LAMEZIA TERME Importanti contatti con esponenti delle famiglie di ‘ndrangheta, deputate al controllo sul porto dì Gioia Tauro, attraverso un membro noto come “il mostro” in grado di disporre di una propria e selezionata squadra di operai che – normalmente addetta alle attività di scarico nell’area portuale di Gioia Tauro – era in grado di effettuare agevolmente anche il prelievo della cocaina dai container in arrivo dal Sudamerica, riuscendo soprattutto ad eludere i controlli doganali. È una ricostruzione effettuata dalla pg delegata dalla Distrettuale antimafia di Milano nell’indagine che avrebbe svelato un grosso giro d’affari legato al narcotraffico internazionale di cocaina che, dal Sudamerica, passava dalla Calabria e dal porto di Gioia Tauro per poi inondare le piazze di Milano e del suo hinterland. E, tra i protagonisti, gli inquirenti individuano Antonio Gullì (cl. ’85) finito in carcere insieme all’altro soggetto di “peso” nel business legato alla ‘ndrangheta calabrese, Antonio Rosario Trimboli.
Attraverso l’analisi degli intelligence packages SkyEcc riconducile proprio a Gullì, la pg aveva avuto modo di apprezzare al meglio lo spessore criminale del trafficante di origine calabrese. La “squadra” individuata dagli inquirenti, sarebbe stata coordinata da Antonio Zambara, noto con lo pseudonimo di “limunara” su SkyEcc, già coinvolto in un’altra inchiesta della Dda di Reggio Calabria legata al narcotraffico nel Porto di Gioia Tauro. Sempre secondo quanto sarebbe emerso dalle indagini, l’uomo, considerato il suo impiego all’interno del porto calabrese, aveva la possibilità di tracciare, attraverso postazioni telematiche del porto, tutti i movimenti di navi e container diretti a Gioia Tauro, ed era anche in grado di sapere in anticipo quali dei container sarebbero stati oggetto di ispezione (in quanto marcati di colore rosso). «Compa’ meno del 12 non li prende nessuno i lavori… Hanno questo accordi le famiglie… È un accordo che hanno le famiglie», il compenso per l’uomo, sulla base degli accordi, sarebbe stato quindi pari al 12% della cocaina scaricata.
«Allora “limunara” è un capo squadra che lavora al porto e amico suo… quello che segue tutto con operai… lui quello che li fa lavorare… suo padre i suoi zii sono tutti in carcere… ed è cugino di quello che hanno arrestato che avevamo parlato anno scorso… tutti con ergastolo (…) noi con loro siamo in una botte di ferro… sono forti forti… fidati siamo con il gruppo più forte… il figlio di quello che comanda a Gioia Tauro…». A scrivere era proprio Gullì al referente albanese Saimir Bilacaj (cl. ’85) anche lui tra gli indagati, messaggi emersi dalla decriptazione delle chat SkyEcc. E, sempre sulla base dei messaggi decifrati, gli inquirenti hanno appreso che le “squadre dei portuali” addetti allo scarico della cocaina, sempre sotto il controllo delle ‘ndrine, «erano aggregati in una sorta di cooperativa, per la vendita presso propri canali della droga acquisita», annota il gip nell’ordinanza.
Nell’ordinanza viene riportata una vicenda già emersa nel corso dell’inchiesta della Dda di Reggio Calabria che aveva portato all’arresto di Bartolo Bruzzaniti e Raffale Imperiale. Ma non aveva interessato né Zambara né Gullì, né tantomeno i fornitori albanesi all’estero emersi, invece, attraverso questa inchiesta. Sempre dalle chat criptate era emerso che, perlomeno per il traffico di stupefacente di rilevanti dimensioni, era in atto una forte ascesa dei gruppi albanesi. Questi ultimi, infatti, disponevano di basi operative avanzate anche in Sudamerica, in grado quindi di stabilire “contatti diretti” con i principali produttori di cocaina. Proprio per queste regioni Gullì, come riporta il gip nell’ordinanza, a dicembre 2020 avrebbe gettato le basi per la realizzazione di un progetto che prevedeva l’importazione dall’Ecuador di un ingente quantitativo di cocaina, pari a poco più di 333 chilogrammi di cocaina. L’ingente carico di droga, acquistato quindi dalla formazione albanese attraverso la base operativa avanzata anche in Sudamerica e nella città portuale di Guayaquil, sarebbe stato stipato all’interno di borsoni, collocati in un container imbarcato sulla nave portacontainer “MSC Anzu” che, partita il 20 dicembre 2020, dopo l’attraversamento dello stretto di Panama, aveva raggiunto il porto di Gioia Tauro l’11 gennaio 2021. Il preziosissimo carico di cocaina, una volta sbarcato, attraverso Santo Flaviano, inviato sul posto proprio da Gullì, era stato stoccato in uno dei depositi nella disponibilità dell’organizzazione, attesa di essere frazionata in vista della successiva distribuzione in lotti da decine di chilogrammi.
«Se stasera e ttt ok dmn mattina te ne vieni da me» «Ok compa alle 7 arriva giusto?». La nave, attesa in porto nella serata del 10 gennaio 2021, sarebbe stata costantemente monitorata da Zambara e i suoi uomini per poter verificare, in tempo reale, una eventuale marcatura in rosso del container. Come da programma, la mattina dell’11 gennaio 2021 avevano preso il via le operazioni di prelievo della cocaina. Per consentire una più agevole individuazione dello stupefacente, Gullì aveva riferito ad Antonio Zambara che i panetti di cocaina erano contrassegnati con il simbolo della corona, inviando anche una foto. E così, il giorno dopo, Gullì invia sul posto Santo Flaviano, il suo uomo di fiducia, incaricato di prelevare i 12 borsoni con la cocaina. «Compa Puoi partire Lui 40 minuti e li» «Sto prendendo autostrada adesso» «Ok occhi aperti aspetto tuoi aggiornamenti quando hai finito» «Si compa tranquillo». (g.curcio@corrierecal.it)
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