CATANZARO La resa dei conti del Pd catanzarese ha consumato tutti i passaggi. A chiuderla la decisione di Fabio Celia di lasciare il partito e il ruolo di capogruppo per andare nel Misto. Stringatissimo come un telegramma il comunicato di addio di Celia: «Una decisione la mia maturata da molto tempo, perché credo di dare un contributo più fattivo per la crescita della mia città e per le necessità dei cittadini. Ringrazio tutta la comunità politica del Pd, il circolo di Catanzaro Lido, il segretario cittadino Antonio Calogero, quello provinciale Domenico Giampà, il segretario regionale Nicola Irto, la presidente dell’Assemblea regionale Giusy Iemma, la dirigente nazionale Jasmine Cristallo, tutti gli amici e i compagni, a cui auguro ogni bene e di continuare il percorso proficuo da sempre portato avanti». Quindi, tanti ringraziamenti – tutti quelli possibili, in effetti – e nessuna acredine, nelle parole di Celia, che però nasconde la realtà di una “guerra per bande” che si è giocata (e ancora si gioca) nel Pd catanzarese e della quale Celia è stato al tempo stesso protagonista e alla fine anche vittima. L’addio di Celia, imprenditore dalle svariate attività e da almeno venti anni orbitante nel mondo dem, è infatti l’epilogo di un duro scontro all’interno del Pd di Catanzaro tra l’area che allo stesso Celia faceva riferimento e quella che fa riferimento alla ex Sardina Jasmine Cristallo, un’area quest’ultima che si è presa il partito cittadino ma che spesso si lascia prendere la mano da pratiche ben poco democratiche: come alla fine è stata la “messa in stato d’accusa” di Celia anche per vicende extrapolitiche. A tutto questo Celia ha dunque messo il cartello stop senza però dire le parole giuste. Quelle restano nella disponibilità di analisti e retroscenisti che già proiettano ombre sinistre di questo terremoto in casa Pd anche sull’amministrazione comunale guidata dal sindaco Nicola Fiorita, già fragile di suo anche dopo l’ultimo rimpasto con la cacciata dell’azzurro Antonello Talerico. Ma altri analisti sostengono che alla fine, anche con Celia al Misto, e salvi sconvolgimenti (comunque sempre possibili), per la Giunta Fiorita in realtà la navigazione dovrebbe procedere ancora tranquilla, sul vento – flebile ma sempre vento è – del sostegno di quei 4-5 consiglieri “responsabili e/o opportunisti” che la fiancheggiano per svariati motivi, meno politici che altro.
Il dato di fondo è che comunque a Catanzaro, come del resto conferma anche il “caso Celia”, il centrosinistra non smette più di scavare il fondo, sotto il peso di una debolezza strutturale che afferra tutte le sue componenti, a partire dal Pd. Buon per lo schieramento che al momento nemmeno nel centrodestra stanno meglio, tutt’altro. Al di là di dichiarazioni di facciata l’amalgama tra le diverse componenti – quella della Lega guidata dal plenipotenziario Filippo Mancuso, Fratelli d’Italia capitanata dalla sottosegretaria Wanda Ferro e Forza Italia nella quale coabitano parecchio a fatica il consigliere regionale Antonello Talerico e il coordinatore provinciale Marco Polimeni – ancora non c’è. In più non c’è praticamente giorno che uno dei big storici del centrodestra catanzarese, Mimmo Tallini, ritornato al centro dell’agone, non manchi di picconare e bacchettare il centrodestra e soprattutto il suo ex partito, Forza Italia. E nel centrodestra tutta questa voglia di andare alle urne prima della scadenza naturale della legislatura “staccando” la spina a Fiorita manco c’è: certo, si scruta l’orizzonte e si ragiona già sui nomi di “papabili” candidati sindaco, anzitutto quello di Mancuso, che sembra in effetti avere la golden share sulla partita del futuro sindaco, ma bisognerà capire anzitutto come andranno le Amministrative di maggio-giugno e poi come si evolverà il quadro nel 2026, anno delle Regionali per intendersi. Intanto, Catanzaro soffre di quello che forse è il più grave dei problemi: una politica dal profilo abbastanza basso, una politica che praticamente non c’è più. A sinistra come a destra passando per il centro. (a. cant.)
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