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Penalizzazione Cosenza calcio, il Coni: «Mancati controlli e responsabilità del club»

Sugli addebiti della società ad Anania: «A nessuno sfugge come l’avvocato sia stata nominata dagli organi sociali»

Pubblicato il: 21/03/2025 – 10:46
Penalizzazione Cosenza calcio, il Coni: «Mancati controlli e responsabilità del club»

COSENZA La Prima sezione del Collegio di Garanzia dello Sport del Coni ha pubblicato le motivazioni del rigetto del ricorso presentato dal Cosenza calcio (rappresentato e difeso dagli avvocati Mattia Grassani, Loredana Nada Elvira Giani, Alberto Fantini e Giuseppe De Gregorio) sulla penalizzazione di 4 punti inflitta al club silano, con ammenda di 10 mila euro totali.
Il Collegio di garanzia nella prima parte si focalizza sul modello di organizzazione 231 e del codice etico di comportamento. «Se il modello non prevede una chiara segregazione delle funzioni e dei poteri – riporta un passaggio del documento – c’è il rischio che un singolo individuo, come un legale rappresentante, possa agire senza adeguati controlli. Nel caso del Cosenza Calcio l’avvocato Anania (ex responsabile legale del Cosenza calcio, ndr) ha avuto ampi poteri senza un controllo sufficiente, il che ha portato a decisioni errate e a comportamenti dolosi». «Formazione e sensibilizzazione: un modello 231 efficace deve includere programmi di formazione per tutti i dipendenti e i collaboratori – si aggiunge nelle motivazioni del Collegio di garanzia – Se non vi è stata una formazione adeguata, i dipendenti potrebbero non essere consapevoli delle procedure da seguire o delle conseguenze delle loro azioni, aumentando il rischio di violazioni». «Monitoraggio e audit: la mancanza di un sistema di monitoraggio e audit interno – viene ancora scritto – può rendere difficile identificare tempestivamente eventuali irregolarità o comportamenti scorretti. Se il modello non prevede controlli regolari, le violazioni potrebbero rimanere non rilevate fino a quando non è troppo tardi. Documentazione e comunicazione: la presentazione di documentazione falsa o incompleta, come nel caso dell’estratto conto falsificato dall’avvocato Anania, evidenzia una vulnerabilità nella gestione della documentazione. Un modello efficace deve garantire che tutte le comunicazioni e la documentazione siano veritiere e complete». «Responsabilità e sanzioni: se il modello non prevede sanzioni chiare e misure disciplinari per le violazioni – riporta ancora il documento – potrebbe non essere efficace nel dissuadere comportamenti scorretti. La mancanza di un sistema disciplinare può portare a una cultura di impunità. Adeguamento alle normative: un modello deve essere costantemente aggiornato per riflettere le modifiche normative e le best practices. Se il modello non è stato aggiornato in modo adeguato, potrebbe non essere in grado di affrontare le nuove sfide e i rischi».
Nel documento del Coni si parla anche di la cultura aziendale che «gioca un ruolo cruciale nell’efficacia di un modello 231. Se la leadership non promuove attivamente i valori di integrità e trasparenza, il modello potrebbe non essere rispettato dai dipendenti. Nella vicenda oggetto di scrutinio, le vulnerabilità del modello 231 del Cosenza Calcio S.r.l. sono derivate da una combinazione di fattori, tra cui la concentrazione di poteri in un singolo individuo, la mancanza di controlli e audit, insufficiente formazione e sensibilizzazione, e una cultura aziendale non orientata alla compliance. Infatti, leggendo le varie ipotesi previste nel modello 231 adottato dalla ricorrente non v’è traccia alcuna delle ipotesi che hanno dato scaturigine alle responsabilità successivamente contestate. Questi i reati previsti nel modello 231 della ricorrente: “Di seguito si elencano i reati presupposto previsti dall’art. 25 ter del D.lgs. n. 231/2001: – False comunicazioni sociali (artt. 2621 c.c.) – Questa ipotesi delittuosa si realizza quando gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore. Tale fattispecie si realizza anche nell’ipotesi in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. L’Art. 2621 – bis c.c. prevede una sanzione ridotta se i fatti sono di lieve entità. Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni della società di revisione (art. 2624 c.c.) – Questa fattispecie si realizza quando i responsabili della revisione i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nelle relazioni o in altre comunicazioni, con la consapevolezza della falsità e l’intenzione di ingannare i destinatari delle comunicazioni, attestano il falso od occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ente o soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni sulla predetta situazione».

«A nessuno sfugge come l’avvocato Anania sia stata nominata dagli organi sociali del Cosenza Calcio»

«Non può sottacersi – riporta un altro passaggio del documento – che, leggendo il voluminoso ricorso (nei cui confronti deve conferirsi lo stigma della ridondanza in adesione all’orientamento espresso da Cass., 30 aprile 2020, n. 8425; Cass., 4 aprile 2018, n. 8245; Cass., 20 ottobre 2016, n. 21297; Cass., 22 novembre 2013, n. 26277; Cass., 8 novembre 2012, n. 19357; Cass., 16 marzo 2011, n. 6279) si rinvengono addebiti di responsabilità, di infedeltà e di comportamento inadeguato all’avvocato Anania a mo’ di scriminante della condotta della società. Ma a nessuno sfugge come l’avvocato Anania sia stata nominata dagli organi sociali del Cosenza Calcio, per la qual cosa la responsabilità oggettiva prevista nell’art. 2049 c.c. risulta in re ipsa configurabile, atteso che “in tema di responsabilità civile, ai sensi dell’art. 2049 cod. civ., la responsabilità dell’ente per il fatto illecito del proprio dipendente presuppone l’esistenza di un nesso di “occasionalità necessaria” tra l’illecito e il rapporto di lavoro, il quale si configura quando le mansioni affidate al dipendente hanno reso possibile o agevolato il comportamento dannoso” (Cass. Civ., Sez. 3, n. 20799 del 25 luglio 2024). Non può, pertanto, muoversi alcuna censura alla decisione gravata, la quale ha fatto buon governo delle regole e dei principi in materia mostrando grande sensibilità e competenza su un tema nuovo, affermando principi che qui abbiansi per ripetuti, ampliati e condivisi. Restano assorbiti gli altri motivi di ricorso – conclude il documento – anche per la loro riconducibilità al motivo trattato, che viene, pertanto, respinto». (f.v.)

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