VIBO VALENTIA «Ho conosciuto Giuseppe Antonio Accorinti quando avevo 8 o 10 anni perché frequentava assiduamente mio padre, usciva spesso con lui, a volte anche in compagnia di Raffaele Fiamingo e mangiava a casa nostra. Con mio padre erano come fratelli e posso dire che fa parte della criminalità organizzata ed era colui che comandava sul territorio di Zungri». È ancora il collaboratore di giustizia Antonino Accorinti (cl. ’80) a parlare ai pm della Distrettuale di Catanzaro, riempiendo decine di pagine di verbali, snocciolando dettagli delle dinamiche della ‘ndrangheta vibonese e dei “rapporti” con altri soggetti, anche politici.
Sempre riferendosi a Giuseppe Antonio Accorinti, spiega: «Ricordo che negli anni ’90 è stato per un periodo latitante e si rifugiava in una abitazione estiva di cui forzarono la serratura. In quel periodo venne assistito in tutto da mio padre e Francesco Giuseppe Bonavita. Poi venne catturato con Saverio Sergi, ex socio di mia madre del villaggio “Green Garden”. Lo ricordo bene in quanto poi ci fu una grossa perquisizione in località Piana di Vada, proprio vicino al villaggio che gestiva la mia famiglia». E ancora: «Poco prima dell’arresto in “Costa Pulita” so che la sua competenza territoriale si era estesa anche su Zambrone per il tramite di Carlo Russo e Giancarlo Loiacono, fino a Briatico, dove comandava in particolare sulle frazioni che da Zungri scendono sulla costa, ossia Mandaraconi, Potenzoli e San Costantino di Briatico».
«Fino a quando i rapporti tra Giuseppe Antonio Accorinti e mio padre sono sfati buoni, non aveva alcuna competenza su Briatico», ha raccontato ancora ai pm il pentito «in quanto tra loro c’era un accordo e li comandava mio padre. Successivamente, faccio riferimento agli anni 2005/2006, i rapporti iniziarono un po’ ad incrinarsi a seguito delle elezioni comunali». E il pentito racconta il perché: «Accadde che sia noi che Peppone Accorinti appoggiavamo Andrea Niglia, ma poco prima delle elezioni saltò l’accordo con quest’ultimo sulla lista unica, in quanto ci accorgemmo che voleva fregarci nella spartizione dei posti da assegnare come vicesindaco e assessori». Quindi, racconta ancora il pentito, «a quel punto facemmo un ‘altra lista con l’avvocato Franzoni mentre Peppone continuò ad appoggiare Niglia, cominciando a commettere anche una serie di intimidazioni nei confronti degli altri candidati», ha spiegato il pentito. «Ricordo nello specifico una minaccia fatta ad uno della frazione di Mandaraconi e un’altra fatta ai danni di Roberto Fiammingo, sempre per impedirgli di candidarsi». Il pentito racconta che «gli collocarono una testa di animale davanti alla sua agenzia immobiliare sul corso di Briatico».
Dopo questa serie di episodi, il pentito ha parlato di una “svolta” e di una sorta di riappacificazione. «Appena terminata questa campagna elettorale, poco prima delle elezioni, mio padre si incontrò con Peppone Accorinti chiarendosi con lui e trovandosi d’accordo sul fatto che, qualunque dei due candidati fosse stato eletto, per loro sarebbe stata comunque una vittoria». Poi le elezioni furono vinte da Andrea Niglia ma, poco dopo, scattò a settembre 2006 l’operazione “Odissea” «in cui sia mio padre che Giuseppe Antonio Accorinti furono arrestati». «Anche durante la detenzione, ora non ricordo con esattezza quando, ci furono degli attriti» racconta ancora il pentito ai pm «in quanto Peppone, all’interno del carcere, gestiva tutto, anche la distribuzione dei detenuti nelle celle e accadde che mio padre non gradì il fatto di essere stato collocato in cella con dei cosentini. E così poco dopo venne spostato e andò in cella con Pantaleone Mancuso “Luni Scarpuni” e il fratello Francesco».
A proposito dei rapporti con Andrea Niglia, il pentito Accorinti ha illustrato agli inquirenti un’altra serie di dettagli rilevanti. «So – ha detto – che Giuseppe Antonio Accorinti si era inserito all’interno degli appalti di Briatico attraverso Andrea Niglia, utilizzando quale tramite Gregorio Niglia detto Lollo, partecipe del gruppo Accorinti e molto legato a Peppone, cugino di Andrea Niglia». Poi dopo l’operazione “Odissea” e la scarcerazione di Peppe Accorinti, «mio padre che era uscito prima di lui, mandò a chiamarlo per il tramite di Pino Bonavita, affinché lo mettesse in guardia sul fatto che avesse la sorveglianza speciale e che da quel momento in poi avrebbero dovuto incontrarsi di nascosto». Però le cose non andarono come immaginato. «Ricordo che Peppone Accorinti non prese di buon grado questa cosa di evitare di recarsi all’interno del villaggio, per come gli aveva riferito Bonavita, che a mio avviso gli aveva riportato volutamente un messaggio diverso, armando una carretta nei nostri confronti».
A proposito dei rapporti con i Bonavita, il pentito ha spiegato: «I rapporti con loro iniziarono ad incrinarsi nel 2006, dopo che lo estromettemmo dalla società di navigazione e per via di questa imbasciata riferita da Pino Bonavita in modo errato, i rapporti con Peppone e la mia famiglia si ridussero praticamente a zero. Ciò nonostante, il rapporto fraterno, oltre che criminale, tra lui e mio padre non è mai davvero cambiato, motivo per il quale nessuno dei due ha mai parlato male dell’altro ed il rispetto e la stima di fondo non sono mai stati messi in discussione. Queste sono sempre state le parole utilizzate da mio padre anche con me nei riguardi di Peppone Accorinti». (g.curcio@corrierecal.it)
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