PANETTIERI L’ultimo degli appuntamenti pensati ed organizzati dal Comune di Panettieri nell’ambito del percorso di valorizzazione e promozione dei propri elementi identitari, pane e briganti, non poteva che riguardare Eugenio Bennato, vera e propria icona della musica italiana capace, con una scelta profetica, di recuperare, interpretare e rilanciare i suoni, gli strumenti e la musica popolare del Sud Italia. Oggi, diciamolo pure, questo genere si è definitivamente (ri)affermato, trova ascoltatori attenti ed appassionati, riempie le piazze, sprona i cittadini meridionali e delle singole regioni a recuperare una identità per fortuna non perduta ma di certo trascurata, a volte nascosta, altre volte addirittura vilipesa e vittima di narrazioni stereotipate.
Proprio Bennato, partito da quel crogiuolo di arte, eccentricità e fantasia che è Napoli, l’antica capitale del Sud, ha ripercorso le tappe di una strada musicale ricca di energia che va dalla Puglia alla Sicilia, dalla Calabria fino alla Basilicata, riscoprendo e valorizzando nel frattempo uno straordinario patrimonio di strumenti e suoni. Quello di Eugenio Bennato a Panettieri è stato, dunque, non solo un concerto ma un vero e proprio incontro tra l’artista il cui ruolo è riconosciuto ed una comunità che guarda ai temi che caratterizzano la musica popolare come una delle possibili chiavi per interpretare il proprio presente ed immaginare un futuro possibile.
Nel piccolo centro della provincia di Cosenza da tempo, infatti, si ragiona e si investe, grazie a sostegni ricevuti nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per valorizzare la cultura agrosilvopastorale, l’antica sapienza del fare il pane, le gesta di un brigante sui generis.
Ai nostri microfoni Bennato racconta come tutto ebbe inizio. «E’ qualcosa di cui vado sicuramente fiero, da ragazzo conoscevo i vari generi musicali, dalla musica classica al rock, però fui attratto dalla bellezza della musica popolare del Sud, dalla bellezza di uno strumento come la chitarra battente. Ha accordi che raccontano tutto il Sud. E poi le voci, dalla Calabria alla Basilicata, dalla Puglia alla Campania ed alla Sicilia, da tutte le regioni meridionali mi attraevano per la loro capacità di raccontare e di essere in qualche modo alternativi alla musica di consumo. Quello scelta che feci da ragazzo ha sicuramente poi indirizzato una nuova generazione che è viva ed è presente al Sud ma anche al Nord». Bennato rende evidente e concreto questo concetto con un’immagine significativa «un po’ di mesi fa abbiamo fatto un concerto a San Francisco in California, alla fine tutto si è concluso con lo scatenamento delle tarantate fra il pubblico, ed erano ragazze americane. Possiamo dire dunque che questo nostro segnale identitario ha superato i confini e si proietta verso il futuro».
Altro tema quello del contributo che questo genere musicale può dare al Sud di oggi. «Dipende dagli autori – sottolinea Bennato – dipende da queste nuove generazioni che devono abbracciare questo linguaggio e parlare di argomenti che riguardano le disuguaglianze. Io lo faccio nel mio ambito e nel mio percorso per mettere in giusta luce la grandezza di una cultura del Sud che rimane sottoposta alla volontà di un potere che sicuramente è del nord ovest del mondo. Parliamo di problemi che riguardano il futuro dell’umanità e la capacità dei Sud del mondo di dire la loro, di mantenere la loro identità nonostante le forze che spingono ad andare verso una globalizzazione che potrebbe portare all’appiattimento. Ma c’è la speranza, o almeno il tentativo, di mantenere quelle identità diverse che fanno parte del mondo e esistono in tutti i continenti ed a tutte le latitudini. La sfida è non essere sopraffatti dalla cultura globalizzante».
A Panettieri, Bennato si sofferma sulla specificità e sulla storia di questo piccolo e fiero centro della valle del Savuto, con considerazioni che riguardano l’epica figura dell’inafferrabile brigante Giosafatte Talarico, fuorilegge per amore di giustizia. «Sicuramente – dice l’artista napoletano – personaggi come Giosafatte Talarico, che tra l’altro è nato proprio qui a Panettieri, sono il simbolo della volontà di essere liberi, di essere paritari rispetto ai potenti di allora come di oggi. Un personaggio che ha aiutato nella comprensione di un fenomeno come il brigantaggio che ha rivendicato l’identità del Sud e la propria autonomia.
Giosafatte Talarico, a 150 anni di distanza, mantiene il suo profilo di simbolo che aiuta a superare l’immagine caricaturale e becera del brigante rapinatore, viene fuori invece la costanza di chi rivendica dei diritti. «Nella mia carriera – aggiunge Bennato – ho avuto a che fare con i briganti a cominciare da uno sceneggiato televisivo di Rai Uno in cui mi chiesero, da ragazzo, di scrivere la colonna sonora dell’Eredità della Priora (insuperata saga del brigantaggio scritta da Carlo Alinello ndr). Quando io e Carlo D’Angiò scrivemmo la frase finale “Ommo se nasce, brigante se more”, ci guardammo soddisfatti perché era una perfetta sintesi per raccontare, in due soli versi, il senso dell’essere brigante». Sin qui le parole e le considerazioni di Eugenio Bennato, poi a Panettieri – in una fresca sera d’estate – gli strumenti prendono il sopravvento, i ritmi scandiscono lo stare assieme di centinaia e centinaia di persone, dal palco il grande maestro della musica popolare italiana prende per mano gli spettatori e li accompagna, senza alcun “divismo”, in un viaggio musicale suggestivo. Nell’aria si respira una diffusa sensazione, la chiamano libertà, ma forse è anche consapevolezza ed orgoglio.
(redazione@corrierecal.it)
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