CROTONE “Le bonifiche potrebbero farsi, ma le ruspe sono ferme ora cercheremo di capire come fare per farle partire e questo immagino sia l’obiettivo di tutti”. Lo ha detto il presidente della commissione parlamentare ecomafie, Jacopo Morrone, incontrando i giornalisti, dopo il sopralluogo effettuato nell’area inquinata di Crotone.
La visita della commissione alla città pitagorica rappresenta l’ultimo atto delle attività messe in campo dalla stessa commissione per comprendere le ragioni che impediscono l’avvio delle ruspe, che dovevano essere accese già lo scorso 20 gennaio. Nelle scorse settimane la Commissione aveva audito a Roma il commissario della bonifica, Emilio Errigo. Un’audizione che, nella parte conclusiva, era stata secretata, perché evidentemente c’era da riferire su situazioni che non possono essere rese pubbliche per implicazioni che potrebbero riguardare condizionamenti di forze riconducibili alla criminalità organizzata. Circostanze che oggi, nell’incontro con la stampa, sono state quasi escluse. Così almeno si è capito per le cose dette durante la conferenza.
Secondo il presidente Morrone i problemi sono risolvibili e la soluzione deve essere cercata da Comune, Provincia e Regione che “devono mettersi intorno ad un tavolo”. C’è da prendere atto che “ci sono le risorse e l’occasione non può essere persa per rimediare ad un errore fatto qualche anno fa”. Morrone fa riferimento ad una serie di questioni “complesse”, che hanno frenato l’avvio delle attività più importanti. La prima cosa da fare, quindi, “è quella di individuare una soluzione coinvolgendo il territorio”. Il rischio maggiore sarebbe quello di “lasciare la situazione invariata”. “Bisogna pensare ad soluzione percorribile e fare presto”. All’incontro con i giornalisti era presente anche l’amministratore delegato di Eni Rewind, Paolo Grossi, che ha individuato nella Regione, nel Comune e nella Provincia di Crotone i responsabili del blocco delle attività.
“Per quello che mi riguarda – ha sottolineato Grossi – il problema sono la Regione, il Comune e la Provincia”. Sono stati, infatti, “le diffide dei tre enti locali ad impedire a Sovreco di concludere il contratto con Eni Rewind” per smaltire nella discarica di Crotone “la quota” di veleni più pericolosi presenti nell’impianto a mare. Sulla questione dovrà esprimersi, nei prossimi giorni, il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, considerato il ricorso presentato dai tre enti locali per chiedere l’annullamento del Decreto 1 agosto del ministero dell’Ambiente. Secondo Grossi i rifiuti dovrebbero essere smaltiti “in impianti di prossimità” presenti nei siti dove vengono prodotti, come stabilisce una norma operativa da circa 30 anni. “Tenendo conto che l’unica discarica italiana per la tipologia dei rifiuti presenti a Crotone è proprio nella città pitagorica e se non si può utilizzare Columbra, diventa difficile avviare i lavori”. Ma non c’è il Paur? A questa domanda, Grossi ha risposto che “il Paur non è il progetto di bonifica, che invece prevede di decontaminare le aree. Il progetto non dice niente di più”. Secondo Grossi “il Paur si sarebbe dovuto limitare alla previsione della costruzione dei depositi temporanei, invece, è stato inserito un vincolo politico con motivazioni non corrette, che non ha nessuna base tecnica”.
“Noi – ha detto Grossi – abbiamo sempre contestato il Paur”. E, poi, “non ci sono altre discariche in Italia e la normativa dal 1994 prevede di smaltire i rifiuti in prossimità, dove vengono prodotti”. Anche oggi, quindi, Eni Rewind ha contestato il vincolo Paur ed ha ribadito che, non essendoci altre discariche in Italia i rifiuti più pericolosi devono essere smaltiti a Columbra. C’è da dire che, per anni, Eni ha negato l’esistenza di discariche all’estero e così sono trascorsi quasi sei anni impegnandosi in attività (Pob fase 1) che non hanno comunque risolto il problema dell’inquinamento. Oggi l’Eni ammette che le discariche all’estero esistono, ma frappone mille ostacoli e fa intendere che, continuando in questo atteggiamento, i veleni resteranno dove sono. C’è da chiarire che Sovreco, quindi, è l’unica discarica esistente in Italia per cui dopo che saranno smaltiti i veleni di Crotone, il Paese non avrà più impianti per lo smaltimento di questa tipologia di rifiuto. Come è possibile questo? E se gli spazi esistenti a Columbra non dovessero bastare, come si procede? Si accoglierà la richiesta di ampliamento per più di due milioni di tonnellate, come da richiesta e progetto depositato dalla proprietà dell’impianto di Columbra? Questo progetto di ampliamento potrebbe riaprire le porte a nuovi arrivi di veleni dal resto d’Italia, perché in questo caso, proprio per il principio di prossimità, a cui fa riferimento l’Ad di Eni Rewind, non essendoci altre discariche operative nel Paese verrebbero trasportati a Crotone. Questo potrebbe essere il regalo finale ad una città che ha già pagato un prezzo salato. Senza chiarezza la soluzione potrebbe andare bene solo a chi pensa di risparmiare sulla pelle dei cittadini calabresi.
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