RENDE «È come un nuovo caporalato»: gli istruttori dell’Intelligenza artificiale – per capirci: quelli che immettono i dati – sono i nuovi rider e vengono pagati due dollari l’ora. L’allarme viene rilanciato dalla Uil, che ieri all’Unical ha chiamato a raccolta i propri tesserati per metterli davanti a rischi e opportunità dell’IA, alla presenza di docenti dell’ateneo rendese, del segretario nazionale del sindacato, Pierpaolo Bombardieri, e di quella regionale Mariaelena Senese.
Se il leader generale non si è sottratto ai temi nazionali, incalzato dall’attualità della strage di Calenzano e dalle polemiche sulle frasi del ministro Salvini sugli scioperi, chi lo ha preceduto ha approfondito i temi su cui – ha specificato Senese in apertura – non a caso «la Uil ha istituito un team dedicato», rappresentato ieri da Francescomaria Gennaro: «Saremo pure visionari ma, a partire dalla sicurezza – ha detto Gennaro – i fatti di Calenzano ci danno purtroppo ragione: quando nel 2020 avviammo la campagna “Zero morti sul lavoro” ci dissero che non era il caso, in tempi di Covid».
Autorità in materia, Gianluigi Greco, docente Unical che qui parla nelle vesti di presidente della associazione italiana per l’intelligenza artificiale «ma anche – specifica – vicepresidente della società per l’etica dell’IA», non ha dubbi: al moderatore Attilio Sabato che si chiede se il nostro futuro sarà dettato dall’algoritmo, risponde che «bisogna cambiare il lessico: come accade nella sanità, l’intelligenza artificiale analizza i dati, fa previsioni, non prende decisioni: è l’uomo che indirizza i processi grazie alla sua consapevolezza, altrimenti gli effetti di questa tecnologia sarebbero gravissimi e l’algoritmo sarebbe un alibi. L’obiettivo non è tanto l’efficienza ed efficacia ma l’innovazione: l’IA non deve imitare l’uomo ma fare cose che gli uomini non sono in grado di fare, copiare l’uomo è facile» così come «per un uomo competere con Chat Gpt in fatto di velocità è impossibile», è per questo che secondo Greco «bisogna favorire la qualità sulla quantità, la riflessione e la lentezza sulla velocità, e la scuola deve fare la scuola puntando sulla cultura, non solo sulle materie Stem» (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica).
«Le diagnosi – ha aggiunto – sono scritte dai medici e non si possono automatizzare, al massimo si può puntare alla riduzione degli errori. Altra cosa è innovare come è accaduto l’anno scorso nella cura del tumore al pancreas, con un sistema di analisi delle immagini senza mezzo di contrasto», come dire che esiste eccome una IA buona; Greco cita anche il caso di un ex docente con malattia degenerativa che grazie alla tecnologia è riuscito a riprodurre la propria voce da utilizzare nella messaggistica. «Io – ha concluso – lavoro con queste tecnologi ma non le idolatro, anzi ho un rapporto sano perché ne riconosco i limiti, bisogna avere fiducia ma in ogni caso sta a noi non subire i processi ma scegliere in che modo orientarli».
Una voce tecnica e critica anche quella di Flavio Ponte, anch’egli docente Unical e giuslavorista: «Di “Fine del lavoro” – afferma – scriveva già Jeremy Rifkin nel 1995, dunque bisogna essere consapevoli che stiamo gestendo un lungo processo di trasformazione e che i fenomeni nuovi vanno regolati, sapendo che il giurista arriva sempre in ritardo… Se pensiamo alla sicurezza sul lavoro, ad esempio, il decreto 81 del 2008 risulta superato così come sarò l’AI act del luglio 2024, nato già vecchio». Secondo Ponte «l’approccio non deve essere tecnocratico» ma al contrario l’IA va utilizzata «in modo complementare, puntando su integrazione e interazione: non serve più l’operario di un secolo fa, anche nel XVII secolo i mestieri scomparivano – ribatte a chi elenca in cifre i posti di lavoro “minacciati” nei prossimi anni a favore delle macchine – e a inizio ‘900 a New York l’avvento delle auto colpì chi lavorava con i cavalli…». Semmai Ponte invita a credere nelle opportunità fornite dai 3,7 miliardi di investimenti in sanità legati all’IA (dati Istat), a nuove «conoscenze e competenze» da alimentare, guardandosi piuttosto dai rischi che, sul piano del lavoro, interessano già da ora la «disintermediazione» nelle relazioni sindacali: «I corpi intermedi sono importanti» conclude.
Per il segretario generale Uil «la rivoluzione tecnologica non va subita: la Uil è una forza laica e riformista che vuole gestire il cambiamento, avendo nel suo dna generazioni di socialisti con l’attitudine e l’abitudine ad elaborare. Se è vero che nel prossimo decennio in Europa 85 milioni di posti di lavoro saranno “trasformati” dall’Intelligenza artificiale, è altrettanto vero che se ne creeranno 97 milioni, con un saldo positivo di 12 milioni: in Italia saranno 5,5 milioni a fronte di un -3,8 milioni». Il nodo secondo Bombardieri è un alto: «La nostra controparte deve essere eticamente trasparente nell’utilizzo dell’IA, e stiamo già ipotizzando accordi in tal senso con Confapi e Confindustria».
Altro tema caldo il mutamento nelle dinamiche di produttività e profitto, che «andrà redistribuito e non dovrà andare tutto a favore dell’impresa e del capitale: va in questa direzione – conclude Bombardieri – la nostra proposta di ridurre l’orario di lavoro ma non il salario, e una quindicina di aziende ha già aderito. A chi ci accusa di seguire slogan degli anni ’70 – lavorare meno lavorare tutti – rispondiamo che l’obiettivo primario è il raggiungimento degli obiettivi». (euf)
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