Per tanti ancora non c’è neanche la consolazione di una giustizia che sia riuscita a chiarire dinamiche e fatti, condannando chi si è macchiato di omicidi che hanno portato via uomini, donne e bambini innocenti. Vittime delle mafie che hanno pagato con la vita il fatto di essersi opposti a un giogo criminale che con gli anni è mutato nella forma, ma che continua ad affondare le proprie radici. Ce lo ha spiegato più volte don Luigi Ciotti, il fondatore e presidente di Libera, l’associazione nata per dare supporto alle tante famiglie dilaniate dal dolore di aver perso uno o più familiari per mano della criminalità organizzata: «Le mafie sono tornate forti, fanno meno rumore, fanno meno chiasso, nelle imprese mafiose e non mafiose trovi non più le infiltrazioni ma delle connivenze. Sono dei sistemi che sono cambiati. Tant’è vero che il procuratore nazionale antimafia parla di mafie che sono diffuse, disincantate, pragmatiche», aveva detto don Ciotti ai nostri microfoni, che parlando della forza della criminalità organizzata calabrese ha spiegato: «La ‘ndrangheta è una realtà forte, perché presente in cinque continenti, in 42 nazioni del mondo».
Oggi è Trapani a ospitare la XXX Giornata della memoria e dell’impegno che quest’anno prende il titolo “Il vento della Memoria semina Giustizia“.
L’evento, che si celebra dal 1996 il 21 marzo, primo giorno di primavera, tra incontri e testimonianze, termina ogni anno con la lettura dei nomi delle vittime innocenti che Libera raccoglie e pronuncia davanti alle piazze gremite, per far sì che quei nomi e le loro storie non vengano mai dimenticate. Una lista che si allunga ogni anno. Il 21 marzo 1996 furono circa 300 i nomi letti in piazza del Campidoglio, a Roma, durante la prima edizione. A trent’anni di distanza quell’elenco conta 1101 nomi. “Centinaia e centinaia di storie, di cui siamo venuti a conoscenza grazie ai familiari delle vittime e a tanti cittadini e cittadine che, scavando nella storia dei propri territori, hanno contribuito a trasformarle in memoria collettiva”, spiega Libera. Il primo in elenco è quello Giuseppe Montalbano, medico e politico ucciso la sera del 3 marzo 1861 per aver difeso la terra dei contadini contro le usurpazioni del ceto agrario e baronale in Sicilia. L’anno dopo, nel 1862 a Ortì, in provincia di Reggio Calabria, furono uccisi don Antonio Polimeni e don Giorgio Fallara, simbolo dei primissimi segnali di ribellione nei confronti di un sistema criminale che affonda le proprie radici da tempi lontanissimi e che solo molto dopo avrebbe preso contorni più definiti e sarebbe stato etichettato con il termine “’ndrangheta”.
I nomi inseriti quest’anno in elenco sono 20, di cui 11 donne e 5 minori. “Molte sono storie del passato, avvenute soprattutto tra gli anni ’80 e ’90 e riemerse dopo anni di oblio. Altre, invece, sono storie apprese dalla cronaca degli ultimi anni, a dimostrazione di come in alcuni territori le mafie continuino a sparare”. Tra questi venti nuovi nomi emersi c’è quello di Francesco Floramo, agricoltore, padre di cinque figli, che aveva denunciato di aver subito minacce e richieste estorsive da parte dei fratelli Donato di Varapodio, in provincia di Reggio Calabria, facendo arrestare e condannare i suoi estortori. Otto anni dopo, il 20 giugno 1990, fu ucciso a colpi di lupara mentre stava tornando a casa, alla guida del suo trattore.
Come ogni anno sono tantissimi i familiari calabresi che da tutta Italia raggiungono la città in cui si tiene l’evento per raccontare le storie dei propri cari e far sì che non vengano mai dimenticati. Nomi, storie e tanti volti, attraverso le fotografie stette tra le mani e appuntate sul cuore. (m.ripolo@corrierecal.it)
Elenco delle vittime innocenti – 21 marzo 2025
Nella foto di copertina la manifestazione di stamattina a Trapani
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