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operazione “boreas”

I cariatesi sono «ben messi a Fellback e Hagen». E se Greco non ordina «non si muove nessuno»

I pentiti svelano i rapporti tra Farao e Greco. In un dialogo si parla pure della ‘ndrangheta di San Luca e della mafia di Corleone

Pubblicato il: 01/04/2025 – 17:14
di Fabio Benincasa
I cariatesi sono «ben messi a Fellback e Hagen». E se Greco non ordina «non si muove nessuno»

CARIATI Da Cirò e Cariati in Germania per tentare di estendere il raggio di azione delle cosche con base in Calabria. Sarebbe questo presupposto ad aver mosso gli indagati finiti al centro dell’inchiesta “Boreas” conclusa stamane con un doppio blitz in Calabria e nel land tedesco del Baden-Wurttemberg. Sono stati arrestati 29 soggetti, 20 quelli fermati in Calabria: 13 sono finiti in carcere e 7 ai domiciliari. L’indagine ha permesso di svelare la presunta struttura e le attività della ‘ndrina di Cariati, storicamente operativa nella cornice mafiosa della locale di ‘ndrangheta di Cirò. Preziose, per completare le indagini, le confessioni rese da alcuni collaboratori di giustizia.

«Conosco Giorgio Greco…»

Francesco Farao è un ex appartenente alla ‘ndrina di Cirò. Il 14 novembre 2018 parla dei rapporti tra il locale nel Crotonese e un soggetto considerato appartenente alla cosca Farao-Marincola di Cariati ma legato anche ai Greco. Il pentito delinea la struttura della cosca, specificando «la sua subordinazione rispetto al locale di Cirò e precisando: «conosco Giorgio Greco in quanto è da tempo il referente criminale su Cariati della cosca Farao». Il collaboratore svela un altro dettaglio sul rapporto tra le famiglie. Il clan Greco avrebbe favorito la latitanza di suo zio, un Farao: il “piacere” sarebbe poi stato ricambiato con «l’assunzione del figlio di Giorgio Greco in una salumeria». Anche il collaboratore di giustizia Gaetano Aloe ha fatto parte del locale di Cirò (è figlio del boss storico Nick Aloe). Il 16 luglio 2024 parla di un soggetto «per il tramite del quale erano gestiti i rapporti tra la locale di Cirò e la cosca di Cariati e ha indicato Giorgio Greco quale capo della cosca di Cariati soffermandosi anche sugli interessi in Germania». «(…) Posso dirvi che i cariatesi sono molto ben messi a Fellback e ad Hagen». Non solo. Il pentito cita Celeste Olindo e Alfonso Cosentino (entrambi indagati) in merito ad una confessione ricevuta dai due sullo smercio di cocaina portato avanti insieme a Giulio Graziano (indagato).

Quei rapporti tra la mafia di San Luca e Corleone

C’è un dialogo che chi partecipa alle attività di indagine capta e ritiene illuminante in relazione alla costruzione dell’ipotesi accusatoria mossa nei confronti degli indagati. Giorgio Greco, chiacchiera con Antonio Mangone (indagato) lo definisce «suo figlioccio» e si rivolge ad altre tre persone (non identificate). Il dialogo è dedicato ai «rapporti tra la ‘ndrangheta di San Luca e la mafia di Corleone», mentre si discute, Greco «impone la ricomposizione di una lite tra i tre soggetti e Mangone, fa riferimento al fatto che eventuali azioni violente potevano essere ordinate solo da lui». In buona sostanza, a Cariati nessuno avrebbe potuto muovere un dito senza il suo assenso. «Non si muove nessuno quando dico una cosa».

La rissa in un lido

L’episodio riportato nelle carte dell’inchiesta è emblematico rispetto a quanto dichiarato dallo stesso indagato ritenuto vertice del clan di Cariati. Il 2020 in un lido «riconducibile a Greco Giorgio», si scatena una rissa che vede coinvolti alcuni ragazzi ubriachi e lo stesso Greco: Celeste Olindo e Cosentino Alfonso, presenti nel locale, «hanno avuto difficoltà ad allontanare i ragazzi in quanto erano armati di pistole». Il giorno dopo, tuttavia, sarà organizzata «un’azione punitiva di pestaggio» nei confronti di coloro che avevano causato la rissa. Olindo e Cosentino commenteranno sorpresi: «Non lo sapevano chi era?». (f.benincasa@corrierecal.it)

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