«Se compriamo casa qui, mi devi mandare quello che fa i posti compa’». Il messaggio intercettato dagli inquirenti della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria è stato inviato da Vincenzo Pasquino. Il classe ’90 nato e cresciuto a Torino, è però un membro di spicco della ‘ndrangheta calabrese. Quando pronuncia questa frase Pasquino non sa quale destino lo attende, e spera ancora di poteri garantire una latitanza più lunga possibile in Brasile. È qui, infatti, che il 24 maggio del 2021 verrà arrestato insieme al più noto latitante Rocco “Tamunga” Morabito.
Il 34enne è stato estradato in Italia, detenuto in Brasile dal 2021, anno in cui fu arrestato in un residence di Joao Pessoa dalla polizia federale del Paese sudamericano e dai carabinieri del Ros. L’estradizione è stata eseguita dalla Polizia federale del Brasile, che ha consegnato Pasquino al Servizio di cooperazione internazionale di polizia. L’arrivo in Italia è stato possibile grazie alla collaborazione tra organi diplomatici e giudiziari italiani e brasiliani, con il coordinamento della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Pasquino era ricercato dalla Dda di Torino per una condanna definitiva a 17 anni di reclusione per traffico di droga.
Il profilo criminale di Pasquino emerge in diverse inchieste. Tra le più recenti c’è “Cerbero”, blitz messo a segno in Piemonte, nel corso del quale il classe ’90 è stato condannato in primo grado a 17 anni. Con l’inchiesta “Eureka” della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria, però, gli inquirenti ne ricostruiscono il forte legame con il Brasile. Già perché è qui che Pasquino si è costruito un nome e una carriere di altissimo profilo, un broker della ‘ndrangheta capace di trattare enormi quantità di cocaina da far recapitare direttamente in Europa. Esponente dell’associazione criminale legata alla famiglia Nirta “Versu” di San Luca, Vincenzo Pasquino in Brasile era a tutti gli effetti il rappresentante della ‘ndrina, fino alla cattura avvenuta a maggio 2021.
La maxinchiesta “Eureka” aveva acceso i riflettori ancora una volta su San Luca, considerato il “centro decisionale” ed operativo dell’organizzazione. È qui, secondo gli inquirenti, che vivono i capi e i promotori dell’associazione, da cui vengono diramate le direttive per lo sviluppo delle trattative e da cui partono gli ordini relativi alle imponenti importazioni, ma anche la location ideale in cui stoccare lo stupefacente in arrivo dal Sudamerica e da cui partono i milionari proventi illeciti che servono a finanziare, in parte, nuove importazioni e, in parte, attività economiche apparentemente lecite, spesso intestate a terzi prestanome di comodo, quale la gelateria “Bellitalia” di Saarlouis in Germania, con finalità di riciclaggio e reimpiego dei profitti delittuosi.
Ed è in questo scenario che la figura di Vincenzo Pasquino si sarebbe rivelata fondamentale. Il suo particolare attivismo e senso degli affari, infatti, avrebbe permesso ai Strangio di stipulare accordi diretti con i fornitori di cocaina sudamericani, così conseguendo nuovi canali di approvvigionamento della sostanza stupefacente. Nel solo periodo compreso tra dicembre 2019 e giugno 2021, le indagini hanno documentato ben 15 importazioni di cocaina riferibili all’associazione, con una movimentazione per oltre 1.200 kg di cocaina da Colombia, Brasile, Ecuador e Panama.
Alcune delle operazioni sono state portate a termine con il recupero dello stupefacente e la sua commercializzazione mentre altre, benché pianificate nel dettaglio e finanziate, non sono andate a buon fine a causa del sequestro del carico o per altre problematiche che ne hanno impedito la spedizione. Delle 15 importazioni, ben 14 sono transitate dal porto di Gioia Tauro e giunte qui in Calabria quale destinazione finale, con la sola eccezione di un carico di 75 kg di cocaina giunto al porto di Anversa.
In una particolare conversazione intercettata, gli inquirenti hanno ricostruito il dialogo avvenuto poco prima di Natale del 2020 tra Pasquino e Antonio Giampaolo, classe ’94 di Locri, anche lui coinvolto nell’inchiesta “Eureka” e rinviato a giudizio. I due avevano da poco riallacciato i rapporti dopo qualche mese di lontananza. L’intenzione è quella di aprire un nuovo canale di approvvigionamento di cocaina dal Sudamerica nel porto di Gioia Tauro. Pasquino ribadiva, ad esempio, la sua disponibilità per le future spedizioni specificando di essere in contatto con persone affidabili e manda all’amico l’immagine di un panetto di coca con su impresso un trifoglio e quella di un “cargo” adagiato su un carrello.
Pasquino, poi, invita più volte Antonio Giampaolo a recarsi da lui in Brasile per confrontarsi sulla questione e, in particolare modo, per continuare a fare affari insieme e aprire nuovi canali dal sud America per l’approvvigionamento della cocaina. «Così vedi con chi sono», scrive Pasquino all’amico, con riferimento alla latitanza “comune” con Rocco Morabito. «Io c’ho Equador e Brasile compa’» spiega ancora. Nello scambio di messaggi intercettato dagli inquirenti, Pasquino spiega all’amico l’intenzione di costruirsi un bunker, il “posto”, nell’abitazione che avrebbe comprato in Brasile, «me ne faccio uno bello a casa» trovando sponda nell’amico-socio: «Quello subito appena serve facciamo arrivare lo abbiamo di fiducia a quello».
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