COSENZA L’ingerenza delle mafie nel territorio nazionale e sovranazionale è un fenomeno assai radicato a causa della capacità quasi camaleontica delle organizzazioni criminali di adattarsi al mutevole contesto sociale ed economico. Le mafie muovono i tentacoli che spesso varcano i portoni dei municipi, infettando i tessuti sani della gestione dell’Ente spesso destinatario di un accesso antimafia e dei successivi e probabili provvedimenti di scioglimento. Le statistiche rappresentano una cartina tornasole del fenomeno legato allo scioglimento dei consigli comunali. Dal 1991, sono stati effettuati complessivamente 463 accessi ispettivi, a cui sono seguiti 387 scioglimenti (380 comuni e 7 Asl), mentre negli ultimi 10 anni – dal Governo Renzi ad oggi – sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa 133 Comuni e in un solo caso la magistratura ha annullato il provvedimento. Sono 15 i Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose dal Governo Meloni, come annunciato recentemente dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: 4 centrodestra, 3 centrosinistra, 8 liste civiche. In particolare sono 5 in Calabria.
La legge sullo scioglimento dei comuni continua a far discutere. Pochi giorni fa, in una intervista al Corriere della Calabria l’ex sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, aveva sostenuto: «nel nostro Paese si oscilla come un pendolo. Quando la mafia viene considerata un momento, emergenziale, allora si fanno delle leggi giuste ma non sempre scritte bene. Quando poi c’è il calo di tensione, finisce che si vuole cancellare tutto: l’abuso d’ufficio, le intercettazioni, la legge sugli scioglimenti. Non si riesce mai a trovare un punto di equilibrio che metta insieme rigore ma anche garanzie». Tutta colpa della politica o dell’ingerenza della ‘ndrangheta? Non la pensa così Chiara Colosimo, presidente della Commissione parlamentare Antimafia, ospite del Forum Adnkronos al Palazzo dell’Informazione. «Vorrei inserire il controllo sull’amministrazione e i ruoli apicali obbligatoriamente sui Comuni sciolti per mafia e su richiesta se qualche Comune ha un dubbio o segnala anomalie», sostiene Colosimo. Il controllo – nell’ipotesi di intervento – dovrebbe riguardare, «dirigenti, amministratori delegati delle società, direttori generali», mentre con riferimento alle infiltrazioni, «non possiamo pensare che il problema sia sempre della politica», aggiunge Colosimo. Che si chiede, «perché la Commissione parlamentare Antimafia non controlla chi ha un ruolo pubblico nei Comuni e nelle partecipate quando ci sono scioglimenti per mafia?». La chiosa di Colosimo suona come un annuncio: «In quasi tutti gli scioglimenti c’è almeno un appartenente all’amministrazione pubblica che ha rapporti e lavora per la criminalità organizzata. Allora sarà il caso che, di pari passo, controlliamo la macchina burocratica e la politica». A suggerire un’altra soluzione – in una intervista al Corriere della Calabria – è il giurista e avvocato Renato Rolli. «Prevedere forme partecipative in una fase utile del procedimento. Il “momento” nel quale occorre avviare una partecipazione, analizzando e studiando attentamente la norma contenuta nell’art. 143 TUEL, potrebbe essere riconosciuto nella fase iniziale ovvero in quella di accesso della commissione d’indagine all’interno dell’ente. La partecipazione nella fase iniziale del procedimento consentirebbe di contestualizzare il materiale probatorio». (f.b.)
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