dipinto (opera di Rocco Lotufo, 1867, nella foto) che ritrae Serra probabilmente nelle carceri della Vicarìa di Napoli «dove fu condotto per un’accusa di smercio di monete false, certamente un pretesto legato alle sue idee», dall’altro ne tiene viva la memoria da un paio di anni, con un premio dedicato alle Eccellenze calabresi.
«L’opera – si legge nella presentazione del premio – si divide in 3 parti: nella prima ricerca e determina le ragioni della ricchezza, nella seconda dimostra l’ininfluenza del cambio sulla stessa e nella terza parte esamina i rimedi che si possono porre in essere, nella sua epoca, per arginare la penuria di denaro. Le ragioni generali della ricchezza, afferma il Serra, possono essere naturali (ad esempio le miniere ) e accidentali, cioè quelle di cui l’uomo può avvalersi.  Certamente è ragionevole pensare che il Serra scrisse altre opere che purtroppo sono andate perdute (…). Antonio Serra può essere considerato il primo economista italiano, nel vero e proprio senso moderno del termine, dotato di una lungimiranza fuori dal comune e dalla sua epoca».

Una vita da ribelle

Nulla o quasi conosciamo della sua vita e della sua formazione. La sua vita, a causa dei pochi elementi certi in nostro possesso, dovrebbe essersi dipanata tra il 1570 e il 1630. Siamo a conoscenza di un rogito del notaio Bartolo Giordano del 23 dicembre 1591 che attesta la sua qualità di dottore in giurisprudenza e il possesso di un appezzamento di terreno, esteso 5 moggi, nel comune di Dipignano, da cui, presumibilmente la sua famiglia era originaria. Sappiamo infatti che si definiva di Cosenza, anche se alcune congetture lo portano nativo di un casale vicino a Cosenza; non è data sapere la sua data di nascita, probabilmente e quasi sicuramente nella seconda metà del 500 e la sua data di morte avvenuta nei primi decenni del 600, come detto in carcere a Napoli. Contemporaneo di Tommaso Campanella, alcune fonti al momento senza fondamento lo portano legato alla rivolta promossa dal frate contro gli spagnoli.
Una volta giunto a Napoli fu profondamente toccato e amareggiato per le condizioni di vita della popolazione, tenuta in una immorale povertà, quasi schiavitù, dalle classi dominanti, che, appropriandosi dell’intero reddito dei campi, da cui si ricavava il vivere di tutti, determinavano l’immiserimento della gente. Ciò, forse, fu stimolo o causa che lo avvicinò al conterraneo Campanella, notissimo frate e filosofo eccellentissimo: ma anche ribelle e visionario, che, in quei tempi, andava elaborando suggestive teorie religiose che lo portarono ad essere attenzionato dall’Inquisizione. Campanella arrivò a progettare una congiura per eliminare gli spagnoli dalla Calabria e, possibilmente, da tutto il vicereame: pensava a un utopistico stato fondato sulla giustizia a servizio della felicità dell’uomo. Scoperto e imprigionato nel 1600, il frate di Stilo fu condannato a morte, condanna trasformata in carcere a vita. In seguito, dopo ben 26 anni, fu liberato su pressioni del papa (morirà a Parigi nel 1639).
Dopo alcuni anni dall’arresto del Campanella, probabilmente il 1609, perdurando in Calabria un clima di tensioni e di torbidi, la Spagna chiuse l’Accademia, aumentò la repressione ed anche il Serra, membro dell’Accademia, fu imprigionato, torturato e condannato al carcere a vita perché sospettato di avere aderito al progetto della rivolta campanelliana.
«Qualunque sia il motivo della sua carcerazione – scrive Leonardo Granata nell’introduzione al suo volume “Antonio Serra: economista e meridionalista inconsapevole” –, falso monetario, partecipazione alla congiura del Campanella o indisposizione al potere viceregio, Serra ha dimostrato col suo Breve trattato di avere la coscienza a posto e di avere agito e di “agire” per la rinascita generale del Regno di Napoli, per la rinascita del Mezzogiorno odierno, se spostiamo il suo discorso ai giorni nostri, alla problematica sulla Questione meridionale, attuale».

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