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Svimez: «In 10 anni 200mila laureati via dal Sud per il Centro-Nord»

Sicilia, Campania e Calabria le tre regioni con i tassi di “non lavoro” più elevati

Pubblicato il: 27/11/2024 – 13:23
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Svimez: «In 10 anni 200mila laureati via dal Sud per il Centro-Nord»

ROMA Al Sud, sono tre milioni i lavoratori sottoutilizzati o inutilizzati. Il labour slack Svimez, l’indice del “non lavoro”, nel Mezzogiorno è calato dal 39,3 al 33% tra il 2019 e il 2023. E’ quanto emerge dai dati del rapporto Svimez 2024 presentato a Roma. Allo stesso tempo, il “non lavoro” al Sud resta su valori più che doppi che nel resto del Paese. Le tre regioni meridionali con i tassi di “non lavoro” più elevati sono Sicilia (38%), Campania e Calabria (entrambe 36,8%). Dei tre milioni di lavoratori meridionali sottoutilizzati o inutilizzati, quasi un milione rientra tra i disoccupati secondo la definizione ufficiale, 1,6 milioni sono forze di lavoro potenziali e 400 mila sono occupati in part-time involontario. Nel Centro-Nord, l’area del non lavoro si attesta intorno a 2,8 milioni.


In Calabria solo 2 donne su 10 hanno avuto accesso agli screening mammografia

Nel biennio 2022-2023, 7 donne italiane su 10 di 50-69 anni hanno avuto accesso agli screening mammografici a cadenza biennale, 5 su 10 nell’ambito di un programma organizzato. Questa media nazionale nasconde profondi differenziali territoriali. La prima regione per copertura è il Friuli-Venezia Giulia: 9 donne su 10, quasi 7 nell’ambito di un programma organizzato. L’ultima è la Calabria: solo 2 donne su 10, appena 1 su 10 nell’ambito di un programma organizzato. E’ quanto emerge sempre dai dati del rapporto Svimez 2024 presentato a Roma. Nei Ssr meridionali i servizi di prevenzione e cura sono più carenti, maggiori i tempi di attesa per l’erogazione di molte prestazioni, minori i livelli di spesa. L’ultimo monitoraggio sui Lea per il 2022 evidenzia che, con l’eccezione di Puglia e Basilicata, le regioni del Mezzogiorno sono inadempienti: in almeno uno dei tre ambiti di assistenza (prevenzione, distrettuale e ospedaliera) non raggiungono il punteggio minimo di 60 su una scala tra 0 e 100. Al Sud più che nel resto del Paese, alla strutturale sotto-dotazione di risorse si associano maggiori difficoltà di adempiere ai Lea. I divari Nord/Sud nella prevenzione sono particolarmente evidenti. La mobilità sanitaria interregionale riflette le disparità tra diversi Ssr nella quantità e qualità di offerta assistenziale. La mobilità da Sud verso le regioni centro-settentrionali si è ormai cronicizzata. La presenza di centri di eccellenza per patologie specifiche e, più in generale, un’assistenza sanitaria ritenuta qualitativamente migliore dai cittadini, determina la forte capacità attrattiva delle strutture sanitarie del Centro e del Nord. Nel 2022 la mobilità passiva ha interessato 629mila pazienti, il 44% dei quali residente in una regione del Sud. Nello stesso anno, i Ssr meridionali hanno attirato 98mila pazienti, solo il 15% della mobilità attiva totale. Complessivamente, i malati oncologici residenti al Mezzogiorno che ricevono cure presso un Ssr di una regione del Centro-Nord sono 12.401, circa il 20% dei pazienti oncologici meridionali da un minimo del 15% della Campania a un massimo del 41% della Calabria. Al Sud non mancano le esperienze positive, come il modello innovativo della Rete Oncologica Campana, sulle quali bisognerebbe investire per rafforzare l’offerta di percorsi di cura territorialmente omogenei e ridurre le diseguaglianze di accesso alle cure.


In dieci anni 200mila laureati hanno lasciato Sud per Centro-Nord

Dal 2012 al 2022 – prosegue il rapporto Svimez – 138mila giovani laureati (25-34 anni) hanno lasciato l’Italia. Tra gli altri fattori, incidono sulla scelta le basse retribuzioni: dal 2013 le retribuzioni reali lorde per dipendente sono calate di 4 punti percentuali (-8 nel Mezzogiorno), contro una crescita di 6 punti in Germania. Negli ultimi 10 anni i giovani laureati che hanno lasciato il Mezzogiorno per il Centro-Nord sono quasi 200mila. Le migrazioni intellettuali da Sud a Nord sono alimentate anche dalla mobilità studentesca: due studenti meridionali su dieci (20mila all’anno) si iscrivono a una triennale al Centro-Nord, quasi quattro su dieci (18mila all’anno) a una magistrale in un ateneo settentrionale. Per alcune regioni meridionali il tasso di uscita degli studenti magistrali è nettamente superiore: in Basilicata l’83% lascia la regione, il 74% in Molise, più del 50% in Abruzzo, Calabria e Puglia. Tra il 2010 e il 2023, il sensibile aumento del numero di laureati meridionali si è realizzato esclusivamente grazie ai titoli conseguiti presso atenei del Centro-Nord (+40mila), mentre è addirittura diminuito il numero di laureati presso gli atenei meridionali.
Nel Mezzogiorno «la criticità più rilevante», evidenzia Svimez, resta «il potere d’acquisto dei redditi» al quale l’inflazione ha inferto un duro colpo. Tra il quarto trimestre 2019 e la prima metà del 2024 – rileva il rapporto – i salari reali si sono ridotti del -5,7 per cento al Sud e del -4,5 per cento nel Centro-Nord, rispetto al -1,4 per cento della media dell’eurozona. Un vero e proprio crollo al Sud causato da una più sostenuta dinamica dei prezzi e dai ritardi nei rinnovi contrattuali, in un mercato del lavoro che ha raggiunto livelli patologici di flessibilità. A metà 2024, l’occupazione in Italia ha superato i livelli del 2019 di circa 750mila unità (+3,2 per cento), un’espansione che è andata dunque ben al di là del semplice recupero degli effetti della crisi. Nello stesso periodo, il numero di occupati è cresciuto di 330mila unità (+5,4 per cento) nel Mezzogiorno.

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