COSENZA Da un collaboratore ad un altro, dopo l’escussione di Edyta Kopaczynska, il pm della Dda di Catanzaro Corrado Cubellotti prosegue nel processo “Reset” con l’esame di Roberto Violetta Calabrese. Dal 4 marzo del 2013 collabora con la giustizia, prima era affiliato ai clan cosentini. «Dopo la morte di Franco “Bella Bella” mi allontano da Cosenza e cercare di chiudere la controversia con il gruppo Lanzino e di chi voleva la mia morte. Rientro in città nel 2001 e mi tengo in disparte, nel 2003 mi incontro Luisiano Castiglia (assolto nel processo scaturito dall’inchiesta “Laqueo“, ndr) che mi invoglia a rimanere con lui».
Il pentito si sofferma sulla cassa comune dei gruppi criminali. «Le estorsioni sui cantieri di Cosenza, la droga, hanno pagato tutti e tutti soldi confluivano nella “bacinella”. L’usura era gestito direttamente da Patitucci, era l’unico e solo a poterlo fare. Un giorno sono serviti 70-80 mila euro per la costruzione di un palazzo e sono andato da Patitucci, che mi ha concesso il prestito». Sulla circostanza, Violetta Calabrese precisa di esserne a conoscenza diretta perché presente al momento della richiesta di denaro.
Poi il focus proprio su Francesco Patitucci, «faceva moltiplicare i soldi della bacinella in modo stratosferico» ed è «cresciuto dopo l’arresto di Gianfranco Bruni detto “Il Tupinaro”». Un profilo carismatico quello del boss, già reggente degli “Italiani”, che riceveva i danari da alcune attività commerciale sotto estorsione, come precisa il pentito. «Calmo, tranquillo, riflessivo», questi gli aggettivi utilizzati da Violetta Calabrese per descrivere il modus operandi del boss. E Rosanna Garofalo? «Era la compagna di Patitucci, ho lasciato alcuni assegni nelle sue mani quando dovevo restituire quel prestito…». Sempre sul gruppo “Lanzino”, il collaboratore cita Mario “Renato” Piromallo «vice di Patitucci» che si «occupava di tutto», mentre «Adolfo D’Ambrosio ricordo che cercava voti per le elezioni a Rende, mi pare fosse il 2009/2010. Diceva di aiutare alcune persone per far si di essere presenti al Comune». Giova ricordare che i fatti narrati dal pentito sono stati al centro del processo “Sistema Rende“, conclusosi in primo e secondo grado con l’assoluzione di tutti gli imputati. ndr).
Su altri soggetti gravitanti nell’orbita della galassia criminale bruzia, «Michele Di Puppo si occupava di fare arrivare la droga a Cosenza» mentre «Umberto Di Puppo camminava mano nella mano con Patitucci, controllava la bacinella a distanza». Ed ancora, «Sergio Raimondo lo vedevo intrattenere rapporto con l’ex reggente degli “Italiani”».
Un racconto con contorni poco chiari emerge nella testimonianza del collaboratore. Un «uomo molto vicino a me» precisa Violetta Calabrese avrebbe contratto un debito con due fratelli. Un prestito da 50-60 mila euro diventato monstre con gli interessi. Si parla di «1 milione e 200mila euro da restituire». Il presunto debitore avrebbe chiesto aiuto al pentito. «Ci siamo incontrati al ristorante “La Cavallina” con i fratelli. Lo avevano picchiato ed ho detto che dovevano tenere le mani al loro posto. Quel giorno stesso, gli stessi fratelli restituiscono 800mila euro tra assegni e cambiali e danno 40mila euro».
Il focus del pm si sposta sul settore gaming. Il pentito cita Francesco De Cicco, imputato nel processo abbreviato scaturito dall’inchiesta “Reset” e i suoi presunti rapporti con Daniele Chiaradia che «si occupava delle slot» quando l’attuale assessore comunale «aveva la Popily Street». Il pm chiede di approfondire sul funzionamento delle slot. «Alcune non erano collegate al sito della Sisal, venivano messe in mezzo ad altre slot collegate. Così tutto quello che incassavano era a nero e non c’era nulla da versare allo Stato». Sui rapporti di Chiaradia, Violetta Calabrese cita anche il nome del poliziotto Silvio Orlando.
Carlo Drago «dava le macchinette nei locali dove c’era affluenza e in mezzo alle slot alcune non erano collegate in rete, incassavano il 66%». E i fratelli Reda «gestivano le macchinette per Cosenza e provincia con le stesse modalità utilizzate da Carletto Drago».
Il gruppo criminale che faceva a capo a Michele Bruni e Francesco Patitucci – aggiunge il pentito – avrebbe poi chiesto ai Reda ed a Drago «una quota degli introiti ottenuti dalle slot che confluiva nella bacinella». Era un “contributo” volontario o imposto? «Era un taglieggiamento da estorsione». Per Patitucci non c’erano problemi, ma Michele Bruni pretendeva una quota e Patitucci non poteva dire di no». «Hanno pagato tutti dottore, per un quieto vivere», chiosa infine il collaboratore al pm Cubellotti.
L’avvocato Pasquale Naccarato chiede al collaboratore di chiarire sulle dichiarazioni rese dall’ispettore di Polizia Silvio Orlando. «Lo conoscevo, avevamo un normale rapporto e dopo l’ho rivisto con Chiaradia ed è lui che si propone come socio dello stesso Chiaradia». Orlando ha mai avuto rapporti con soggetti della criminalità organizzata? «Non ricordo». Il legale cita il verbale reso dal pentito dove sostiene che il poliziotto non avrebbe avuto rapporti con esponenti della ‘ndrangheta. Circostanza confermata da Violetta Calabrese.
L’avvocato Laura Gaetano si sofferma su Rosanna Garofalo. Ha riferito che Garofalo recuperasse il denaro per conto di Patitucci, dove ha appreso questa circostanza? «Non ricordo da chi e quando ho appreso la circostanza». Patitucci faceva affari da solo, a prescindere dall’organizzazione? «Non ne sono a conoscenza». (f.benincasa@corrierecal.it)
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