Ancora due pareggi amari per Catanzaro e Cosenza. Fa ovviamente più male quello dei Lupi in casa contro il Brescia. Un 1-1 che vuol dire serie C. Peccato per le Aquile, raggiunte nel finale dalla Carrarese sul 2-2 dopo un buon secondo tempo.
Magari il Catanzaro sta solo riprendendo fiato dopo un inizio di 2025 straordinario. Sta riprendendo fiato per preparare un playoff da protagonista assoluto. Magari è solo per questo se dopo il derby dominato contro il Cosenza, in tre partite siano arrivati due soli punti e tante, troppe distrazioni quando il risultato sembrava ormai portato a casa o giù di lì. Era già accaduto a Modena, è ricapitato domenica scorsa al “Ceravolo” contro il Bari (il pari nel finale grida ancora vendetta), il film si è ripetuto in maniera preoccupante anche in Toscana. Una volta in vantaggio, le Aquile hanno perso quella lucidità che gli aveva permesso di rimontare con grande qualità e personalità l’1-0 iniziale della Carrarese. E non lo diciamo noi, lo ha affermato chiaramente Fabio Caserta, il quale ha aggiunto poi di non sapersi spiegare se il 2-2 finale sia un punto guadagno oppure due persi. Di certo, il Catanzaro appare da tempo stanco ed è anche giusto che lo sia. Gioca sempre bene, ma non riesce a mantenere la concentrazione alta per tutti i 90′ di gioco. Un calo fisiologico, causato anche – come ha ricordato ancora Caserta – dalle non poche assenze per infortunio degli ultimi tempi. Per evitare brutte e inattese sorprese in ottica playoff, nelle prossime due sfide contro Mantova e Palermo bisognerà ritrovare in fretta un po’ di quella solidità difensiva che fino ad appena un mese fa aveva fatto pensare che i giallorossi potessero conquistare facilmente il quarto posto in classifica.
Crema: in un pomeriggio in cui Pietro Iemmello non ha fatto gol (pur illuminando come solo lui e pochi altri sanno fare in cadetteria), la buona notizia riguarda le gioie personali di Compagnon e Pittarello. I loro gol di pregevole fattura descrivono un Catanzaro che ora lì davanti ha diverse frecce al proprio arco. E pensando ai playoff non è cosa da poco. Ma un po’ di crema non si non dedicarla anche ai tifosi, presenti in massa anche allo Stadio dei Marmi. A fine gara, mentre i calciatori giallorossi non hanno nascosto tutta la loro amarezza per il successo sfumato, loro cantavano e li incitavano.
Amarezza: ancora una volta le distrazioni dei singoli hanno fatto perdere due punti a una squadra che dopo un primo tempo sottotono, nella ripresa aveva giocato come sa, meritando il 2-1.
C’è un’immagine dello scorso sabato pomeriggio che forse racchiude più di ogni altra questa tragicomica annata di calcio cosentino. Cosenza-Brescia è da poco terminata consegnando alla città bruzia una retrocessione in serie C ormai certa e, come si vede dalla foto in basso, all’esterno dello stadio “San Vito-Marulla”, di fronte alla porta carraia da cui in genere entrano ed escono calciatori, addetti ai lavori e autorità, decine di poliziotti e carabinieri sono schierati in assetto di anti «guerriglia» (cit.), pronti a proteggere, più che la partenza dei 9 tifosi giunti da Brescia, l’ennesima spaventata fuga del patron Eugenio Guarascio e dell’amministratore unico Rita Rachele Scalise. È questa la fotografia più eloquente della stagione rossoblù, più degli spalti dello stadio semivuoti, più dello striscione della Curva Sud deserta in cui si chiede all’imprenditore lametino di andare via una volta per tutte, più dell’autorete da “Mai dire Gol” del giocatore simbolo Aldo Florenzi, più del Brescia che con gli interessi restituisce al Cosenza la retrocessione di due anni fa, quando Meroni al 94′ trasformò in miracolo sportivo un cross di Brescianini.
In sette anni di cadetteria il club silano è riuscito a retrocedere due volte e, per il resto, a salvarsi quasi sempre per il rotto della cuffia. Senza un briciolo di programmazione, di idee, di investimenti lungimiranti, senza alcun amore da donare con generosità alla piazza. Ecco perché quello schieramento da G8 di polizia e carabinieri racconta tutto. Un tutto che ormai non è più niente.
Crema: la crema questa settimana è tutta dei 2.388 presenti sui gradoni del “San Vito-Marulla” due giorni fa. Gli ultimi romantici a credere ancora nell’impossibile o a mettere sempre l’amore per la maglia davanti a qualsiasi affronto o presa in giro. Persino davanti a una retrocessione annunciata.
Amarezza: nonostante il venticinquesimo “siamo sul pezzo” stagionale pronunciato alla vigilia della sfida contro il Brescia da Massimiliano Alvini (mister, nulla contro di lei, comprendiamo benissimo le difficoltà comunicative del suo ruolo e il perenne disagio che è stato costretto a vivere quest’anno), il Cosenza, o una buona parte di esso, ha mollato da una settimana. Lo si era capito già prima che Florenzi, servito al bacio da Cimino, realizzasse un eurogol nella sua porta, portando il Brescia in vantaggio. Il pareggio di Frosinone al 97′, evidentemente deve avere dato la mazzata psicologica definitiva a una squadra inadeguata per la B e mai sostenuta (con rinforzi di qualità e un atteggiamento maturo della proprietà) nei momenti cruciali del torneo. E, guardando come si muove la concorrenza nei bassifondi, il rammarico aumenta. Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo, anche se non serve più a niente: bastava davvero poco per compiere una nuova immeritata impresa. (f.veltri@corrierecal.it)
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