VIBO VALENTIA Un “errore” da cui poteva scaturire una guerra di ‘ndrangheta, evitata grazie alle scuse dei mandanti e, soprattutto, per le ferite non mortali della vittima. A raccontarlo è Francesco Fortuna, il killer del clan Bonavota di Sant’Onofrio, che da ormai diversi mesi ha deciso di collaborare con la giustizia. Nei copiosi verbali rilasciati alla Procura di Catanzaro e confluiti nel processo Rinascita Scott, il pentito racconta eventi e dinamiche ‘ndranghetiste del Vibonese, dagli affari e gli interessi in appalti alla spartizione del territorio. Fortuna racconta anche episodi di sangue avvenuti molti anni fa, ma che con esiti diversi avrebbero potuto scardinare gli equilibri criminali del territorio vibonese.
Ne è un esempio l’agguato in cui rimase ferito, ad inizio anni ’90, Pasquale Bonavota, ritenuto al vertice dell’omonima ‘ndrina di Sant’Onofrio. «Subito dopo la guerra con i Petrolo-Matina Bartalotta – racconta il pentito – e subito dopo la scarcerazione dal processo per la prima guerra, Bruno Cugliari e Pasquale Bonavota si accompagnavano con Francesco e Nino Barbieri di Pannaconi, con Salvatore Vita di Porto Salvo e Rosario Guastalegname di Triparni con i quali commettevano furti e rapine». I Barbieri di Pannaconi, come emerso da inchieste successive, sarebbero legati alla ‘ndrina di Zungri degli Accorinti. In questo contesto sarebbe avvenuto l’agguato ai danni di Pasquale Bonavota, anche se – specifica Fortuna – non sarebbe stato lui il vero obiettivo dei sicari. «In una festa mentre stava salutando Antonino Barbieri venne attinto da colpi d’arma da fuoco in un agguato che si stava compiendo ai danni di Antonino Barbieri».
A sparare, secondo le dichiarazioni del pentito, sarebbero stati i Soriano di Filandari. «Poi si scusarono per l’accaduto dicendo che non era loro intenzione colpire Pasquale Bonavota e la cosa venne chiarita perché Pasquale Bonavota non morì, anche se in qualche modo lasciò una minima freddezza fra le due famiglie». Dopo l’agguato, avvenuto negli anni ’90, Bonavota «ha subito diversi interventi chirurgici». Pur non riuscendo a individuare i sicari responsabili dell’agguato, per il pentito l’episodio «si collocava nell’ambito della faida tra gli Accorinti ed i Soriano». Una guerra a cui sarebbe riconducibile anche l’omicidio di Roberto Soriano, mentre «vi erano rapporti criminali tra i Bonavota ed i Soriano, ma semplici rapporti di conoscenza». (ma.ru.)
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