ROMA «Se vai con la telecamera ti accoltellano, qui ammazzano le persone e rapinano la gente». Residenti impauriti, forze dell’ordine aggredite, giornalisti minacciati. Il Quarticciolo di Roma è un microcosmo dannato, agitato da tossicodipendenti, spacciatori e criminali. Le vedette controllano il territorio, urlano al passaggio delle Volanti: i venditori di morte spariscono per poi ritornare pronti a mettere sul mercato l’ennesima dose, a soddisfare la domanda di tossici trasformati in zombie. La scena si ripete, ogni giorno, in una porzione di territorio romano diventato zona franca occupata dai clan. Un prete di strada sbotta, il suo racconto viene raccolto dal Corsera. «C’è un gigantesco problema di sicurezza, la droga non è un sintomo ma la causa, con un welfare criminale legato a camorristi e ‘ndranghetisti», spiega don Antonio Coluccia. Il prete, megafono in mano, ha girato per le vie del quartiere gridando «pentitevi». Un appello evidentemente caduto nel vuoto. «Non esiste il Vangelo senza rischio», ripete don Coluccia.
A preoccupare non sono i microcriminali o i piccoli pusher, qui è presente la ‘ndrangheta. Il 13 ottobre 2023 è scattata l’operazione denominata «Liberi tutti» che porta al coinvolgimento di sei persone, tra queste anche lo “zio” Antonio De Vito, considerato appartenente alla cosca Giampà di Lamezia Terme. Si era trasferito dalla Calabria a Roma facendo del Quarticciolo il proprio “quartier generale”. E aveva organizzato un traffico di coca capace di produrre grosse cifre. Quando è stato raggiunto dalla misura cautelare, De Vito si trovava già nel carcere di Parma.
Gli inquirenti lo considerano il vertice del gruppo che gestiva e riforniva la piazza di spaccio compresa fra via Manfredonia e piazza del Quarticciolo. L’indagine non si è concentrata sui canali di provenienza della cocaina ma l’ipotesi è che le sostanze stupefacenti provenissero dal Sud. Oggi, «sulle tre piazze di spaccio delia borgata gli equilibri si sono rotti, i nordafricani chiedono autonomia e in strada usano metodi più spicci». Non c’è spazio per la diplomazia, ma solo per il sangue. Il sindaco di Roma Gualtieri punta deciso alla «riqualificazione», il prefetto Lamberto Giannini suggerisce una possibile soluzione: «Le reazioni violente del periodo derivano dal timore di dover mollare anche questo territorio. Rimpatriamo chi si può, continuiamo la pressione, senza clamore né polemiche. Ci vuole tempo ma ce la faremo». (f.b.)
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