COSENZA Si è chiuso con la conferma della sentenza emessa già in primo grado, il processo d’appello sul duplice omicidio Lenti-Gigliotti, con imputati Francesco Patitucci e Franco Pino. In primo grado Francesco Patitucci, considerato reggente del clan “Lanzino-Ruà-Patitucci”, era stato condannato all’ergastolo mentre per il pentito era stata decisa una pena ad otto anni di carcere. Nel corso del processo di secondo grado, l’accusa ha chiesto la conferma delle due condanne.
Il racconto dei delitti di Marcello Gigliotti e Francesco Lenti è stato stravolto, sicuramente rispetto a quanto riportato dalle cronache quel febbraio del 1986. L’ipotesi è che entrambi siano stati attirati a casa di Francesco Patitucci, per una classica giornata tra amici ma i due poi sarebbero caduti sotto i colpi mortali degli aguzzini. Uccisi a Rende, i due cadaveri sarebbero stati trasportati e occultati a Falconara Albanese. I due rapinatori avrebbero pagato l’eccessiva libertà nel compiere colpi in autonomia.
C’è un incontro, registrato a casa dell’ex reggente del clan degli “Italiani” Francesco Patitucci, datato 3 marzo del 2020, giudicato interessante dal punto investigativo. L’episodio è stato citato dal pm della Dda di Catanzaro, Vito Valerio, nel corso dell’udienza del processo con rito abbreviato scaturito dall’inchiesta “Reset“. Al summit partecipano anche Renato Piromallo e Salvatore Arillo, «la moglie di Gianfranco Bruni va da Francesco Patitucci, con l’intento di chiarire alcune incomprensioni, di chiedere rassicurazioni sugli stipendi». Non è solo la richiesta di sostegno economico al boss ergastolano ad attirare l’attenzione di chi indaga, ma il momento nel quale la circostanza si verifica, quando «è pendente il procedimento a carico di Gianfranco Ruà e Gianfranco Bruni del duplice omicidio Lenti-Gigliotti». L’interesse di Francesco Patitucci è riferito all’unica «cosa che gli sta a cuore ovvero l’esito di questo processo per duplice omicidio, perché di qui la differenza ad una condanna verosimilmente all’ergastolo, piuttosto che una condanna per 416 bis nel processo “Reset” che fondamentalmente gli sposterebbe poco in termini di trattamento sanzionatorio».
L’accusa illustra, in aula, la presunta strategia messa in piedi dallo stesso Patitucci deciso a «far rendere dichiarazioni auto ed etero accusatorie in corso di processo agli altri due ergastolani Bruni e Ruà con l’intento di svilire la partecipazione di Francesco Patitucci in questo omicidio e di consentirgli di evitare la condanna». Che tradotto gli consentirebbe «di continuare ad essere capo in libertà della Confederazione di ‘ndrangheta che gli viene contestata».
Con la chiusura dell’inchiesta “Reset”, viene contestato ai boss ergastolani Gianfranco Ruà e Gianfranco Bruni (definitiva la loro condanna all’ergastolo) il favoreggiamento nei confronti del presunto capo delle cosche “confederate” Francesco Patitucci.
Ruà e Bruni avrebbero reso, secondo l’accusa, in Assise, false dichiarazioni sul duplice omicidio di Marcello Gigliotti e Francesco Lenti. I due, «nel corso del processo», avrebbero resto «dichiarazioni escludenti la responsabilità» di Patitucci, aiutandolo a «eludere le investigazioni circa il suo coinvolgimento nella vicenda omicidiaria».
(f.benincasa@corrierecal.it)
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