SAN LUCIDO «Tre euro e sinquanta. Gracias». Alle dieci del mattino nel bar sul corso la prima colazione è servita con accento latino. «Vengo da Buenos Aires» dice Linda, che ha 23 anni ed è in Calabria per ottenere la cittadinanza grazie alla legge che consente a chi ha un avo italiano di richiederla dopo aver trasferito la residenza qui (ne avevamo già parlato dettagliatamente un anno fa). Chissà se questi riccioli sono un’eredità della trisnonna italiana, originaria di «un molto piccolissimo paesino vicino a Terni».
Forse era sua quella fossetta che compare sulla guancia sinistra quando sorride. Di lei non possiede nient’altro che un certificato di nascita che risale al 14 novembre del 1884 e che oggi è un regalo prezioso perché le consentirà di scegliere il suo futuro migliore in qualche parte dell’Europa. C’è qualcosa di magico in questo intrecciarsi di vite, di pronipoti che camminano sulle orme dei loro avi, ne sentono risuonare i nomi, riannodano fili invisibili che uniscono passato e presente, comprendono il senso vero dei legami di sangue. Sono migliaia i giovani che partono dai paesi dell’America latina come Argentina, Brasile, Perù e Colombia, per il riconoscimento del possesso “iure sanguinis” dello stato di cittadino italiano concesso a chiunque sia discendente da un avo italiano emigrato in paesi dove vige lo ius soli.
Lasciano la loro terra perché l’inflazione schiaccia l’economia e le città diventano sempre più pericolose per via della corruzione e della criminalità. Il sud Italia è una meta ambitissima, facile capire perché: clima mite e costo della vita accessibile e San Lucido, grazioso borgo sulla costa Tirrenica di circa seimila abitanti, rappresenta un vero e proprio “caso” visto che, tenendo conto del turn over di arrivi e partenze, ci sono circa seicento nuovi residenti che sono in attesa di ricevere o hanno già ottenuto la cittadinanza italiana. Una comunità compatta e solidale che si è perfettamente integrata ed è stata accolta senza riserve, forse per quella goccia di sangue italiano che scorre nelle loro vene e li rende affini a noi, a prima vista. Hanno tra i 20 e i 30 anni, quasi sempre laureati. Un fenomeno tanto curioso, da aver intrigato anche gli osservatori stranieri. Un giornale olandese ha pubblicato un reportage dal titolo “L’emigrazione attraverso una goccia di sangue italiano” dedicato alla cittadina tirrenica, riprodotto sotto forma di podcast dalla radio pubblica. Hanno inviato qui un loro giornalista per raccontare questa storia di emigrazione che ha rappresentato una importante svolta per il paese. Intanto perché ormai si fa quasi fatica a trovare un appartamento da affittare a luglio e agosto, quelli che prima venivano offerti ai turisti solo nei mesi estivi ora sono occupati tutto l’anno da cittadini sudamericani, visto che la residenza è requisito indispensabile per essere in regola con i documenti.
Un bel vantaggio per i proprietari di questi immobili, molti dei quali rischiavano di rimanere per sempre vuoti e abbandonati. I nuovi abitanti del paese sono giovani e hanno certamente contribuito a svecchiare piazze e vicoli, con i loro volti allegri dietro il bancone o intorno ai tavoli dei ristoranti. A luglio, quando l’Argentina si è aggiudicata la Coppa America le urla di felicità hanno acceso in pena notte il centro storico colorato dalle bandiere biancocelesti. Ovunque si sente il loro accento inconfondibile. E nonostante le temperature altissime, li riconosci anche dal bicchiere di mate in mano e la borraccia termica sempre sotto braccio. «È una gioia sentirli cantare la sera o scambiare con loro due parole” dice la titolare di un negozio del corso. La convivenza è generalmente serena, certo c’è anche qualcuno che li guarda di sbieco. Troppi tatuaggi, troppa esuberanza, “sono chiassosi, quelli che vivono accanto a casa mia stanno svegli fino all’alba» si lamenta sottovoce una signora. Ma sono critiche isolate. Alcuni locali di San Lucido si sono adeguati alle esigenze dei nuovi residenti ed è una corsa ad offrire serate a tema con atmosfere latine, è stata addirittura aggiunta la parola “brazilian” al nome di un pub. C’è poi la questione dell’occupazione: «Per anni abbiamo avuto grossi problemi a reclutare giovani camerieri – dice il titolare di un locale, con l’arrivo di questi ragazzi la situazione è cambiata: si mettono in gioco volentieri perché vogliono imparare la lingua. C’è solo un problema – ride e dà una pacca sulla spalla a Diego, brasiliano, che lavora con lui da marzo – sono grandi chiacchieroni e gli piace stare in mezzo alla gente, infatti relegarli in cucina, anche quando è necessario, è un’impresa impossibile».
Diego ha 30 anni, tatuaggi in ogni parte del corpo e un modo di fare che conquista al primo sorriso. «Sono un fisioterapista, ho una laurea, voglio raggiungere i miei cugini in Olanda». San Lucido è solo uno strumento, un primo gradino per arrampicarsi verso altre mete più ambite. Ma per ogni gruppo che ottiene la residenza e va via, ce ne è uno in arrivo, pronto a rimpiazzarlo. Il lavoro da fare nell’ufficio anagrafe del Comune è tantissimo, i fascicoli sulle scrivanie aumentano e i dipendenti tentano di stare dietro a tutto, perché ogni settimana c’è la fila per avviare le pratiche, consegnare documenti, avere informazioni. Proliferano le agenzie che offrono aiuto ai giovani che spesso arrivano senza conoscere neanche una parola di italiano. Offrono pacchetti all inclusive: ricerca appartamento da affittare, corsi di italiano, assistenza, disbrigo pratiche, traduzioni: costo 2200 euro circa. «Qui abbiamo il sole, il mare, stiamo molto bene, anche quando me ne andrò San Lucido resterà nel mio cuore per sempre». Perché se ne andrà Diego, c’è poco da fare. La Calabria gli apre le porte dell’Europa e lui è lì che vuole andare.
Nella foto il centro storico di San Lucido in questi giorni (ph. Benedetta Caira)
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