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«Il Pd chiede la nostra testa come i peggiori fascisti. Ma noi non ce ne andremo facilmente»

I consiglieri dissidenti Graziadio, Tinto e Trecroci: contro-ricorso in caso di espulsione. «Ci negano le chiavi della federazione»

Pubblicato il: 27/03/2024 – 18:00
di Eugenio Furia
«Il Pd chiede la nostra testa come i peggiori fascisti. Ma noi non ce ne andremo facilmente»

COSENZA Secondo Francesco Graziadio «tra due anni noi ci saremo e chi vuole la nostra espulsione dal Partito democratico no» mentre Aldo Trecroci pensa l’opposto, anche se a mo’ di iperbole: «Finirà che avranno il pieno controllo ma del nulla, perché rimarranno solo loro…». Tra le due frasi che aprono e chiudono la conferenza stampa del gruppo Democrazia e Partecipazione – i cosiddetti dissidenti dem su cui pende la richiesta di espulsione su cui dovrà esprimersi il nazionale ma che già annunciano eventuale contro-ricorso – ci sono molti attacchi ai compagni di partito («Non ci hanno visto arrivare» sorride Gianfranco Tinto versione Schlein) ma anche la segnalazione di qualche anomalia nella gestione degli spazi e del dibattito interno. «Siccome crediamo ancora in un partito che abbia un rapporto con la base e il territorio – racconta Graziadio – abbiamo più volte richiesto la possibilità di tenere degli incontri tematici nella federazione ma ci è stata più volte negata con le motivazioni più disparate, mentre gli organismi del partito non si riuniscono da mesi, se si eccettua la commissione di controllo e garanzia: quella su di noi sta facendo il superlavoro. Per le nostre iniziative ci facciamo ospitare da altri, la Cgil o la Fondazione Mancini per esempio».

Una diversa idea di partito

Ma dal Pd – incalza – «non ci faremo cacciare facilmente, anche se mi rifiuto di pensare che la Garanzia deciderà per l’espulsione. Oggi però si realizza quello che immaginavamo nella nostra conferenza stampa di presentazione: si chiede la nostra testa come nel peggiore dei regimi fascisti, mentre la nostra idea di Pd è fatta di discussione e partecipazione. Al contrario – attacca Graziadio – cosa deve essere il nostro partito continuano a deciderlo pensionati che giocano a burraco davanti al caminetto, mentre avrebbero tanti cantieri del Cis dove andare a curiosare… Il Pd è governato da 25 anni da dittatori fascisti con cui abbiamo un modo diverso di interpretare la vita di partito». Sulla strategia di Democrazia e Partecipazione nessun dubbio sulla collocazione nel centrosinistra e sul sostegno all’amministrazione Caruso («persino in caso di espulsione rimarremo coerenti per fare argine a un centrodestra pericoloso che ha distrutto la città e le sue finanze», ancora Graziadio).  

«Il Pd perde iscritti e vogliono espellerci»

«Grazie per aver riacceso i riflettori su di noi e aver riportato in primo piano le nostre richieste» ironizza Trecroci rivolgendosi ai dem. «Certo non ce lo aspettavamo, dopo l’ok al nostro tesseramento e dopo che in una riunione in federazione Salvatore Perugini aveva espresso la richiesta di parlare di politica e dei tanti temi che interessano i cittadini». Poi Trecroci entra nel merito della richiesta di espulsione e argomenta così i suoi dubbi: «E’ il gruppo consiliare del Pd ad aver infranto le regole fondanti del partito, noi ci sentiamo tranquilli come chi sa di rispettare la Costituzione ma si oppone a una legge che ritiene incostituzionale. Si entri nel merito delle nostre rivendicazioni, che riteniamo legittime e vanno perciò accolte all’interno del Pd: non abbiamo altre strategie politiche nascoste, di quelle ce ne sono già tante nel Pd cosentino mentre mancano i contenuti. Non tanto gli iscritti ma i simpatizzanti del Pd sono sconcertati da questo atteggiamento kamikaze che getta discredito su tutto il partito».
Per Tinto «è un paradosso che si voglia l’espulsione di tre iscritti in un partito che registra un calo continuo nel tesseramento». Da Trecroci un assalto frontale al capogruppo dem a Palazzo dei Bruzi, Francesco Alimena: «E’ troppo obbediente, gli ricordo che Credere Obbedire Combattere è un’altra cosa. Noi invece siamo fieri della nostra indipendenza: non dobbiamo rendere conto a nessuno».

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