VIBO VALENTIA «L’omicidio venne commesso per prenderci Maierato, territorio dove comandavano i Cracolici. Venne deliberato sempre nel casolare di Domenico Bonavota ed eravamo io, lui, Nicola Bonavota, Francesco Fortuna, Francesco Scrugli e Andrea Mantella». «Preciso però che il Salvatore di cui parlo è Salvatore Priamo». A parlare ai pm della Dda di Catanzaro è il collaboratore di giustizia, Onofrio Barbieri, vibonese classe ’80, considerato uno degli associati della cosca Bonavota di Sant’Onofrio. Il pentito si è soffermato, in particolare, sull’omicidio di Raffale Cracolici, avvenuto il 9 febbraio del 2022, raccontando dettagli finora rimasti inediti che trovano conferma da un altro collaboratore, suo ex compagno di clan, Francesco Fortuna, ma mai emerso fino ad oggi in quanto coperto da “omissis”. Anche in questo caso il pentito chiama in causa il boss Domenico Bonavota.
A proposito della sua “carriera” criminale, Onofrio Barbieri ha raccontato dei suoi esordi e delle prime estorsioni commesse. «Ho iniziato a commettere reati dall’età di 16/17 anni. Ricordo in particolare che feci una rapina ad un magazzino all’ingrosso insieme a Francesco Defina che ci fruttò all’incirca 20 milioni, per la quale fummo arrestati in flagranza di reato. Successivamente, nel 2002, ricordo che mi arrestarono per armi, per la detenzione di una pistola 357 che avevo comprato da un soggetto forestiero che conoscevo di vista e che mi portò l’arma a Sant’Onofrio». Poi la “svolta” criminale nella cosca Bonavota. «A partire dal 2004 ci siamo uniti sotto i Bonavota, nel senso che ci mettemmo in testa che dovevamo comandare noi a Sant’Onofrio». «Frequentavo la scuola con Domenico Bonavota, sin da quando ero piccolissimo, mentre i fratelli li conoscevo meno. Questo fino al 2004, quando cambiò tutto, nel senso che ci mettemmo in testa che dovevamo comandare noi ed iniziammo a fare tutto quello che abbiamo fatto». E precisa di non aver ricevuto alcun “battesimo”. «Non sono stato rimpiazzato, non ho ricevuto battesimi perché non andavo dietro a queste cose, non mi piacevano, non ci trovavo nessun senso. Agli altri invece queste cose piacevano, mi riferisco ai Bonavota e Francesco Fortuna, ma a me no. Loro andavano tutti appresso a ‘ste chiacchiere, nel senso che so che facevano questi riti. Entrambi mi raccontarono che andarono da Rocco Anello per essere rimpiazzati e ricevere delle cariche».
«Mi è stato proposto da Domenico Bonavota di essere battezzato ma mi sono rifiutato. Lui insisteva dicendomi che uno deve essere battezzato per essere ‘ndranghetista, ma io mi sono sempre sottratto. Mi dichiaro interno alla ‘ndrangheta, ma ho sempre rifiutato di sottopormi a questi riti». A proposito degli esordi con i Bonavota, il collaboratore di giustizia spiega ancora agli inquirenti: «All’incirca nel 2004, io, Domenico e Nicola Bonavota, Francesco Fortuna e spesso anche Giuseppe Serratore, che custodiva e rispondeva delle armi di tutto il gruppo, abbiamo iniziato a riunirci praticamente tutti i giorni all’interno della campagna di Nicola Bonavota. Nel corso di queste riunioni, decidevamo chi dovevamo toccare con le estorsioni e chi dovevamo invece ammazzare, e poi organizzavamo i traffici di droga ed altro». L’usura, però, «la faceva Nicola Bonavota, in quanto era il soggetto con maggiore disponibilità economiche».
«Ho collocato bombe, come quella del 2004 all’Eurospin di Maierato. Ho messo anche delle bottiglie incendiarie, ricordo ad esempio che l’ho messa a Sardinelli, alla banca Cooperativa di Maierato, alla ditta “SPI”. Sono tutte azioni che ho compiuto nel 2004. Più recentemente, poco prima che mi arrestassero, sono andato dal proprietario dell’attività “La Fornacetta” di Pizzo per dirgli che doveva pagare perché nel suo territorio comandavamo noi, ma questo si è rifiutato. Sempre nel 2004, dopo l’omicidio di Raffaele Cracolici, ho collocato una bomba presso un bar sulla nazionale di Pizzo, nei pressi di una colonnina. Non ricordo il nome del proprietario, sono stato mandato lì da Domenico Bonavota». (g.curcio@corrierecal.it)
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