COSENZA L’avvocatura calabrese è in astensione e denuncia il nomadismo giudiziario, mentre il dibattito nazionale è animato da roventi polemiche che riguardano la separazione delle carriere, le disfunzioni dell’App giustizia e il conseguente rallentamento dell’avvio del processo telematico. E poi c’è la discussione sulla libertà di stampa e le modifiche legislative in relazione al lavoro di cronisti di nera e giudiziaria. Questi i temi al centro della rubrica “10 Minuti” in onda su L’altro Corriere Tv con ospite il presidente della Camera Penale di Cosenza: l’avvocato Roberto Le Pera.
Il maltempo degli scorsi mesi ha reso inagibile l’aula bunker di Lamezia Terme, dove si stava celebrando il processo con rito ordinario scaturito dall’inchiesta denominata “Reset“: coordinata dalla Dda di Catanzaro. L’evento ha costretto al trasloco del processo nell’aula bunker di Castrovillari, ma i penalisti non ci stanno e chiedono di poter difendere i rispettivi assistiti nella «sede naturale»: il tribunale di Cosenza. «Il risultato è che si va in un’aula bunker fredda che non consentirebbe il naturale svolgimento di un processo, soprattutto a garanzia e a tutela degli imputati, degli avvocati, ma anche degli stessi giudici. Partiamo da un principio cardine, in ogni città devono funzionare due servizi basilari: ospedali e tribunali. Noi oggi possiamo dire che la città di Cosenza è priva di un palazzo di giustizia con aule protette. Tutto ciò nonostante nel Tribunale di Cosenza vi siano lavori in corso per 1 milione e 800 mila euro. Può una città capoluogo di provincia, tra le prime otto capoluogo di provincia d’Italia, non avere un tribunale in cui può celebrarsi un processo?». Per l’avvocato Le Pera «i maxiprocessi accomunano decine, centinaia di imputati e migliaia di imputazioni e di fatto i processi non vengono più celebrati nelle sedi naturali». Motivi che hanno spinto i penalisti all’astensione. «Il 28, 29 e 30 gennaio – per la prima volta – il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza ha proclamato l’astensione di tutti gli avvocati».
A poche dall’annuncio delle iniziative contro la riforma della Giustizia, esplode la polemica sulla decisione dei magistrati di protestare il giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario e di scioperare il prossimo 27 febbraio. L’Associazione Nazionale dei Magistrati in riferimento alla separazione delle carriere parla di «strappo alla Costituzione» mentre l’avvocato Gian Domenico Caiazza, già Presidente della Camera Penale Nazionale, palude all’iniziativa legislativa in nome del riequilibrio della giustizia. «L’Avvocatura dice cose logiche», sostiene Le Pera. «Mi stupisco che alcuni avvocati penalisti non se ne preoccupino. Non si comprende la ragione per cui la cultura della giurisdizione dovrebbe appartenere solo a pubblici ministeri e giudici e invece gli avvocati dovrebbero essere esclusi. In realtà dietro l’unità delle carriere c’è l’idea, ed è questo il problema, che pubblici, ministeri e giudici insieme abbiano la funzione di combattere questo e quel fenomeno criminale, snaturando l’obiettivo del processo che è la verifica della pretesa punitiva dello Stato nei confronti di un singolo individuo. Alle persone non interessa che il pm abbia la stessa forma mentis del giudice, ma interessa che il giudice non abbia quella di un pubblico ministero e questo è lo snodo».
Il Tribunale di Catanzaro, come molti altri in Italia, ha sospeso l’uso dell’app Giustizia fino al 31 marzo. Anche nel capoluogo della Calabria, dunque, si torna al cartaceo per quel che riguarda, al momento, gli atti interni, ovvero quelli depositati dai magistrati. Un deciso stop al processo telematico e alla digitalizzazione di alcuni passaggi del processo. «A noi risultano che vi sono state delle circolari ministeriali degli ultimi giorni del mese di dicembre, la macchina giudiziaria non è ingolfata ma è impreparata non per responsabilità degli uffici di cancelleria o dei magistrati, ma perché le indicazioni ministeriali sono state fornite all’ultimo momento e non sono state esaustive. Solo ora pare stiano cercando di mettere in sesto una macchina che però questi primi giorni di gennaio ha creato diverse disfunzioni», sottolinea Le Pera.
Ultimo tema affrontato insieme al presidente della Camera penale di Cosenza è quello relativo alla libertà di stampa, alla “legge bavaglio” ed ai “limiti” all’esercizio di cronaca. «Le leggi sono la conseguenza, a volte, anche della carenza di buonsenso». Il riferimento dell’avvocato è alle «notizie estrapolate dalle ordinanze che contenevano circostanze e fatti non propriamente riguardanti l’imputazione. Alcune persone sono state completamente distrutte». «Ora ci teniamo una legge – prosegue Le Pera – che potrebbe essere il bavaglio, però è il male minore. Perché non consentirà più di portare e mettere in piazza circostanze ancora da accertare, perché di fatto la presentazione di un’ordinanza – oggi – è diventata una sentenza di condanna». (f.benincasa@corrierecal.it)
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